La percezione dei mercati emergenti è migliorata negli ultimi mesi sullo sfondo di un indebolimento del dollaro e di un incremento dei prezzi delle materie prime. Tuttavia, i rischi restano elevati a causa del difficile processo di riequilibrio economico della Cina e dell’incertezza legata al percorso intrapreso dalla Fed di un rialzo dei tassi.
In questo commento, abbiamo cercato di valutare quali mercati emergenti sembrano più vulnerabili di altri.
La letteratura economica ci dice che la mancanza di riserve in valuta estera, un forte aumento del tasso effettivo di cambio, un elevato deficit delle partite correnti e un rapido ritmo di crescita del credito sono tra i più importanti segnali premonitori di crisi nei mercati emergenti.
Nei grafici seguenti, osserviamo la crescita percentuale del credito al settore non-finanziario rispetto al PIL dal momento dello scoppio della crisi finanziaria globale.
Valutiamo in seguito la situazione dei differenti Paesi emergenti, utilizzando le partite correnti e la posizione finanziaria esterna netta a breve termine (una misura più ampia che combina partite correnti, le riserve ufficiali e il debito estero in essere a breve termine). È presa in considerazione, infine, anche l’evoluzione del tasso di cambio effettivo reale.
Alcune osservazioni generali possono essere tratte dai due grafici.
In primo luogo, alcuni mercati emergenti, tra cui Cina, Brasile, Malesia, Tailandia e Turchia, hanno sperimentato un rapido ritmo di crescita del credito dallo scoppio della crisi finanziaria globale.
In secondo luogo, molti Paesi emergenti mostrano ancora un considerevole disavanzo delle partite correnti, tra cui Sud Africa, Turchia, Indonesia, Argentina, Messico, Brasile, Polonia e India. Infine, alcuni di essi hanno ancora una posizione finanziaria negativa nel breve termine, come l’Argentina, il Sud Africa e la Turchia. Analizziamo ora alcuni di questi Paesi in modo più dettagliato.
Cina: dallo scoppio della crisi finanziaria globale, il credito al settore non-finanziario è aumentato del 74% rispetto al Pil. Inoltre, mentre gli altri mercati emergenti stanno mostrando segni di cautela rispetto alla crescita del credito, la posizione cinese è esattamente opposta. Data l’importanza dell’economia cinese e i canali attraverso i quali una rapida stretta creditizia potrebbero influenzare gli altri paesi emergenti, crediamo che questa bolla del credito necessiti di un attento monitoraggio. La presenza di un ingente quantitativo di riserve valutarie (3,3 miliardi di dollari) in combinazione con un disavanzo delle partite correnti (2% del Pil) e una relativamente limitata quantità di obbligazioni di debito estero a breve termine, suggerisce che la situazione sullo scenario globale della Cina è ora più sostenibile. Tuttavia, il grande apprezzamento del tasso effettivo di cambio dello yuan a cui abbiamo assistito negli ultimi anni (+27% dallo scoppio della crisi finanziaria internazionale), le fragilità del sistema finanziario cinese e la necessità di una maggiore liberalizzazione del mercato dei capitali, pongono rischi significativi per il futuro.
Il Brasile ha un deficit delle partite correnti (pari al 2% del Pil), ha visto un grande accumulo di credito dallo scoppio della crisi finanziaria internazionale e sta affrontando una crisi politica ed economica. Il tasso effettivo di cambio del Real (BRL) brasiliano è sceso di oltre il 20% negli ultimi anni, anche se si è rafforzato negli ultimi mesi. I rischi, pertanto, rimangono elevati. Al contempo, il Brasile dovrebbe essere in grado di gestire le sue necessità di finanziamento esterno a breve termine, considerando la grande quantità di riserve estere (20% del Pil) e una somma relativamente piccola di debito estero a breve termine (circa il 3% del Pil).
L’Argentina combina un grande deficit delle partite correnti (3% del PIL) con una piccola (e illiquida) quantità di riserve ufficiali (stimata al 4% del PIL). Inoltre, dallo scoppio della crisi finanziaria globale, il peso argentino (ARS) si è apprezzato del 50% sulla base del tasso effettivo di cambio. La svalutazione alla quale abbiamo assistito lo scorso anno a seguito della decisione della banca centrale di lasciare fluttuare liberamente la valuta, ha solo parzialmente invertito questo trend. Ulteriori movimenti bruschi rimangono possibili se il Paese dovesse affrontare un evento improvviso e di forte impatto o qualora il presidente Macri perdesse la sua sfida di portare a termine le importanti riforme in campo economico.
Il bisogno di finanziamenti a breve termine del Sud Africa rimane alto (il deficit delle partite correnti e il debito estero di breve periodo sono rispettivamente pari al 5% e a circa il 12% del PIL). Dal sopraggiungere della crisi finanziaria globale, il Rand sudafricano (ZAR) si è deprezzato del 30% sulla base del tasso effettivo di cambio e ora viene scambiato al 20% sotto la media degli ultimi 5 anni. Questa debolezza dovrebbe favorire un miglioramento delle partite correnti. Ad ogni modo, non sarà un percorso semplice a causa di una prospettiva di prezzi bassi delle materie prime e di problemi strutturali legati alla competitività del Paese.
La Turchia ha una posizione finanziaria netta negativa del debito estero e ha visto un accumulo notevole di credito sin dallo scoppio della crisi finanziaria globale. L’attuale deficit delle partite correnti necessita di essere monitorata da vicino. La situazione (geo)politica in Turchia preoccupa e potrebbe avere ripercussioni sull’economia del Paese. La Lira turca (TRY) si è deprezzata dell’11% (tasso effettivo di cambio) sin dalla crisi finanziaria globale e viene scambiata al 7% sotto la media degli ultimi 5 anni. Siccome riteniamo probabile un ulteriore deprezzamento, la banca centrale ha la necessaria autorevolezza per agire sulle riserve in un quadro di fluttuazione controllata della valuta.
In sintesi, nonostante i recenti miglioramenti del sentimento degli operatori, i mercati emergenti non sono ancora fuori pericolo. I difficili tentativi di ribilanciamento della Cina e l’incertezza legata alla politica monetaria negli Stati Uniti potrebbero facilmente esporre i mercati emergenti a ulteriori debolezze. Non esiste un singolo modello o metodo di misura in grado di determinare con esattezza l’entità o il momento esatto in cui scoppierà la prossima crisi sui mercati emergenti, tuttavia riteniamo che Cina, Argentina, Sud Africa e Turchia siano più vulnerabili di altri.