Avevamo previsto, nell’aprile 2020, che gli stimoli post-pandemia avrebbero dato il via a un ciclo economico che sarebbe andato alla velocità della luce, e così è stato. Dopo la recessione più veloce della storia, c’è stata la ripresa più veloce della storia, e ora i mercati sono preoccupati che le cose si stiano muovendo troppo velocemente. La narrativa di mercato è passata dalla deflazione alla reflazione, poi alla stagflazione, e infine all’inflazione nel giro di poche settimane.
La Federal Reserve ha applicato una politica monetaria accomodante per molto tempo, come ci aspettavamo dopo la revisione strutturale del suo quadro di riferimento nel 2020. C’è stata anche una ripresa della domanda ancora più veloce di quanto la Fed avesse previsto, guidata dai vaccini, dalla crescita della ricchezza delle famiglie, e dagli stimoli economici di sussidio. La domanda ha superato l’offerta in maniera tale da raggiungere livelli di inflazione che non si vedevano da quasi 40 anni
Analizziamo l’inflazione attuale tramite quattro categorie principali: i settori legati alle riaperture, l’immobiliare, i salari e le aspettative. Tutte si muovono al rialzo. L’inflazione generata dagli affitti non è temporanea, e può contribuire ad aspettative di un’inflazione maggiore, il che rafforza le dinamiche di un aumento dei prezzi a lungo termine. La politica delle banche centrali corre il rischio di andare troppo lentamente ora e di doversi muovere più velocemente in futuro, ostacolando la ripresa.
Avvicinandoci al 2022, pensiamo che la crescita possa essere sostenuta e possa supportare i mercati. Le scorte sono a livelli bassi per via delle difficoltà delle catene di approvvigionamento, e il riassortimento può sostenere la produzione industriale. I risparmi accumulati (circa il 10% del PIL negli USA) possono continuare a sostenere i consumi. Verso la metà del prossimo anno, il rifornimento delle scorte, il rallentamento della domanda dei consumatori, politiche monetarie più restrittive e valutazioni sotto pressione renderanno la situazione più complicata. In conclusione: si può continuare a cavalcare l’onda dell’azionario ed essere meno esposti per ora sull’obbligazionario, ma è probabile che l’anno prossimo sia necessaria la flessibilità per ridurre il rischio e aumentare la duration.
Guardando al futuro, i cambiamenti strutturali indicano un contesto di crescita moderatamente più forte e di inflazione. Gli stimoli della pandemia e i rialzi dei prezzi degli asset hanno permesso un aumento dei pensionamenti, diminuendo l’offerta di lavoro ma facendo aumentare gli stipendi.
Investimenti, cosa fare nel 2022
La pandemia e le guerre commerciali hanno evidenziato che le catene mondiali di approvvigionamento sono passate dal modello “just in time” a quello “just in case”. Abbiamo visto un aumento nella spesa capitale e in particolare, dall’inizio della pandemia, un incremento della spesa per la ricerca e lo sviluppo, il che può spingere la produttività e la crescita. In ultimo luogo ma altrettanto importante, la necessità di finanziare la transizione climatica può sbloccare una spesa fiscale aggiuntiva e potenzialmente forme di stimoli “green”. Sembrano esserci scarse possibilità di un ritorno all’austerità del decennio passato.
Ci vorrà un po’ di tempo prima che questi fattori entrino in gioco, ma tutti insieme probabilmente porteranno, nel corso del prossimo decennio, specialmente se paragonato al decennio appena trascorso. I cambiamenti delle politiche monetarie e fiscali possono anche portare ad una maggiore volatilità e a crisi più frequenti e più improvvise. È improbabile che semplici portafogli bilanciati di azioni di qualità superiore e obbligazioni di duration più lunga performino bene come hanno fatto finora.
Questo non significa necessariamente che gli investitori non possano ottenere dei buoni rendimenti, ma ci sarà bisogno di approcci differenti. Pensiamo che si possa sempre performare bene, essendo flessibili e avendo una vasta gamma di fonti di rendimento.