di Tiffany Wilding (Pimco)

Inflazione record in Usa, quali conseguenze per la Fed?

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Per la Federal Reserve, i dati sull’inflazione Usa al 9,1% diffusi ieri equivalgono a un allarme rosso. L’inflazione core sembra ampiamente consolidata tra beni e servizi e, di conseguenza, abbiamo alzato le nostre previsioni per l’inflazione IPC core e ora prevediamo che chiuda il 2022 al 5,5%. Prevediamo che il Fomc annuncerà almeno un altro rialzo di 75 punti base a luglio e a settembre, mentre ora è probabile anche un rialzo di 100 punti base. I dati di oggi aumenteranno la fiducia dei membri della Fed che una politica monetaria restrittiva sia opportuna. Allo stesso tempo, il dato odierno sull’inflazione dovrebbe anche aumentare le probabilità di recessione, che ora stimiamo probabile prima piuttosto che poi e che stimiamo come forse più grave.

I dettagli sull’inflazione Usa

Per quanto riguarda i dettagli del rapporto odierno, l’IPC principale è aumentata dell’1,3% mese su mese, più delle nostre aspettative e di quelle del consenso. Quel che è peggio, anche se i prezzi dei generi alimentari e dell’energia hanno raggiunto il picco a giugno, le pressioni inflazionistiche di fondo sono apparse in accelerazione. L’aumento mensile dei prezzi degli affitti e degli OER (Owner-Equivalent Rent) – i fitti figurativi – ha subito un’ulteriore accelerazione e sembra destinato a rimanere su livelli di inflazione elevati almeno fino alla fine dell’anno. Di conseguenza, ci aspettiamo che il tasso annuo di affitti e OER acceleri fino all’8%, ben al di sopra del 3,5% del trend pre-pandemia. Al contrario di quanto si possa pensare, i rialzi dei tassi tendono a stimolare l’inflazione degli affitti in un primo momento, perché rendono meno conveniente avere una casa di proprietà. Solo quando l’inflazione dei prezzi delle abitazioni inizia a ridursi concretamente, anche l’inflazione degli affitti inizia a diminuire. L’inflazione dell’IPC (Indice dei Prezzi al Consumo) tende a ritardare di 3-6 trimestri l’andamento del mercato immobiliare.

Nel frattempo, si sono riscontrate pochissime evidenze di ribasso sui prezzi nelle categorie di beni di base, nonostante l’aumento dei livelli delle scorte e il rallentamento dei consumi reali di beni. Il nostro dato aggregato sull’inflazione dei beni al dettaglio ha registrato una nuova accelerazione a giugno, mentre anche l’inflazione del settore auto è rimasta stabile. Una parte dell’aumento dei beni di base potrebbe essere attribuita all’infusione di liquidità da parte dei consumatori con la dichiarazione annuale dei redditi; tuttavia, di solito questo aumento della spesa si verifica a marzo e aprile, poco dopo i pagamenti dei Treasury, il che suggerisce che l’inflazione è più radicata di quanto si pensasse. A dire il vero, nonostante i dati odierni, riteniamo che le tendenze inflazionistiche nei mercati dei beni di base siano probabilmente moderate – i prezzi all’ingrosso dei veicoli usati hanno ripreso a scendere alla fine di giugno, mentre i rapporti tra vendite e scorte sono aumentati in diverse categorie al dettaglio, e gli Stati Uniti sembrano essere vicini alla recessione dei trasporti. Tuttavia, la ri-accelerazione su larga scala degli ultimi mesi suggerisce che l’inflazione è meno sensibile alla moderazione della domanda reale.

Quali sono le implicazioni dell’inflazione Usa?

Per la Fed, il dibattito sulla politica monetaria si è spostato da “è appropriata una politica monetaria restrittiva?” a “quanto restrittiva?“. La regola di Taylor suggerisce che il tasso dei Fed funds dovrebbe essere del 6% o più (a seconda della variante della regola utilizzata) per moderare l’inflazione e riportarla al target. Ora, ci sono ancora molte riserve su queste regole, tra cui il fatto che non siano adatte a gestire gli shock dal lato dell’offerta. Tuttavia, come minimo l’attuale livello del tasso dei Fed funds, ancora accomodante, appare non sincronizzato rispetto alla situazione economica e alle pressioni inflazionistiche interne agli Stati Uniti.

Un inasprimento monetario piĂą rapido rende piĂą probabile la recessione

Riteniamo che la recessione negli Stati Uniti sia più probabile che non nei prossimi 12 mesi e che, con una politica monetaria più restrittiva, la contrazione sarà probabilmente più grave. Abbiamo già assistito a una rapida decelerazione dello slancio economico: 3 dei 6 indicatori che il National Bureau of Economic Research (NBER) utilizza per valutare l’inizio di una recessione sono già in contrazione. Questa perdita di slancio arriva dopo la contrazione del Pil reale nel 1° trimestre, dovuta alla volatilità dell’andamento del commercio e delle scorte. Con una probabile contrazione del Pil reale anche nel 2° e 3° trimestre, è sempre più probabile una contrazione per l’intero anno.