di Ole Hansen (Saxo Bank) Ole Hansen, Head of Commodity Strategy di Saxo Bank

Il petrolio rischia una correzione più profonda

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Il settore delle materie prime è rimasto quasi immutato per la seconda settimana di fila. La debolezza nell’energia e nei metalli preziosi è stata compensata dai guadagni sui metalli industriali e nell’agricoltura.

Il settore energetico è stato in parte compensato da un altro – anche se contenuto – guadagno settimanale sul greggio. Sia il Brent sia il WTI si sono finalmente stabilizzati sopra i 50 $/b, ma dopo aver trovato scarso interesse limitato in un ulteriore salita, si è osservata un’ondata di chiusura di posizioni.

Il settore agricolo ha conseguito guadagni per la sesta delle ultime sette settimane. Le preoccupazioni riguardo inondazioni, e qualità delle colture in Argentina, hanno generato un rally della soia superiore al 50% dall’inizio di aprile. Questo ha sostenuto non solo i futures sulla soia, ma anche commodity come il mais.

Lo zucchero ha raggiunto il suo massimo dal luglio 2014 e la rottura sopra i 17 centesimi ha contribuito a ridurre il nervosismo tra i fondi, che attualmente ne detengono forti esposizioni lunghe.

I metalli industriali hanno scambiato più in alto sotto la guida del rame, che ha ricevuto una spinta dall’affievolirsi delle preoccupazioni riguardo il mercato cinese. La salita del rame è stata supportata dall’ondata di short-covering: il saldo generale delle posizioni è passato da lungo a corto durante le ultime due settimane.

Il ferro ha continuato il suo giro sulle montagne russe fino a ridursi sotto i 50 $/t, dopo aver toccato i 70 $ solo cinque settimane fa, all’esplodere della bolla speculativa sullo Shanghai Futures Exchange.

Il rally del greggio sotto pressione

Il greggio ha finalmente raggiunto e violato il livello psicologico di 50 $/b. Tale livello era diventato sempre di più un punto di riferimento tra i trader. In combinazione con le diverse interruzioni involontarie di produzione, la soglia dei 50 dollari al barile aveva sostenuto il mercato nel corso delle ultime due settimane. Così la normale correlazione fortemente negativa col dollaro si è rotta, nonostante il vento contrario dovuto al recupero del biglietto verde.

Tuttavia, una volta rotto il livello, la mancanza di acquisti sia sul Brent sia sul WTI ha sollevato qualche perplessità, facendo riemergere rapidamente posizioni di vendita. Evidente segno che i produttori hanno ulteriormente intensificato l’attività di copertura.

Se si tratti di un segnale del raggiungimento di un massimo di breve termine, è ancora presto per dirlo. Lo slancio rialzista del greggio è stato forte per diverse settimane, non da ultimo a causa del fondamentale supporto proveniente da diverse interruzioni di fornitura, che hanno contribuito, almeno temporaneamente, a riequilibrare il mercato.

I fondi hanno aumentato le scommesse sul rialzo di entrambi Brent e WTI di 75 milioni di barili durante la settimana terminata il 17 maggio. Le posizioni combinate di 650 milioni di barili in acquisto non sono lontane dal record di aprile. Questa crescita di posizioni lunghe speculative, combinate all’analisi tecnica che da segnali negativi e a margini di raffinazione stagionalmente deboli, comporta il rischio di innescare una correzione più profonda.

Il WTI ha scambiato più in alto all’interno di una curva ascendente, ma il rifiuto al di sopra dei 50 $ potrebbe lasciare spazio ad una correzione tecnica. Una tale mossa potrebbe inizialmente portarlo fino al fondo della curva, a 47 $, mentre una rottura potrebbe vedere il movimento estendersi verso il basso del trend rialzista di febbraio, attualmente a 45 $.

La riunione dell’OPEC non cambierà nulla

Il 167° incontro della Conference of the Petroleum Exporting Countries (Opec) fissato per il 5 giugno a Vienna, comincerà ad attirare una certa attenzione nei prossimi giorni. Considerando il continuo rialzo dei prezzi dopo il fallimento della riunione di Doha, questo incontro è diventato sempre più irrilevante. Nessuna decisione è attesa, nessuna decisione è necessaria.

L’attenzione del mercato si è spostata lontano dall’Opec, come ben poco è stato fatto per sostenere la ripresa dei prezzi, oltre a fornire qualche intervento verbale. Invece, abbiamo visto molteplici e gravi interruzioni nell’approvvigionamento che indubbiamente hanno contribuito a riequilibrare il mercato e contribuito a guidare il prezzo più in alto di quello che altrimenti sarebbe giustificato in questa fase di ripresa.

Il meglio che l’Opec possa fare è sedersi e parlare di petrolio, invece di lasciare che siano politica e differenze regionali a decidere. Ci si attende che il nuovo ministro del petrolio saudita voglia proseguire sulla linea dura di Doha. Come finirà, in particolare con l’Iran, resta ancora da vedere. Ricostruire la reputazione del cartello dovrebbe essere la priorità: il successo o il fallimento in tal senso determineranno l’impatto sul mercato.

L’oro cerca supporto

I metalli preziosi sono stati scossi in questi giorni dalla maggiore aggressività mostrata da diversi membri del Federal Open Market Committee. Come risultato, abbiamo visto le proiezioni dei tassi di interesse venire ancora una volta sollevate, a beneficio del dollaro.

La propensione al rischio e il continuo supporto per il dollaro, in combinazione con l’aumento dei rendimenti obbligazionari, hanno tutti contribuito a creare un ambiente stimolante per i metalli preziosi, non da ultimo l’oro. E per la prima volta da quando il forte rally è cominciato, nel mese di gennaio, si è iniziato a porre domande circa la sua sostenibilità, e la capacità stessa dell’oro di trovare supporto.

La domanda di investimenti in oro è rimasta solida questo mese, almeno fino a giovedì, dove è stata vista una piccola riduzione. Il totale delle posizioni in questo periodo è tuttavia incrementato di quasi il 5%, mentre il prezzo dell’ oro è sceso del 5,5%.