I mercati obbligazionari hanno ottenuto buoni risultati da inizio anno sull’onda della svolta espansiva della Fed, con il presidente Powell che si è concentrato sulla necessità di essere pazienti e la prossima mossa che potrebbe essere un rialzo dei tassi così come un taglio. Gli sviluppi in questo caso non solo hanno portato a un rialzo dei mercati dei tassi di interesse, ma anche gli asset rischiosi hanno ricevuto la spinta di cui avevano un gran bisogno dopo il sell off del quarto trimestre 2018.
Riteniamo che la barra per il ritorno all’aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed sia fissata piuttosto in alto, data la recente comunicazione del board, che sottolinea che l’obiettivo di inflazione è simmetrico, e come tale avremmo bisogno di vedere pressioni inflazionistiche sostenute ben al di sopra del 2% prima che essi sentano il bisogno di aumentare nuovamente.
Visto che l’inflazione è frenata dalle tendenze a lungo termine legate al cambiamento tecnologico, demografico e della bassa produttività, non ci aspettiamo che i bassi tassi e il contesto inflazionistico degli ultimi anni cambino. Riteniamo pertanto che i mercati dei tassi d’interesse possano continuare a registrare buoni risultati, laddove qualsiasi vendita offre l’opportunità di aumentare la duration.
Riteniamo che questo contesto sia di supporto anche per i mercati del credito, dato che gli spread sono prossimi alla media quinquennale tra i segmenti, che gli investitori apparentemente hanno un posizionamento più leggero sul credito e che le banche centrali a livello globale hanno eliminato la loro tendenza all’inasprimento, migliorando il contesto di liquidità.
Dato l’inasprimento osservato negli spread da un anno all’altro, riteniamo che gli utili aziendali dovranno procedere senza intoppi per tutto il resto dell’anno per consentire la prosecuzione dello slancio. Mentre quest’anno la crescita degli utili dovrebbe essere più modesta rispetto al 2018 a causa di un contesto economico più debole e del venir meno dell’impatto della riforma fiscale negli Stati Uniti, la crescita dovrebbe comunque essere abbastanza solida da ridurre i timori legati alla recessione degli utili.
Inoltre, anche se in alcuni settori colpiti dal rallentamento della Cina e dalla guerra commerciale, come quello delle automobili e dei materiali, la compressione dei margini è stata osservata, tale impatto potrebbe rapidamente attenuarsi se si riuscisse a concludere un accordo tra Stati Uniti e Cina. La recente escalation della guerra commerciale ha avuto un impatto negativo sui mercati di rischio, tuttavia, dato che il mercato azionario è uno dei fattori chiave sul quale Trump misura il suo successo, sospettiamo che egli non voglia che la debolezza si spinga troppo oltre. Di conseguenza, alla fine si dovrebbe concludere un accordo, anche se i rischi di un ulteriore ritardo sono chiaramente aumentati.
Nel complesso, con una mancanza di chiarezza su come si svolgeranno i negoziati commerciali USA-Cina e mentre gli investitori discutono maggiormente le condizioni della fase finale del ciclo economico, consideriamo questo come un contesto che giustifica duration maggiori per integrare il rischio di credito nel tentativo di costruire portafogli sempre più equilibrati, soprattutto in un momento in cui la Fed non ha una tendenza all’inasprimento monetario. Inoltre, riteniamo che una forte focalizzazione sugli strumenti di credito liquidi come core holding (ad esempio gli indici CDS) sia cruciale, dato che il mercato è apparentemente meno liquido. Questi strumenti infatti consentono una maggiore flessibilità in caso di aumento della volatilità.