Il 2021 potrebbe essere l’inizio della fine di una crisi senza precedenti
Se ripensiamo oggi all’inizio del 2020, ci sembra surreale. L’anno era iniziato con grande ottimismo dopo gli ottimi risultati del 2019 (l’indice S&P 500 aveva guadagnato il 29% e il Nasdaq il 38%). Quando è stata chiara la pericolosità del virus, gli investitori hanno iniziato a temere che le ripercussioni si sarebbero avvertite anche al di là delle catene di distribuzione cinesi e che avrebbero provocato una turbolenza generalizzata.
Il 16 marzo entrambi gli indici sono scesi di oltre il 12%, il tracollo più consistente in un solo giorno dal 1987. Sebbene il sell-off dei mercati sia stato generalizzato, le perdite erano concentrate prevalentemente nei settori duramente colpiti dalla pandemia, come viaggi e vendite al dettaglio. Nei mesi, sono intervenuti i governi e le banche centrali, con manovre di quantitative easing, stimoli fiscali e riducendo i tassi di interesse.
Questa politica accomodante e i massicci incentivi a livello fiscale e monetario hanno toccato livelli mai visti in precedenza, alimentando sui mercati una delle fasi più rialziste della storia. Dai minimi di marzo, l’indice S&P 500 e il Nasdaq sono saliti rispettivamente del 68% e dell’84%.
L’imposizione di lockdown ha imposto alle aziende di fare cambiamenti di enorme portata, in pochissimo tempo. In ultima analisi, il Covid ha dato il via al più grande beta test del lavoro da remoto. Le imprese che non avevano inserito la digitalizzazione tra le priorità si sono rese improvvisamente conto che deve diventare una componente fondamentale della strategia per sopravvivere in futuro. Al fulcro di queste tematiche c’è il cloud.
Il lavoro da remoto e la capacità di ampliare rapidamente i sistemi non sarebbero altrimenti possibili. Analogamente, l’adozione delle applicazioni SaaS ha consentito alle aziende di crescere in modo rapido ed efficace, senza investimenti fissi eccessivi. Quelli che all’inizio sono stati investimenti d’emergenza per mantenere l’operatività aziendale sono stati ridiscussi come un possibile cambiamento definitivo.
Secondo un sondaggio Deutsche Bank, dopo il Covid il 57% dei professionisti dei mercati finanziari lavorerà da remoto tra uno e tre giorni la settimana. Analogamente, Hitachi Capital ha rilevato che il 55% dei lavoratori del settore immobiliare e costruzioni ha chiesto maggiori opportunità per lavorare da remoto dopo il lockdown, principalmente per evitare il tragitto tra casa e lavoro. Uno studio Gartner condotto ad aprile ha evidenziato che il 74% delle società intende far lavorare da remoto almeno alcuni dipendenti in via definitiva. La domanda di applicazioni e strumenti basati sul cloud è dunque destinata ad aumentare.
Guardando al 2021 possiamo già intravedere i segnali che ci troviamo “all’inizio della fine” di questa crisi. Alcune delle società più trascurate nel 2020 presentano buone opportunità per quando verranno eliminate le restrizioni legate al Covid. Per quasi tutto il 2020, i viaggi (sia per lavoro che per piacere) sono stati praticamente fermi, ed è comprensibile che le aziende del settore ne abbiano sofferto.
Secondo un recente sondaggio, l’attività che le persone vogliono riprendere dopo la crisi è viaggiare e questo dà l’idea della mole di domanda repressa, ma ci vorranno diversi anni prima di una completa ripresa del settore dei viaggi. Tale divario tra le stime sulla ripresa e la domanda latente è un’opportunità per gli investitori. La ripresa del settore viaggi sarà lunga e lenta, e i ricavi non torneranno sui livelli del 2019 per diversi anni. Oltre a quest’opportunità ciclica, c’è anche un’opportunità strutturale. Stiamo passando da un mondo con miliardi di dispositivi (digital 3.0) a un mondo con migliaia di miliardi di dispositivi (Internet of Things e digital 4.0). Sebbene il concetto dell’Internet of Things non sia nuovo, ci troviamo a un punto d’inflessione da cui può veramente decollare.
Nel 2015 c’erano 584 interazioni di dati per utente connesso al giorno, un dato destinato a crescere di oltre 8 volte entro il 2025 (a 4.909 interazioni per utente connesso al giorno). Si potrebbe pensare che la digitalizzazione sia un processo in corso da tempo, in realtà è solo agli inizi: negli Stati Uniti, il Pil digitale in percentuale del Pil totale è ancora del 5% soltanto. Questo tema si sta sviluppando su molteplici piani, in particolare sanità, trasporti, robotica, nonché nell’automazione del lavoro della conoscenza.
Al fulcro di Digital 4.0 c’è il cloud e le opportunità che ci attendono sono ancora smisurate (la penetrazione del cloud è ancora inferiore al 10%).. Un rapporto di McKinsey stima che 400 milioni di posti di lavoro a tempo pieno saranno sostituiti dalla tecnologia entro il 2030. Già oggi, il 50% delle attività lavorative è automatizzabile adattando tecnologie già disponibili, per cui la forza lavoro dovrà adattarsi per sopravvivere.
Con la battaglia per la sopravvivenza che le aziende hanno dovuto combattere nel 2020, la riduzione dei costi e il miglioramento della produttività sono tornati alla ribalta. Nel corso del 2021 le pressioni alla digitalizzazione per il lavoro da remoto diminuiranno un po’. Saranno però sostituite dalla necessità di utilizzare la tecnologia come strumento di riduzione dei costi.
Secondo la mappa di Digital 4.0 che abbiamo delineato, la prossima fase nell’adozione di queste tecnologie rivoluzionarie riguarderà principalmente l’Internet of Things (IoT), il 5G, i dati e l’intelligenza artificiale. Secondo noi, saranno questi i fattori da cui emergeranno le principali opportunità nei prossimi 5/10 anni.
Mentre Digital 3.0 è stato il ciclo delle piattaforme, Digital 4.0 sarà il ciclo della creazione di dati e dello sfruttamento del vantaggio competitivo. La connettività generale, sempre più in tempo reale, trainerà il cambiamento nei settori che non hanno ancora subito gravi sconvolgimenti, tra cui l’automazione del lavoro della conoscenza, sanità, trasporti, industriali e fintech.