Una fase di avversione al rischio sta colpendo i mercati finanziari, con gli asset rischiosi sotto pressione ed un’elevata domanda per i beni rifugio, anche se i movimenti sono probabilmente accentuati dalla bassa liquidità estiva.
I mercati azionari hanno registrato un incremento della volatilità e performance negative relativamente uniformi tra i Paesi Sviluppati, mentre le asset class Emergenti hanno retto meglio la fase di debolezza sostenute dalla Cina, che tuttavia rimane ancora ben lontana dai massimi storici.
I timori per la diffusione della variante Delta sembrano chiaramente alimentare le prese di profitto sulle posizioni di reflazione, analogamente a quanto avvenuto in febbraio con la comparsa della variante britannica. In quel caso, ci volle qualche settimana per valutare correttamente il rischio per lo scenario macroeconomico, in un contesto sanitario che era peraltro più difficile, ma dalla seconda metà di febbraio la reflazione era tornata alla guida dei mercati.
È possibile che la stessa situazione si stia ripresentando ora, con una variante altamente contagiosa ma non particolarmente più letale che si diffonde esponenzialmente ovunque compaia, ma rispetto all’inizio dell’anno la campagna vaccinale si sta dimostrando efficace nel prevenire l’aumento rapido delle ospedalizzazioni e delle morti. Come conseguenza, anche se i Governi europei e nordamericani stanno valutando di ricorrere a misure più rigorose per contrastare il contagio, come un più diffuso utilizzo del “green pass” nell’Unione Europea, la propensione a fare ricorso a restrizioni più drastiche alla mobilità ed alle attività a basso distanziamento sociale sembra molto basso, riducendo fortemente un significativo rischio al ribasso per la crescita economica.
L’Asia è certamente un’area più critica per l’economia globale e la lentezza della campagna vaccinale in certe economie sviluppate come Giappone e Corea del Sud si sta mostrando un vistoso errore di valutazione, anche se per la Cina la situazione sembra maggiormente sotto controllo. L’inaspettato taglio del coefficiente di riserva delle banche aveva fatto sorgere timori che il lento rallentamento della crescita, già sotto il potenziale, fosse in realtà peggiore del previsto, ma la batteria di dati macro di giugno è stata rassicurante.
I dati hanno infatti sorpreso le attese ed il secondo trimestre è terminato con una crescita dell’1,3% rispetto al trimestre precedente e al +1% atteso. Al contrario, nei Paesi Sviluppati il flusso di dati è stato più contrastato, con la sorpresa positiva sulle vendite al dettaglio USA di giugno compensata dalla revisione al ribasso di maggio e la produzione industriale inferiore alle attese in USA ed Europa, ma anche in questo caso non sembra un nuovo trend quanto l’aggiustamento alla nuova fase di picco della crescita e rallentamento dell’accelerazione che è comparsa già in maggio.
La navigazione nella nuova fase della crescita globale si sta rivelando non agevole come previsto per i mercati degli asset rischiosi, ma quello che è senz’altro più sorprendente è l’andamento del mercato obbligazionario.
Con il rendimento del Treasury decennale sceso sotto quota 1,20%, il tasso reale ai livelli di gennaio ed un appiattimento della curva dei rendimenti che si osserva generalmente in fasi molto più avanzate del ciclo, gli investitori sono chiaramente circospetti a rientrare sulle posizioni più tipiche della reflazione. Ancora più singolare è il fatto che i dati sull’inflazione stanno sorprendendo le attese anche per il mese di giugno senza smuovere però l’inflazione prezzata dai governativi inflation-linked. Questa situazione è stata probabilmente creata dalle Banche Centrali, che hanno indotto gli investitori a considerare come solo temporaneo il recente rialzo dell’inflazione e a prezzare un certo livello di rimozione dello stimolo monetario che invece in economie chiave come USA ed Eurozona si concretizzerà solo molto più avanti nel tempo.
Sul fronte valutario, anche il US$ è stato un primario beneficiario della domanda di beni rifugio, mantenendosi in prossimità dei massimi per l’anno.