La paura ha creato gli dei, scriveva Lucrezio, e agli dei si offriva oro per calmare la loro ira. Vedere la valuta più antica del mondo risalire a 1200 dollari l’oncia è la prova che sul mercato la paura degli attacchi d’ira degli dei è tanta. Ma se la paura è una reazione istintiva e quindi irrazionale, oggi non si può dire sia ingiustificata.
- Le misure sin qui adottate dalle banche centrali, rischiano di accelerare al rialzo il ciclo del dollaro, schiacciando ulteriormente i prezzi del petrolio e aggravando la situazione creditizia delle aziende attive nel settore dei metalli, minerario ed energetico.
- I tassi di interesse a zero, figli di quegli stessi programmi espansionistici, portano liquidità ai bond ma non ai mercati azionari che pagano lo scenario macro attuale: la crescita Usa che non convince, i paesi emergenti con un debito in dollari destinato ad apprezzarsi, le paure sul rallentamento della Cina (e su una svalutazione “disordinata” della sua valuta) e l’Europa che cresce poco e con un incombente rischio deflazione.
- Inoltre, il forte calo del petrolio spinge le economie legate ad esso verso il default (Venezuela in primis) o a chiudere gli investimenti azionari internazionali detenuti dai propri fondi sovrani (paesi arabi). È proprio questa uscita dei fondi dalle borse europee ad aver innescato i forti ribassi dei mercati azionari. Dopo è stato un effetto “palla di neve”.
- La BCE ha iniziato ad adottare una politica di tassi negativi a metà 2014 e in questo contesto le banche si trovano nella condizione di dover pagare per tenere liquidità nel loro bilancio.
- Abbiamo allora davanti a noi uno scenario in cui le banche devono pagare per depositare i propri capitali presso la BCE mentre ancora offrono rendimenti non negativi sui depositi della clientela. Fino a quando questo sarà sostenibile?
- Tutti sono convinti che il quantitative easing sia indispensabile, immaginate la catastrofe se la BCE ne annunciasse l’interruzione, ma si fa forte la convinzione che questo non basti. Cosa può fare ancora la BCE? Basterà un annuncio di Draghi (“whatever it takes”) per attenuare i timori degli investitori? Potrà far scendere ulteriormente i tassi nonostante l’opposizione della Bundesbank?
- L’incertezza fa scendere i mercati. I grandi investitori, fondi sovrani – hedge funds – fondi comuni, sono obbligati a ridurre le posizioni e lo fanno vendendo i titoli più capitalizzati (e dai fondamentali più solidi) nei quali erano investiti. Ecco perchè le azioni di aziende considerate più solide scendonocon più velocità rispetto a titoli meno capitalizzati.
- Il robotrading guida gli scambi, ormai il 75% di questi sono generati da robot, e i robot leggono solo i segnali e non sono influenzati dai rassicuranti annunci dei politici. Oggi i segnali sono negativi, anche quelli di lungo periodo, e i robot vendono.
La paura e l’interesse spingono gli uomini, ha detto Napoleone. Sul mercato c’è chi è mosso oggi dalla paura ma non mancano coloro che sono razionalmente spinti dal mero interesse.
Prendiamo il comparto bancario. Se due settimane fa ero assolutamente convinto della sua discesa, oggi, dopo un lauto profitto, chiudo le mie posizioni ribassiste. I dati di bilancio sono usciti e possiamo distinguere i buoni dai cattivi. Prendiamo le due più grandi banche italiane. Se guardiamo i dati tra Intesa Sanpaolo e Unicredit ci sono grandi differenze eppure sono state fortemente penalizzate entrambe. È il momento di tornare a fare selezione e da stamattina compro Intesa Sanpaolo che ha dichiarato di avere un livello di copertura dei crediti deteriorati attorno al 140%.
Guardando invece al comparto nella sua interezza,
- rimango negativo sulle banche europee, che sono messe peggio di quelle italiane se guardiamo al capitale in relazione alle attività ponderate per il rischio (CET1 ratio), mentre vedo con maggior favore quelle americane.
- Le banche non sono mai state così capitalizzate per quanto riguarda i risk weighted asset. I livelli di indebitamento, già significativamente calati, stanno continuando a scendere (si veda il grafico sottostante).
I ricavi del Q4 hanno anche mostrato che le banche europee stanno nuovamente incrementando il proprio capitale (si veda grafico).
- Gli spread dei Credit Default Swap bancari europei (dopo entriamo nel dettaglio di Deutsche Bank), sebbene cresciuti negli ultimi due mesi, non sono ancora su livelli che portino il mercato a cadere nel panico.
- Come già detto nel recente passato, il problema per gli istituti di credito europei sono piuttosto i limitati livelli di ROE dovuti al crescente peso regolamentare e a costi troppo elevati. Ma ora il mercato ha ampiamente scontato questi fattori.
A mio parere i grandi operatori del mercato stanno solo aspettando che il mercato scenda ancora per tornare ad acquistare. Nessuno di loro vede all’orizzonte una nuova crisi finanziaria o sistemica come quelle che abbiamo visto nel 2008 e poi nel 2011.
Lo strano caso di Deutsche Bank
Da agosto 2015 le azioni Deutsche Bank sono scese del 60% e alcuni analisti iniziano a temere che se le condizioni economiche dovessero continuare a deteriorarsi, la banca tedesca non sarà in grado di ripagare tutti i bond emessi.
E a prova di questo si guarda all’impennata del CDS (credit default swap – la misura del rischio default) nelle ultime settimane.
Se però, cosa sempre saggia a parer mio, guardiamo i dati con un’ottica di medio periodo, vediamo che oggi il CDS non si trova sui livelli più alti raggiunti nel recente passato.
Deutsche Bank sta per fallire?
No, anche solo per il fatto che se fallisce questa banca non basterebbe il PIL della Germania per arginare il disastro. Deutsche Bank ha in bilancio derivati per circa 55 trilioni di euro – 20 volte il Prodotto Interno Lordo tedesco e 5 volte quello dell’intera Eurozona – e, sebbene devo confessare che i criteri di calcolo di tale esposizione non mi sono del tutto chiari, è evidente che un suo default minerebbe l’intera struttura delle economie occidentali, non solo del comparto bancario.
Se la Deutsche Bank dovesse fallire completamente, sarebbe un disastro con conseguenze peggiori di quello di Lehman Brothers: sarebbe come abbattere letteralmente l’intero sistema finanziario europeo e provocare a livello globale un panico finanziario mai visto prima d’ora. Altro che la Grecia!
Ecco perchè Deutsche Bank non sarà lasciata fallire, nonostante quello che dicono oggi i CDS.
Idea di trading…da maneggiare con cura.
Un’opportunità di trading allora è acquistare le azioni della banca considerando che i prezzi attuali e il sentiment del mercato scontano, almeno in parte, uno scenario che in realtà non è verosimile.
- Deutsche Bank ha capitale e profitti operativi per resistere alla tempesta
- Lo stato tedesco interverrà e nessuno glielo impedirà accusandolo di aiuti di stato (non sono mica l’Italia loro…)
- Potrebbere nascere una bad bank tedesca, di fatto un intervento ad hoc per Deutsche Bank
- Alla banca sarà “impedito” di acquistare crediti deteriorati da altre banche (60 milioni da Unicredit nei giorni scorsi) per non peggiorare i propri ratio
- Il piano di dismissioni di assets non core potrebbe essere rivisto
- I fondamentali della banca sono migliori di quelli del 2009 e del 2011 (quando i livelli dei suoi CDS raggiunsero il picco…)
- Gli investitori, il panico non può durare in eterno, guarderanno i fondamentali e porteranno le quotazioni di DB ad allinearsi a quelli del settore.