La portata globale della guerra ucraina, iniziata lo scorso febbraio, è stata ampia e rivelatrice. Un conflitto apparentemente locale ha avuto implicazioni globali di vasta portata sull’economia “Just in Time”, sulle politiche e su concetti di sostenibilità che apparivano collaudati. In occasione dell’anniversario di questo conflitto, individuiamo alcune delle “lezioni” specifiche apprese (o, in alcuni casi, in corso di apprendimento).
Accelerare l’accesso a fonti energetiche alternative pulite ed economicamente accessibili
La Russia è il secondo produttore mondiale di gas naturale, possiede le maggiori riserve mondiali di gas ed è uno dei primi tre produttori mondiali di petrolio greggio. Il conflitto ha rapidamente messo alla prova la sicurezza, l’accesso e l’economicità dell’energia a livello mondiale, ma soprattutto europeo. Un inverno particolarmente mite ha finora protetto l’economia dagli impatti più gravi del conflitto. Ciononostante, la necessità di un sistema energetico resiliente è chiara: si stima che l’anno scorso le energie rinnovabili abbiano superato per la prima volta la soglia dei 300 GW.
Ripensare l’economia
Per sostenere le ambizioni nel campo dell’energia pulita, è necessario un ripensamento fondamentale delle modalità di approvvigionamento di metalli e minerali strategici. La Russia è un importante produttore di metalli di base e l’Economist Intelligence ha stimato che Paesi che rappresentano oltre il 77% del Pil mondiale abbiano importato quantità significative di almeno un metallo di base dalla Russia o dall’Ucraina. Più specificamente, l’energia pulita dipende dal nichel, di cui la Russia è il maggior produttore mondiale, ma l’incertezza geopolitica ha allargato la lente anche al contributo della Cina su minerali come il litio e le terre rare. L’unico modo per soddisfare in modo sostenibile la domanda di materie prime derivante dall’energia pulita in futuro è il riciclaggio efficiente dei prodotti elettronici (“e-waste”).
“Food for thought”
In molti sono rimasti sorpresi scoprendo le dimensioni dell’economia agricola russa e ucraina e il loro contributo alla catena di approvvigionamento alimentare globale, fattore che ha aggiunto un’altra dimensione alla crisi del costo della vita. Il conflitto ci ha dato un’idea di cosa potrebbe comportare un’interruzione prolungata della supply chain alimentare globale, che in futuro potrebbe essere causata da eventi climatici o di biodiversità. Senza una trasformazione sistematica dell’ecosistema globale, la disuguaglianza alimentare peggiorerà, mentre l’impatto del settore alimentare sul cambiamento climatico resterà significativo, con la possibilità che metta ancora di più sotto pressione servizi sanitari già in difficoltà.
L’ESG è morto, viva E, S e G?
La crisi energetica derivante dal conflitto ha trasformato rapidamente l’ESG in un tema politico “caldo”. Il prolungato sottoinvestimento nelle infrastrutture energetiche globali, ma soprattutto in Europa, è stato imputato all’ESG e a un’agenda climatica non all’altezza. Anche se gran parte di queste critiche non appaiono, sussistono interrogativi reali sul modo in cui i principi ESG sono stati applicati alle decisioni di investimento.
Senza trascurare l’eredità dei meccanismi tradizionali di valutazione qualitativa ESG, riconosciamo la necessità di un framework moderno e solido per la valutazione dei rischi non finanziari, in grado di orientare tutte le strategie di investimento. Prevediamo che lo screening del rischio passi da punteggi E, S e G non specifici e aggregati a elementi specifici di rischio idiosincratico all’interno delle dimensioni E, S e G (Environmental, Social, Governance) – ad esempio, valutazioni a livello di rischi materiali, controversie sociali, consumo idrico e composizione del Consiglio di Amministrazione, per citarne alcuni. AllianzGI ha sviluppato una propria architettura di dati sulla sostenibilità per includere l’intera gamma di strumenti di valutazione del rischio e delle opportunità ESG, al fine di soddisfare l’evoluzione delle richieste dei clienti e delle normative.
La transizione verso la transizione
Oltre a testare la resilienza dell’ESG, gli eventi dell’ultimo anno hanno sfidato i mercati a considerare la transizione verso il “green”, invece di concentrarsi esclusivamente sull’essere ecologici. La nuova regolamentazione verde è stata criticata, sostenendo che avesse perso il contatto con la realtà effettiva della decarbonizzazione e mitigazione del rischio, oltre ad essere poco chiara. È necessario un approccio più globale e inclusivo all’impatto sul mondo reale e alla futura resilienza economica, di cui il concetto di ‘transizione’ potrebbe essere la pietra angolare. La formalizzazione del contributo sia della transizione che di un solido engagement potrebbe favorire, insieme alla regolamentazione green, il raggiungimento degli investimenti necessari.
Persino un Paese politicamente diviso come gli Stati Uniti sui temi del cambiamento climatico sta abbracciando il concetto di transizione come fondamento della sua economia futura. Forse in parte come reazione agli eventi della lontana Ucraina, l’amministrazione Biden è riuscita ad approvare diversi provvedimenti legislativi per un totale di oltre 1.000 miliardi di dollari che, complessivamente, creeranno una ‘rete’ verde e forniranno sussidi per la tecnologia green – una trasformazione pluriennale che metterà sotto pressione altri piani di transizione esistenti nell’UE e in Cina.
Se abbiamo imparato qualcosa dagli eventi sconvolgenti iniziati il 24 febbraio 2022, è che la logica economica e politica del mondo ESG diventerà più raffinata in futuro, man mano che i Paesi e i blocchi economici faranno in modo che la propria sicurezza energetica sia più strettamente allineata alle ambizioni climatiche.