Guerra in Ucraina, crisi energetica, crescita rallentata, inflazione in continuo aumento e caduta del governo Draghi sono gli ingredienti principali di questo inizio del secondo semestre dell’anno in Italia. Il 25 settembre si andrà a votare per eleggere un nuovo governo. Per capire meglio il futuro iniziamo dall’analisi delle sfide che il nostro Paese dovrà affrontare e dalla mappa della sua situazione economica.
Le sfide che l’Italia dovrà affrontare
Il Pil italiano nel 2022 crescerà così come nel 2023. Stando agli ultimi dati Istat sulle stime preliminari, nel secondo trimestre dell’anno l’economia italiana ha registrato una crescita dell’1% in termini congiunturali e del 4,6% in termini tendenziali. Dato che segna una fase espansiva del Pil per il sesto trimestre consecutivo. La crescita acquisita per il 2022 è pari al 3,4%, sebbene sia stata rivista costantemente al ribasso da marzo 2022, in linea con quella degli altri paesi europei. La situazione economica e finanziaria, unita alla crisi politica, porta con sé una serie di rischi per il nostro Paese.
- Il primo elemento di preoccupazione è legato alla situazione economica dell’Italia. La crisi politica arriva in un momento economico incerto. Al momento le stime di crescita sono in positivo sia per il 2022 che per il 2023, ma non è da dimenticare che su tutta l’Ue (e dunque anche l’Italia) aleggia lo spettro della recessione.
- Secondo elemento è il rischio finanziario, misurato attraverso l’allargamento degli spread. Ogni volta che il rischio finanziario aumenta nell’Eurozona, e a livello globale, l’Italia paga sempre di più in termini di differenziale di rendimento con i Bund tedeschi.
Bilancia commerciale in pareggio
Le tensioni geopolitiche, con i relativi problemi legati all’approvvigionamento energetico, hanno influito anche sulla spesa, in aumento, delle importazioni di beni energetici che stanno causando un deterioramento del saldo della bilancia commerciale, espresso in percentuale di Pil, che si ridurrebbe nel 2022 (+0,6%) per arrivare l’anno prossimo ad un +0,1%. Nel 2021, anno molto positivo per il commercio, gli scambi con l’estero dell’Italia hanno mostrato un forte recupero dopo il crollo dell’anno precedente (causa pandemia e chiusure forzate). Le esportazioni di beni e servizi sono aumentate complessivamente del 13,4%. Bene anche le importazioni che hanno fatto registrare un rimbalzo del +14,3%. Da sottolineare come questa fase di ripresa sia proseguita anche nel trimestre dell’anno. Il forte rialzo dei prezzi delle materie prime energetiche, iniziato nel secondo semestre dello scorso anno, ha determinato un incremento dei flussi delle importazioni. Questo, a sua volta, ha provocato un deterioramento della bilancia commerciale italiana che, nel primo trimestre, ha segnato un deficit di 7 miliardi.
Per quest’anno si prevede un aumento delle importazioni (rispetto alle esportazioni). Questo disequilibrio ha come conseguenza il deterioramento del saldo della bilancia commerciale. Situazione che dovrebbe migliorare nel 2023 quando le due variabili dovrebbero riequilibrarsi.
Energia
Continuano i problemi di approvvigionamento energetico. Secondo un’ultima indagine del Fondo monetario internazionale, le infrastrutture europee e la fornitura globale hanno finora affrontato un calo del 60% delle forniture di gas russe da giugno 2021. Il consumo totale di gas nel primo trimestre è sceso del 9% rispetto all’anno precedente e si stanno usando forniture alternative, in particolare gas naturale liquefatto proveniente dai mercati globali (Usa principali esportatori). Secondo l’analisi del Fmi l’Ue potrebbe gestire, senza troppe ripercussioni, una riduzione fino al 70% del gas russo. La situazione peggiorerebbe in caso di stop totale del gas russo. In questo caso le strozzature potrebbero ridurre la capacità di reindirizzare il gas all’interno dell’Europa. La conseguenza? Carenze dal 15% al 40% del consumo annuo in alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale. La presenza di ostacoli che non permettono un flusso all’interno dell’Ue rappresenta un grosso problema che andrebbe a colpire alcuni paesi più di altri. In un mercato frammentato l’impatto economico derivante dalla mancanza di gas avrebbe effetti significativi, fino al 6% per alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale (in particolare Ungheria, Repubblica Slovacca e Repubblica Ceca).
E per l’Italia?
Nel caso di taglio drastico delle forniture di gas russe, per il nostro paese la situazione non sarà di certo rosea. L’Italia dovrà, infatti, affrontare conseguenze significative a causa della sua elevata dipendenza dal gas nella produzione di elettricità. L’avere accesso a fonti di approvvigionamento alternative e ai mercati internazionali per quanto riguarda il Gnl è senza dubbio fondamentale per cercare di rendere l’impatto meno forte e destabilizzante. Da sottolineare come la situazione italiana in campo energetico verta sia su iniziative di stampo nazionale ma anche sulle decisioni dell’Ue. Se si riuscisse a mantenere una situazione senza ostacoli all’arrivo del gas, all’interno dell’Ue (quindi un mercato coeso), il problema energetico potrebbe essere gestito con minore tensione all’interno dei singoli paesi.
Asset allocation azionaria
Nonostante le valutazioni dell’azionario italiano sembrino meno care di quelle degli indici europei e globali, occorre considerare come il FTSE MIB sia un indice generalmente pro-ciclico e dunque maggiormente soggetto a fasi di incertezza come quella che stiamo vivendo. Tale ciclicità deriva sia dal rischio paese sia dall’esposizione settoriale, molto concentrata sui settori energetico, automobilistico e bancario.
L’azionario bancario potrebbe inoltre soffrire di tensioni derivanti dall’allargamento degli spread causato da incertezza politica, restrizione monetaria e incremento delle probabilità di default di prestiti e obbligazioni societarie. Date le condizioni di incertezza globale sarebbe opportuno diversificare la componente azionaria del portafoglio con un’esposizione globale.
Asset allocation obbligazionaria
Dal punto di vista obbligazionario, l’incertezza politica può incrementare la volatilità di breve termine degli spread dei titoli italiani, sebbene situazioni come quelle viste nel maggio 2018 (con gli spread saliti di 200 punti base) risultino meno probabili. È bene ricordare anche che le obbligazioni dei paesi dell’Europa periferica, in particolare quelle italiane, hanno generalmente un rischio sistemico più elevato e contribuiscono al rischio del portafoglio in condizioni di tensione globale.
L’implementazione del Tpi (Transmission Protection Instrument) da parte della Bce potrebbe mitigare la volatilità degli spread, ma ci sono ancora numerose incognite da smarcare, incertezza valutata negativamente dai mercati.
Il tasso attuale dei Btp, intorno al 2.9%, può contribuire al rendimento di lungo termine del portafoglio, ma non ci sembra sufficiente a giustificare una sovra-esposizione significativa all’obbligazionario governativo italiano.