Sono trascorsi ormai diversi mesi dall’invasione russa dell’Ucraina, che ha scatenato una crisi geopolitica le cui ricadute continuano a condizionare l’andamento dell’economia globale. In questa guerra l’Europa agisce in prima linea, accogliendo i rifugiati ucraini e fornendo sostegno finanziario e militare all’Ucraina come parte dell’alleanza occidentale.
La sua economia, tuttavia, è fortemente esposta alle conseguenze negative dell’impennata dei prezzi energetici a livello globale, dovuta in parte all’embargo dell’Unione europea nei confronti dell’energia russa e alla minaccia rappresentata dalla possibilità che la Russia interrompa le proprie forniture di gas nei prossimi mesi. Ciò ha compresso i redditi reali dei residenti del vecchio continente, che menzionano spesso il costo della vita tra le proprie preoccupazioni principali.
Quanto potrà durare il fronte unico in Europa?
Clienti, colleghi e altri osservatori ci chiedono spesso se l’Europa abbandonerà la sua attuale politica di sostegno finanziario e militare all’Ucraina, mostrando una maggiore disponibilità a giungere ad un’intesa con la Russia (con un eventuale ritiro delle sanzioni).
A nostro avviso, ciò non succederà. Riteniamo che Bruxelles coprirà le divergenze nell’Ue imboccando un sentiero accidentato. La solidarietà europea non è mai stata forte come la risposta emotiva iniziale alla guerra può averci portato a credere, né è verosimile che essa venga meno a favore di una risoluzione negoziata del conflitto che non inchiodi la Russia alle proprie responsabilità.
Molte iniziative europee, come l’accordo per l’invio di armi all’Ucraina, le sanzioni senza precedenti messe in campo, l’imminente adesione di Finlandia e Svezia alla Nato e la decisione di conferire all’Ucraina lo status di candidato all’ingresso nell’Ue, mettono tutte in evidenza l’impegno e l’intesa dell’Europa sulle tematiche più importanti.
È possibile che il presidente russo Vladimir Putin confidi nelle discordie in seno all’Europa per giungere alla fine ad un accordo in base al principio “terra in cambio della pace” alle sue condizioni. I leader occidentali lo sanno e, nonostante le divergenze sulla strategia appropriata da seguire per far finire la guerra, si stanno dando da fare. Malgrado le pressioni politiche interne un’intesa non è considerata un’opzione percorribile. L’attuale mix di sanzioni nei confronti della Russia è dunque verosimilmente destinato a rimanere in vigore, indipendentemente da come o quando terminerà il conflitto, e a nostro parere la decisione dell’Europa di porre fine alla propria dipendenza dall’energia russa è irreversibile.
La maggioranza degli europei è a favore della linea di contrasto alla Russia
I decisori politici sono consapevoli di stare combattendo una dura guerra d’attrito e cercano di apparire risoluti, mettendo in guardia dai rischi derivanti dal non tenere la barra dritta. I timori sulle forniture di energia e cibo, nel frattempo, contribuiscono ad alimentare le ansie della popolazione europea.
Gli elettori del continente sono conseguentemente divisi su cosa fare da qui in poi. Benché i sondaggi mostrino che oltre un terzo del pubblico preferirebbe porre fine alla guerra il prima possibile (fazione pro-pace), ci sono notevoli differenze tra un Paese e l’altro. In Italia e Germania, due economie altamente dipendenti dall’energia russa, gli elettori propendono fortemente per una risoluzione pacifica del conflitto nel breve periodo, mentre la Polonia, che condivide con l’Ucraina un confine lungo quasi 500 km, parteggiano convintamente per un atteggiamento più punitivo nei confronti della Russia (fazione pro-giustizia).
La percentuale dei cittadini europei con un’opinione positiva dell’Ue è ai propri massimi dal 2007, il che rappresenta un buon segnale per la solidarietà europea. Sebbene il 40% di essi affermi che le conseguenze della guerra in Ucraina hanno già peggiorato il relativo tenore di vita e continueranno a farlo nel corso del prossimo anno, il 59% sostiene che la difesa dei valori comuni europei, come la libertà e la democrazia, debba essere una priorità. Dunque, benché i dati indichino l’esistenza di una certa stanchezza verso la guerra e una quota considerevole della popolazione desideri la sua fine, la maggioranza è disposta a sacrificare il proprio benessere per difendersi dalla minaccia percepita nei confronti dei propri valori condivisi.
Le conseguenze per gli investitori
Nonostante quest’ampio sostegno, lo shock legato ai prezzi dell’energia provocato dalla guerra continua ad indebolire il sentiment dei consumatori, ad alimentare l’inflazione e a creare il rischio di una recessione in Europa entro la fine dell’anno. Ma gran parte di questo rischio di ribasso sembra essere scontato dai prezzi degli asset. Sulla scia dei timori sulle prospettive dell’Europa, da inizio anno al 19 agosto 2022 l’indice MSCI Europe ha perso all’incirca il 18% in dollari Usa, dopo un modesto rally messo a segno a luglio, mentre i rendimenti dei titoli di Stato europei hanno registrato un’impennata.
Queste oscillazioni, a nostro avviso, hanno creato delle opportunità per gli investitori concentrati sulla selezione dei titoli e con un orizzonte temporale di lungo periodo. Ci sono molte società europee caratterizzate da fondamentali interessanti e con utili globali che potrebbero beneficiare di un euro più debole. Svariati giganti europei del settore farmaceutico sono esposti in modo relativamente modesto all’inflazione dei costi e hanno continuato a registrare forti vendite. Alcune grandi aziende nel comparto dei beni di lusso stanno godendo di una crescita delle vendite a doppia cifra grazie alla forte domanda dei consumatori malgrado le conseguenze negative dei lockdown pandemici in Cina. Riteniamo inoltre che la regolamentazione in campo ambientale in Europa e la transizione verso una maggiore sicurezza energetica stiano creando opportunità per un gran numero di società appartenenti a diversi settori, dai prodotti industriali alle infrastrutture fino all’energia e al comparto estrattivo. In un’ottica più di lungo periodo, a nostro parere, gli investitori dovrebbero soppesare le conseguenze del complesso adeguamento dell’Europa all’aumento dei costi energetici.
Secondo le nostre previsioni i mercati europei continueranno a reagire prontamente agli sviluppi militari e a quelli diplomatici, nonché alle oscillazioni del costo dell’energia. Ogni segnale di possibili colloqui di pace provocherebbe quasi sicuramente un rally di sollievo dei titoli azionari europei.