All’inizio dell’anno le obbligazioni offrivano rendimenti che non si vedevano dai tempi della grande crisi. Molti investitori (in particolare nell’Europa continentale) hanno deciso di assicurarsi un tasso di rendimento effettivo a scadenza interessante investendo in fondi obbligazionari a scadenza fissa, prevalentemente IG e in una certa misura anche HY – per chiarire, ad esempio, al momento è ancora possibile ottenere circa l’8% di rendimento sui segmenti BB/B+.
Gli investitori hanno chiesto consulenza e la maggior parte ha optato per la gestione attiva per paura di investire in società zombie in un momento di contrazione della liquidità e di alti livelli di debito (pubblico e privato).
Nello spazio offshore statunitense e nel Regno Unito, gli investitori hanno privilegiato i titoli di Stato a breve termine (Treasury a 2 anni e Gilt) per il loro rendimento interessante, ma soprattutto per la loro mancanza di duration, a seguito di una doppia fase di mercato orso sia sul fronte obbligazionario che azionario nel 2022 che ha impattato sugli investitori retail/wholesale. Notevole anche il forte appetito degli investitori per il debito, sia governativo che societario, dei Paesi emergenti per molteplici ragioni, tra cui: rendimento, prospettiva di una flessione del biglietto verde, l’upgrade dei rating EM e quella che sembra essere un’inflazione contenuta meglio in alcuni Paesi emergenti rispetto ai mercati sviluppati.
Il reddito fisso non ha mantenuto la promessa di un forte rimbalzo nel 1° semestre 2023, ma non sono mancate obbligazioni che hanno offerto buoni rendimenti. L’HY ha avuto una corsa fantastica dall’inizio dell’anno, ma è opinione comune sia diventato costoso. Inoltre, il debito immobiliare commerciale inizia a dare qualche dubbio e l’HY verrebbe visto come il tramite di un potenziale evento creditizio sistemico.
In base ai portafogli che abbiamo analizzato, sembra tuttavia che l’interesse per le obbligazioni sia ancora forte. Osserviamo che le obbligazioni governative a lungo termine (7 o più anni – la parte lunga della curva), che quest’anno sono state per lo più evitate nella maggior parte dei portafogli retail/Wholesale, stiano iniziando a rientrare nei portafogli grazie alla stabilizzazione dei tassi a lungo termine e alla riduzione dell’inflazione.
Più in generale, si può dire che gli investitori hanno voltato pagina rispetto al denaro facile/QE e i prodotti a tasso stanno tornando a far parte dei portafogli. Ciò sembra avvenire a scapito di altre asset class, come le azioni, per le quali molti investitori hanno assistito al rally di fine anno senza parteciparvi.
Nei portafogli istituzionali abbiamo riscontrato un forte interesse per il debito infrastrutturale, soprattutto perché è ancorato all’inflazione, ma anche perché è un modo per finanziare contemporaneamente un progetto di transizione verde/energetica. A questo proposito, è probabile che il finanziamento della transizione energetica diventi presto un tema caldo, anche perché avrà un impatto sui tassi e sull’allocazione del capitale a livello globale.