Mercati emergenti, le prospettive delle obbligazioni nel 2025: pronti al Trump 2.0?
Nel 2024 il quadro macroeconomico globale complessivo è stato favorevole per gli asset rischiosi. Nonostante i timori di una recessione a inizio anno la crescita negli Stati Uniti è rimasta solida, mentre la Fed è riuscita a iniziare a ridurre i tassi d’interesse da livelli superiori a quelli neutri data la decelerazione ininterrotta dell’inflazione. Guardando al 2025, il contesto macro, in teoria, appare positivo per i mercati emergenti specialmente a fronte di un processo disinflazionistico diffuso che dovrebbe consentire a gran parte delle principali banche centrali di ridurre considerevolmente i tassi nel corso dell’anno. Dalla prossima amministrazione statunitense, però, provengono diversi rischi per i mercati emergenti. Il presidente eletto Trump ha avanzato quattro proposte principali di politica economica: aumentare i dazi, far diminuire o invertire l’immigrazione, abbassare le tasse e ridurre la regolamentazione (principalmente nel settore energetico e in quello finanziario). Si tratta di misure che presentano sfide per i ME. Al momento, però, le politiche statunitensi sono altamente imprevedibili e le misure potrebbero rivelarsi meno vigorose di quanto ventilato in campagna elettorale, specialmente sul versante dei dazi. Tenendo conto di quest’incertezza, intendiamo esplorare le principali aree di policy nel contesto dei fattori in grado di influenzare i mercati del debito dei mercati emergenti: 1) il livello dei tassi d’interesse, 2) i tassi di cambio e 3) i fondamentali dei ME.
1) I tassi d’interesse globali e locali
Sia politiche di bilancio espansive che i dazi negli Stati Uniti potrebbero esercitare una pressione al rialzo sull’inflazione nel Paese. Tagliare le tasse senza ridurre la spesa vuol dire stimolare la domanda complessiva nell’economia, il che comporta generalmente un aumento dei prezzi (a meno che non aumenti anche l’offerta) e, potenzialmente, anche dei salari. I dazi, dal canto loro, determinerebbero direttamente un incremento dell’inflazione negli Stati Uniti a causa del maggior costo dei beni importati. Possono inoltre limitare la concorrenza dall’estero, offrendo ai produttori nazionali più margine per alzare i prezzi e intensificando le pressioni inflazionistiche. Se questo si tradurrà in un’inflazione sostenuta dipenderà dalla risposta della Fed a questo shock dei prezzi. Nel caso di una Fed aggressiva, ciò potrebbe esercitare pressioni su alcune banche centrali dei mercati emergenti affinché mantengano tassi di interesse più elevati a livello nazionale. Tali rischi sono più elevati nei Paesi dei mercati emergenti con le maggiori vulnerabilità, specialmente per quelli con un’inflazione elevata o persistente e con una bassa stabilità esterna. Le banche centrali di questi Paesi potrebbero tagliare i tassi in misura minore o addirittura alzarli a seconda dell’entità delle variazioni dei tassi di cambio. Il Brasile, ad esempio, è già stato costretto a incrementare i tassi in risposta alla debolezza della propria valuta e ai timori del mercato sui relativi conti pubblici.
2) Il dollaro e le valute dei mercati emergenti
Nell’eventualità di dazi aggiuntivi e politiche di bilancio più espansive da parte degli Stati Uniti il dollaro, per lo meno inizialmente, dovrebbe rafforzarsi. I dazi, infatti, riducono tendenzialmente la domanda di beni importati negli Stati Uniti per via del loro maggior costo facendo restringere direttamente quella delle rispettive valute estere, destinate così verosimilmente a indebolirsi. Questo impatto, per giunta, tende ad amplificarsi man mano che i consumatori reperiscono beni sostitutivi e modificano le proprie abitudini di consumo. Nel lungo periodo, però, i dazi possono determinare un peggioramento delle prospettive di crescita negli Stati Uniti, fatto generalmente negativo per il biglietto verde. Un programma di politiche di bilancio espansive, analogamente, potrebbe aumentare le aspettative di crescita degli Stati Uniti e attirare flussi di capitale verso il Paese, favorendo così il dollaro, ma nel lungo periodo un maggior rapporto debito/PIL potrebbe esercitare una pressione di segno opposto sulla valuta.
3) Fondamentali dei mercati emergenti
I mercati emergenti si sono dimostrati resilienti dalla scorsa presidenza Trump resistendo a due guerre regionali e a una pandemia. I saldi con l’estero sono generalmente solidi (salvo che in alcuni mercati di frontiera) mentre l’inflazione ha subito una consistente moderazione rispetto ai picchi del 2022 e sta generalmente sperimentando un trend discendente in un contesto di politica monetaria ancora restrittivo. I punti deboli sono generalmente gli indicatori di finanza pubblica, ma gran parte dei principali mercati emergenti ha esteso il profilo di scadenza del proprio debito e oggi emette di più in valuta locale. Molti Paesi dei ME, se necessario, hanno anche margini per ridurre i tassi e sostenere la crescita I fondamentali delle società dei mercati emergenti sono anch’essi in buone condizioni, soprattutto rispetto a quelle dei mercati sviluppati; grazie a una tenuta relativamente buona durante la pandemia si trovano generalmente in una situazione migliore che nel corso di gran parte dell’ultimo decennio.
Investire nella congiuntura attuale
Nei mercati in valuta locale le valutazioni restano piuttosto attrattive dal momento che molte banche centrali dei mercati emergenti hanno alzato rapidamente i tassi quando le pressioni inflazionistiche hanno iniziato a intensificarsi nel 2022-2023 ma poi sono state più caute a tagliarli quando le pressioni si sono attenuate. Di conseguenza molti Paesi hanno margini per allentare le politiche con l’obiettivo di sostenere la crescita, se necessario, a condizione che l’inflazione rimanga sotto controllo. Nei mercati dei titoli di Stato in valuta forte le economie dei mercati emergenti presentano solidi fondamentali macroeconomici ma occorre una maggiore selettività per via di valutazioni eterogenee. I mercati emergenti con minori vulnerabilità esterne e squilibri interni offrono una maggior resilienza di mercato e più flessibilità, da parte delle autorità, per far fronte ai rischi esterni, benché in queste economie ad alto rating, generalmente, gli spread siano piuttosto ridotti. Credito corporate dei ME: i fondamentali dei titoli corporate dei mercati emergenti sembrano in una situazione migliore, in quanto i contabili delle società dei mercati emergenti hanno per la maggior parte adottato un approccio più prudente ai finanziamenti. Tali titoli presentano una composizione geografica e una struttura dei rischi piuttosto diverse da quelle delle obbligazioni sovrane, e quindi forniscono un elemento di diversificazione. All’interno del segmento corporate, le obbligazioni investment grade a minor scadenza si sono dimostrate piuttosto resilienti in periodi di volatilità potendo così contribuire a un posizionamento difensivo.