Considerazioni sul trimestre terminato
Fine trimestre decisamente meno euforica rispetto a quelli con cui era cominciato. Il Treasury è tornato intorno a quote 2,7 – 2,8% (ha anche superato il 3% di recente, NdR); la salita dei rendimenti è quindi contrastata da forze strutturali, come gli acquisti di titoli da parte di assicurazioni e fondi pensione, e dall’invecchiamento della popolazione. È tornata anche la volatilità. A marzo il ciclo rialzista di Borsa ha compiuto nove anni, il secondo più lungo della storia. Il ritorno della volatilità, comunque, è positivo; rappresenta l’avvisaglia di un ritorno alla progressiva normalità.
La vera novità del Q1 è la ventata della guerra commerciale, con l’approssimarsi delle elezioni di midterm americane. Per risalire nei sonda Trump sembra enfatizzare la retorica protezionista, passando però dalle parole della campagne elettorale ai fatti di concrete azioni governative. Le guerre commerciali non sono però facili da vincere, al contrario del pensiero del presidente americano. Sono facili da cominciare, difficilissime da governare, con conseguenze imprevedibili e sempre negative. Il timore di queste settimane è che l’escalation delle misure inietti veleno nella crescita globale. Negli ultimi 20 anni, l’ordine politico bipolare che c’era è crollato. Al suo posto, un ordine economico multilaterale, senza però un nuovo equilibrio politico generale. I mercati finanziari sono adesso privi di riferimenti geopolitici ai quali ancorare scenari di lungo periodo.
…e qualche considerazione sul nuovo
Alla minore prevedibilità delle politiche monetarie si deve aggiungere l’accresciuta incertezza politica. Il protezionismo è sabbia nei canali del commercio internazionale, e veleno per economie emergenti e crescita globale. L’altro elemento di preoccupazione è l’inflazione. Il mondo sviluppato si avvicina alla piena occupazione; è quindi lecito attendersi un ritorno di pressioni salariali, il che sarebbe una buona notizia. Più soldi in busta paga sono sempre una buona cosa, chiaramente. E poi sarebbe un chiaro segnale di ritorno alla normalità. Normalità fatta da un ciclo costituito da crescita economica, occupazione, inflazione.
Il rischio è quello dell’eccesso, magari favorito dallo stimolo fiscale in USA, dal dollaro debole e da prezzi del petrolio non esagerati. I mercati potrebbero oscillare tra la percezione dell’inflazione come segnale positivo di ripristino delle normalità e quella di overshooting, ovverosia di eccesso di inflazione, con conseguente aumento di rialzo dei tassi da parte delle banche centrali. Per i portafogli, l’inflazione è un rischio particolarmente insidioso. La parte obbligazionaria perde valore all’incremento dei rendimenti. Accade però lo stesso ai titoli azionari, perché aumenta il premio al rischio. Diventa quindi difficile trovare classi di attivo che non soffrano l’inflazione.
Quali suggerimenti per i portafogli?
Sale l’incertezza; quindi, affiancare alla direzionalità strumenti e strategie multiasset flessibili. Questi, chiaramente, consentono di approfittare in modo dinamico delle opportunità di mercato. La parte più vulnerabile è quella obbligazionaria. Tre strategie per ampliarne la diversificazione.
- Obbligazioni emergenti, con rendimenti migliori delle economie avanzate. Gli esportatori di commodities beneficiano della riduzione dei tassi di interesse. Quindi, cedola generosa, ed apprezzamento del corso del titolo.
- Cartolarizzazioni ipotecarie negli States. Rappresentano il 23% del mercato obbligazionario americano, il più vasto e liquido dopo i Treasuries. A parità di scadenza, offre rendimenti superiori a quest’ultimo.
- Emissioni subordinate. Semplicità ed intelligenza del combinare insieme la struttura di capitale più debole di un’emittente di qualità elevata. Cambia la prospettiva; il maggior rendimento delle subordinate viene collegato alla bassissima probabilità di default dell’emittente.
Nei prossimi mesi si entrerà probabilmente in mercati ad ancora maggiore volatilità. Sarà probabilmente il caso di minimizzare i rischi di drawdown, ovverosia di perdite potenziali. Cambiano i mercati, devono cambiare i portafogli.