La natura, con le risorse e le funzioni che fornisce, è alla base dell’economia e sostiene la vita sulla Terra. Tuttavia, gli indicatori sulla salute degli ecosistemi stanno andando nella direzione sbagliata, secondo il Gruppo intergovernativo sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici:
La natura è in declino a livello globale
Il 75% della superficie terrestre è stato significativamente degradato
L’85% delle aree umide è andato perduto
Il 25% delle specie valutate sono minacciate
Il 50% delle barriere coralline sono morte o distrutte
20% di diminuzione dell’abbondanza di specie autoctone
Fonte: Valutazione IPBES, 2019
Man mano che cresce la consapevolezza verso le ripercussioni di queste tendenze, le parti interessate si stanno coalizzando intorno all’obiettivo globale di arrestare e invertire la perdita di natura entro il 2030 e di rigenerarla a lungo termine. Questo sta plasmando la regolamentazione. Nell’evoluzione di questo tema vediamo quattro meccanismi che possono tradursi in rischi e opportunità per gli investitori:
- Le aziende che causano impatti negativi sulla natura dovranno affrontare rischi e costi maggiori;
- Le operation e le catene di fornitura delle aziende sono sempre più a rischio di interruzione;
- Aumento dei rischi sistemici e rischi sovrani;
- Flussi finanziari mutevoli e nuove opportunità di investimento.
Valuteremo ciascuno di questi aspetti per identificare impatti per le aziende e i portafogli.
Aziende che causano impatti negativi sulla natura
Aumentano le pressioni per ridurre e invertire i danni alla natura attraverso una regolamentazione più severa delle pratiche dannose, una maggiore sorveglianza delle catene di approvvigionamento, tasse sulle attività inquinanti e un aumento dei contenziosi. Ne sono un esempio la strategia Farm to Fork dell’Ue, che prevede la riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti dannosi entro il 2030, i negoziati per un trattato globale sull’inquinamento da plastica e l’estensione dei requisiti di due diligence per i prodotti legati alla deforestazione. La mancata gestione di questi rischi potrebbe comportare un aumento dei costi operativi, una riduzione dei ricavi, una perdita di accesso ai mercati e un aumento dei costi di capitale. Le aziende che dispongono di catene di approvvigionamento tracciabili, che utilizzano le risorse in modo più efficiente e che innovano per fornire prodotti a minore impatto, invece, potrebbero avere maggiori opportunità. L’utilizzo dei cinque fattori di perdita della natura identificati dalla piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES), ciascuno dei quali può essere collegato a una serie di attività e impatti aziendali, fornisce un quadro di riferimento per identificare i rischi materiali tra le aziende e nei portafogli (Figura 1). Le informazioni fornite dalle aziende su molti di questi temi non sono uniformi, ma le iniziative esterne forniscono input preziosi: ad esempio, i dati sulla deforestazione di Forests 500 e CDP Forests; plastiche della Fondazione Ellen MacArthur; i dati sulle sostanze chimiche della Ellen MacArthur; i dati sulle sostanze chimiche di ChemSec; dati sulla qualità delle acque reflue provenienti dalle agenzie di regolamentazione e da CDP Water; e una serie di dati della World Benchmarking Alliance.
Aumento del rischio sistemico e sovrano
I rischi legati alla natura si ripercuoteranno anche sull’economia in generale, con impatti sull’inflazione, sul Pil, sulle interruzioni del commercio e sui disordini sociali. Il World Economic Forum stima che il 55% del Pil mondiale dipenda dalla biodiversità e dai servizi ecosistemici ad alto funzionamento, evidenziando la portata del problema, mentre la Dasgupta Review del Tesoro britannico nel 2021 ha sostenuto che l’intera economia è “incorporata” nella natura. Le istituzioni finanziarie dovranno affrontare dei rischi. Studi condotti dalle banche centrali olandese e francese stimano che tra il 36% e il 42% dei portafogli delle loro istituzioni finanziarie è costituito da attività che dipendono fortemente dalla natura. Analogamente, uno studio della Banca Mondiale sulle banche brasiliane ha rilevato che il 20% dei portafogli di credito è altamente dipendente dalla natura.
Il potenziale di feedback negativo tra la natura e il cambiamento climatico è un’altra preoccupazione. Le foreste, il suolo e gli oceani immagazzinano carbonio, ma il cambiamento climatico può ridurre la loro capacità di farlo, aumentando le emissioni nette e limitando il potenziale delle soluzioni basate sulla natura. Il cambiamento climatico può anche ridurre la resilienza degli ecosistemi, ad esempio modificando l’idoneità dell’habitat, riducendo la disponibilità di acqua o modificando i modelli meteorologici. Gravi eventi come la riduzione delle piogge in Amazzonia, che avrebbero importanti conseguenze per le economie regionali e sui sistemi alimentari, potrebbero anche diventare più probabili. Le economie che sembrano essere potenzialmente più a rischio a causa della dipendenza dalla natura del loro del loro Pil e degli indicatori negativi della salute degli ecosistemi sono Sudafrica, India, Turchia, Messico, Brasile e Argentina. Con l’evolversi di tutti questi fattori, ci aspettiamo di vedere una minore disponibilità a investire in società legate ad attività dannose; un aumento degli investimenti in attività reali e in nuovi tipi di attività come la silvicoltura, l’agricoltura sostenibile e i blue bond; e nuove opportunità di investimento in tecnologie che possono contribuire a ridurre l’impatto sulla natura.
Evitare i danni e trovare nuove opportunità
I Regolamenti Europeo sulla Finanza Sostenibile 2021 (SFDR) stanno già portando a un maggiore controllo dei precedenti delle aziende e del loro coinvolgimento negli impatti e nelle controversie legate alla natura. Un numero crescente di investitori sta adottando esclusioni relative alla natura, ad esempio natura – ad esempio, in occasione della COP26 gli investitori globali si sono impegnati ad eliminare la deforestazione dai portafogli entro il 2030. Questa tendenza probabilmente continuerà. La prossima fase della tassonomia dell’Ue potrebbe orientare gli investimenti verso le aziende che hanno un impatto positivo sulla biodiversità. Tuttavia, riteniamo che la bozza di criteri sia definita in modo restrittivo, portando potenzialmente solo una piccola parte delle aziende a dimostrare l’ammissibilità. Più positivamente, riteniamo che lo sviluppo di questo tema sosterrà le opportunità di investimento a lungo termine nelle tecnologie che possono aumentare la produttività nell’uso delle risorse.
Conclusione
La perdita di natura e biodiversità è un tema complesso e in rapida evoluzione. Le condizioni economiche del 2022 potrebbero essere un ostacolo agli sforzi per ridurre la perdita di natura, ma nel tempo l’entità dei rischi aumenterà la pressione per ridurre gli impatti e rimediare ai danni. Pietre miliari come la COP15 delle Nazioni Unite su un accordo globale sulla biodiversità, le relative proposte normative e iniziative come la Task Force for Nature-related Financial Disclosures per l’informativa finanziaria sulla natura daranno un’indicazione del ritmo dell’evoluzione evoluzione e rimarranno al centro della nostra ricerca e impegno.