La crescente leva finanziaria globale implica meno resilienza agli shock
L’aumento della leva finanziaria globale che abbiamo visto dagli anni 2008/2009 ha reso il sistema economico globale molto meno resiliente a eventuali shock legati a redditi o tassi di interesse.
Dalla fine della crisi finanziaria, il mondo ha assistito a un drastico aumento della leva finanziaria nel settore non finanziario. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), il debito nei settori non finanziari è aumentato infatti di 71.000 miliardi di dollari dal primo trimestre del 2007, trainato da un aumento del debito privato (40.000 miliardi di dollari) e del debito pubblico (31.000 miliardi di dollari). Nello stesso periodo, il rapporto debito-PIL è arrivato quasi al 250%, in aumento dal 210% circa.
Sebbene l’aumento complessivo sia importante, le misure aggregate rischiano di nascondere cosa avviene realmente a livello di paesi e in diversi settori nello stesso paese. Paesi come la Germania hanno in realtà ridotto la quantità totale di leva finanziaria in questi anni, mentre altri come Cina, Canada, Francia e Singapore l’hanno notevolmente aumentata. Nel caso della Cina, un’altra dose di stimolo, che ancora una volta useranno il canale dell’allentamento del credito, probabilmente attirerà l’attenzione sul pesante onere debitorio dell’economia.
Molti investitori temono che questa elevata leva finanziaria possa essere la causa della prossima crisi. La nostra visione è più ricca di sfumature. Crediamo che maggiori livelli di indebitamento rendano l’economia vulnerabile agli shock e questo, a sua volta, amplifica l’impatto degli shock sull’economia.
Gli investitori faranno particolarmente attenzione a eventuali aumenti dei tassi d’interesse, poiché più debito, soprattutto a livello privato, significa che l’economia può diventare più sensibile ai cambiamenti nel costo del debito.
Questo è importante per la politica monetaria, poiché significa che una maggiore leva finanziaria riduce il tasso neutro (tasso a cui si pensa che l’economia sia in uno stato di equilibrio tra domanda e offerta, con un’inflazione stabile).
Tuttavia, gli aumenti dei tassi non sono necessariamente destabilizzanti. Se sono graduali, gli attori economici adegueranno la loro spesa, con meno spese discrezionali nelle famiglie e minori profitti e investimenti per le aziende. Il rischio maggiore è un aumento improvviso dei tassi di interesse, o più rapido delle aspettative del mercato. Le banche centrali dei paesi altamente indebitati ne sono consapevoli e probabilmente eviteranno di normalizzare la politica monetaria troppo velocemente.
Tuttavia, il rischio potrebbe presentarsi se i tassi di prestito sono legati ai tassi di mercato a lungo termine, e non al tasso di politica monetaria. Continue misure restrittive da parte della Federal Reserve, o un drastico aumento dei rendimenti dei Treasury, potrebbero quindi causare un’impennata dei tassi di prestito, spingendo al rialzo il livello dei tassi globali a causa dei contagi globali causati dallo shock.
Inoltre, gli investitori preoccupati per gli elevati livelli di indebitamento spesso dimenticano il rischio di un declino dei redditi che, secondo noi, è potenzialmente più distruttivo. Una contrazione del reddito può incidere drasticamente sulla capacità di chi è fortemente indebitato di onorare il debito, con il rischio di default. Questo scenario richiederebbe uno shock negativo esogeno, che può arrivare sotto diverse forme.
In Cina, tramite una drastica perdita di ricavi per gli esportatori a seguito dell’aggravarsi della guerra commerciale, ad esempio. Il vero pericolo è che un maggiore tasso di default crei un loop negativo di crescita più debole, che genera a sua volta ulteriori perdite di reddito e default.
Pertanto, non pensiamo che il 2019 vedrà le implicazioni negative di un forte shock a un sistema globale molto indebitato, ma prevediamo che questo tema resti una sfida strutturale importante con il procedere dell’attuale ciclo.