Dopo oltre dieci anni di bassa inflazione in gran parte delle economie sviluppate, negli Stati Uniti si è parlato della possibilità di permettere all’inflazione di superare i target in futuro per controbilanciare gli obiettivi mancati in passato. Quali potrebbero essere le implicazioni per i mercati obbligazionari?
Permettere all’inflazione di raggiungere livelli più elevati ha rappresentato un approccio pericoloso per le banche centrali in passato e in alcuni casi è stato associato a un esodo dei capitali stranieri, soprattutto per i mercati emergenti. La storia mostra che le banche centrali possono perdere velocemente di credibilità quando permettono all’inflazione di correre al di sopra del target.
I policymaker negli Stati Uniti sono preoccupati per le implicazioni di aspettative sull’inflazione che continuano ad essere basse, e ciò ha portato a speculazioni sul fatto che la Fed potrebbe cambiare il modo in cui gestisce l’inflazione. La Banca Centrale potrebbe per esempio spostarsi verso un target con un “tasso medio”, attraverso il quale i periodi di rialzi dei prezzi al di sopra del target saranno tollerati, in modo da controbilanciare le fasi di inflazione inferiore al target.
Nei mercati obbligazionari, i bond a lunga scadenza tendenzialmente perdono valore e la curva si irripidisce quando le banche centrali sono più indulgenti in termini di target. In caso di un’inflazione più elevata negli Stati Uniti e di una Fed accomodante, la parte a più breve scadenza della curva resterà probabilmente stabile, mentre le obbligazioni a più lunga maturità potrebbero subire pressioni. Una maggiore pressione sui prezzi potrebbe a sua volta fornire ulteriore supporto al mercato dei bond inflation-linked statunitensi, che ha già avuto solide performance, grazie a fattori stagionali di supporto e alle aspettative riguardo alla possibilità che la Fed rimanga ferma sui tassi almeno per la prima metà del 2019.
Trend deflazionistici in Europa
Il dibattito sul futuro dei target di inflazione si è acceso in un momento in cui le pressioni sui prezzi negli Usa, secondo le aspettative, dovrebbero aumentare moderatamente a causa del restringimento dell’output gap. Nei mercati del credito, la selezione dei bond sarà importante se l’inflazione negli Stati Uniti dovesse riprendere a salire, dato che i margini potrebbero subire pressioni a causa dell’aumento dei costi di produzione e dell’abbassamento delle spese di capitale – fattori che potrebbero portare anche a un downgrade in termini di rating.
Le società più a rischio sono quelle industriali, anche se non si tratta dell’unico settore vulnerabile. Anche il settore dei servizi per esempio potrebbe soffrirne, soprattutto via via che le società si trovano ad affrontare pressioni a causa dell’aumento dei salari, come dimostrato dai dati di febbraio, quando abbiamo assistito al maggiore aumento annuale delle retribuzioni orarie medie sin dal 2009. Al momento ha quindi senso concentrare il rischio nel segmento del credito sulla parte a più breve termine della curva e riallocare parte di questo sull’Eurozona a scapito degli Stati Uniti.
L’inflazione resta debole nell’Eurozona, supportando la decisione della BCE di dedicare un altro round di finanziamenti a basso costo alle banche. La mancanza di pressioni sui prezzi è evidente anche in altri Paesi, soprattutto in Asia. Sebbene il rischio di inflazione sembri propendere al rialzo negli Usa, l’Asia e l’Europa si trovano ad affrontare la situazione opposta, con diversi trend deflazionistici in corso.
Parlando di opportunità di investimento, i mercati obbligazionari locali in Asia sembrano attraenti, se si investe con un hedge. La combinazione di un’inflazione debole e di una politica più accomodante da parte della Fed potrebbe potenzialmente portare a tagli dei tassi in alcuni Paesi nel corso del 2019. In particolare in Indonesia, dove le prospettive di prezzi inferiori per i beni alimentari e prezzi contenuti per il petrolio dovrebbero portare a un’inflazione più bassa.
Il Messico rappresenta un esempio di mercato obbligazionario locale attraente, dato che l’inflazione headline sta finalmente iniziando a scendere sotto al 4%, grazie a prezzi energetici e agricoli inferiori. È possibile che la Banca Centrale avvii un ciclo di taglio dei tassi che risulterebbe in un calo del tasso di riferimento di oltre 150 punti base rispetto all’attuale livello (8,25%).