Seppur in un contesto ancora frenato dalle preoccupazioni per il possibile impatto sugli utili societari delle pressioni inflazionistiche e delle tensioni sulla supply chain, il sentiment degli operatori è stato risollevato da un avvio positivo della reporting season, con le principali banche americane che hanno riportato delle trimestrali sopra le attese.
Grazie al forte rimbalzo degli asset rischiosi del mese di ottobre, i mercati finanziari sembrano quindi aver schivato un’altra correzione, dopo quella di agosto legata alla variante Delta. Questa volta tra i catalizzatori vi sono l’accordo per il rinvio della soglia massima del debito pubblico USA a dicembre, che lascia un po’ di margine per approvare un piano fiscale composito che deve includere anche il maxi stimolo fiscale dell’Amministrazione Biden.
Inoltre, anche se gli investitori prezzano aggressivamente la rimozione anticipata dello stimolo monetario di alcune Banche Centrali cruciali come Fed e Bank of England, la pausa nell’ascesa dei rendimenti obbligazionari guidata dal ritracciamento dei tassi reali fornisce un contesto ancora molto positivo per il mercato azionario.
Come risultato, l’indice S&P 500 è ritornato in prossimità dei massimi storici di inizio settembre, con la perdita di vigore delle vendite sulla duration che hanno spinto in particolare il comparto tecnologico e con esso l’indice Nasdaq. Nonostante la sovraperformance del settore Growth rispetto al Valute, l’Europa ha comunque registrato la performance migliore a livello globale, superando anche la Cina e i Paesi Emergenti.
Sul fronte obbligazionario, positivo anche il mercato del credito, in particolare il corporate high yield ed Emergente, grazie alla discesa dei rendimenti del Treasury. Nonostante la recente pausa sul sell-off della duration, le aspettative di inflazione rimangono proiettate al rialzo ed il pricing del primo rialzo dei tassi diventa sempre più ravvicinato, con le curve dei rendimenti che stanno registrando un movimento di “bear flattening” tipico delle fasi di politica monetaria restrittiva, cioè l’appiattimento della parte breve e il rialzo parallelo della curva. Del resto, i nuovi dati disponibili sull’inflazione non segnalano un’attenuazione delle tensioni. Negli USA l’inflazione di settembre ha sorpreso al rialzo sia a livello headline (5,4%) che “core” (4%) e, per quanto vi siano evidenti distorsioni legate alla variante Delta ed alle strozzature all’offerta nei settori più ciclici come viaggi e automobilistico, le pressioni inflazionistiche continuano a diffondersi nel paniere di beni di consumo, in particolare le componenti legate agli affitti immobiliari. Nei Paesi Emergenti i prezzi alimentari stanno portando un po’ di sollievo in India e Cina, mentre in Brasile, Russia, nel resto dell’America Latina ed in Europa Orientale, l’inflazione continua a salire sostenendo una linea di politica monetaria sempre più restrittiva.
Sul fronte delle materie prime, in Europa la crisi energetica continua ad esercitare pressioni al rialzo sui prezzi e nonostante la disponibilità della Russia ad aumentare le forniture per ricostituire le scorte drammaticamente basse, la scarsa affidabilità fornita dal Paese ed il rischio di un inverno più freddo del previsto implicano che le tensioni sui prezzi del gas e dell’elettricità rimarranno elevate ancora per qualche mese, provocando nuove chiusure di impianti industriali dopo quelli già annunciati nei fertilizzanti e nella metallurgia.
Nel frattempo, in Cina la crisi energetica si unisce alla volontà del Governo di ridurre le attività nei settori più inquinanti, un trend che può accelerare con l’avvicinarsi delle Olimpiadi invernali di Pechino del prossimo anno prolungando la carenza di offerta in numerosi settori chiave, soprattutto delle commodities.