di Vincent Chaigneau Head of research di Generali Investments

I quattro fattori a cui guardare nel 2025: Trump, inflazione, produttività e debito

L’economia globale ha evitato la recessione per il secondo anno consecutivo. L’inflazione ha iniziato a rallentare e le principali banche centrali hanno avviato un nuovo ciclo di tagli dei tassi di interesse. Tuttavia, il rischio geopolitico è aumentato sullo sfondo di un calendario elettorale particolarmente intenso in tutto il mondo.

Il 2025 sarà tutto incentrato sull’implementazione della Trumponomics. L’eccezionalismo economico degli Stati Uniti è destinato a persistere, ma poiché i Repubblicani guardano alle elezioni di metà mandato, rischiare un altro shock inflazionistico non sarebbe saggio. I nostri temi chiave per il 2025 includono anche l’impatto dell’innovazione tecnologica e le crescenti preoccupazioni sulla sostenibilità del debito sovrano.

1. Trump 2.0

Una domanda chiave per il 2025 è se il Presidente Trump seguirà appieno i suoi programmi politici: A) deregolamentazione (banche, energia, ecc.); B) tagli fiscali; C) dazi; e D) immigrazione. Il 2024 è stato molto intenso sul fronte elettorale; l’inflazione e la disuguaglianza sono stati fattori chiave nella scarsa performance dei governi in carica (USA, Regno Unito, Francia e persino Giappone). Le politiche di Trump non affronteranno quest’ultimo punto (i tagli alle tasse aziendali sosterranno margini di reddito netto elevati). Ma potrebbe pensarci due volte riguardo all’inflazione. Le persone sono ancora arrabbiate per i livelli dei prezzi; quindi, Trump potrebbe non seguire completamente le politiche più inflazionistiche (dazi contro la Cina, deficit di bilancio e immigrazione). Se invece procederà spedito, l’elefante sarà nella stanza del Tesoro. Il nostro scenario base prevede modesti guadagni del dollaro USA dai livelli già elevati. Ma una politica molto aggressiva, soprattutto sui dazi, potrebbe esasperare la forza del dollaro e minacciare la stabilità finanziaria. Invece, un “grande accordo” costruttivo con i partner causerebbe una ritirata del dollaro.

2. Rischi di inflazione – entrambi i lati della medaglia

I tassi di inflazione si sono attenuati gradualmente dai picchi del 2022 (9% negli Stati Uniti, >10% nell’area euro). Tuttavia, gli aumenti dei prezzi nei servizi complicano l’ultimo miglio verso gli obiettivi del 2%, poiché la crescita salariale rallenta lentamente. Questo mantiene i rischi al rialzo per il 2025, in particolare negli Stati Uniti, dove la crescita è ancora robusta. I piani di Trump su dazi, tagli fiscali e restrizioni all’immigrazione aggiungono rischi a medio termine. Tuttavia, nell’area euro, il rischio di inflazione ora sembra bilaterale. L’economia fatica a prendere slancio. I dazi statunitensi sarebbero disinflazionistici da questa parte dell’Atlantico (indipendentemente da alcune probabili ritorsioni), aggiungendosi ai possibili effetti di ricaduta della deflazione cinese. Questo apre un maggiore margine di manovra per la BCE per tagliare i tassi (-150 punti base al 1,75%) rispetto alla Fed (-100 punti base al 3,50-3,75%) dai livelli di fine novembre.

3. Produttività – l’Europa può recuperare?

Il divario di produttività transatlantico si è ampliato, con guadagni annuali nel periodo 1995-2020 nell’area euro (1,0%) pari solo alla metà di quelli degli Stati Uniti (2,1%). Dal 2020, la produzione per ora lavorata nell’area euro si è quasi fermata, mentre gli Stati Uniti hanno quasi recuperato il trend pre-pandemia. Un piccolo recupero europeo è fattibile nel breve termine, poiché la produttività dell’area euro è più ciclica e una lieve ripresa nel 2025 aiuterà. Tuttavia, a lungo termine, gli Stati Uniti sembrano molto meglio attrezzati per raccogliere i frutti dell’IA e di ulteriori deregolamentazioni, mentre l’Europa continua a lottare per raggiungere un’unione bancaria e un mercato unico dei servizi come tappe fondamentali per promuovere l’innovazione e migliorare la concorrenza.

4. Sostenibilità del debito – un altro momento Truss in arrivo?

I titoli di Stato sono diventati più economici – in modo massiccio ma ordinato – negli ultimi due anni, su base di spread swap, su entrambe le sponde dell’Atlantico. Questo riflette molti fattori, tra cui il grande aumento del debito pubblico, il QT (Quantitative Tightening) e le restrizioni sui bilanci delle banche. L’irrigidimento della curva dei rendimenti attraverso il ciclo di taglio dei tassi potrebbe supportare la tendenza e mantenere i titoli di Stato relativamente economici. Lo stress sugli OAT (Obligations Assimilables du Trésor) ha evidenziato il rischio sovrano idiosincratico. Potremmo vedere uno sviluppo simile anche negli Stati Uniti? Vediamo un limitato interesse repubblicano per un forte impulso fiscale, da qui (deficit > 6% del PIL). Lo status del dollaro USA offre anche un certo cuscinetto. Un modesto allentamento della posizione fiscale tedesca sembra probabile dopo le elezioni di febbraio, mentre la Francia sta vivendo un periodo di instabilità politica.