di Carlo Benetti (Gam Italia sgr)

Per investitori e banchieri centrali è l’ora del realismo

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Luglio è stato un mese effervescente, uno dei mesi migliori degli ultimi due anni. A guardare meglio, le performance sono state fortemente concentrate su pochi titoli e il combustibile del rally dell’S&P 500, quasi il 9%, è stato soprattutto nella speranza che la Federal Reserve inverta i tassi nel corso del 2023.

Il meeting di Jackson Hole, in questo senso, ha aiutato gli operatori di mercato a comprendere meglio le intenzioni del presidente della Fed. In un intervento durato meno di 9 minuti, Jerome Powell si è concentrato soprattutto nel ribadire la determinazione della banca centrale americana a contrastare l’aumento dei prezzi.

La determinazione di Powell era attesa, ma ciò che ha contrariato i mercati è stato il costo della lotta all’inflazione: “un prolungato periodo di crescita inferiore al trend” ha apertamente ammesso il capo della Fed. “Se da un lato l’aumento dei tassi di interesse, il rallentamento della crescita e l’indebolimento delle condizioni del mercato del lavoro faranno scendere l’inflazione, dall’altro comporteranno una certa sofferenza per le famiglie e le imprese”.

Powell è stato realista, non avrebbe potuto alzare i tassi prima, ricorda saggiamente Raghuram Rajan, perché avrebbe corso il rischio di rallentare la crescita e non avrebbe avuto adeguata copertura politica, ciò che invece accadrà ai tassi futuri è nell’ordine delle congetture, perché tutto gira attorno al prezzo del gas, una grandezza esterna al perimetro di intervento dei banchieri centrali.

Con realismo, per quanto sia sgradevole dal punto di vista dell’ambiente, bisogna riconoscere che la macchina della crescita globale ha ancora bisogno di combustibili fossili: da anni non sono più stati fatti investimenti significativi nell’estrazione e nell’esplorazione e oggi facciamo i conti con strozzamenti strutturali nella raffinazione. Lo sfasamento tra l’offerta e la domanda è una condizione destinata a prolungarsi nel medio periodo.

Sarà un inverno difficile, ai prezzi del gas stellari si aggiungerà il rischio della riduzione, o sospensione, delle forniture dalla Russia. Il gas che brucia ai confini della Finlandia è plastica immagine delle contraddizioni e della posta in gioco: senza nessuna cura del futuro e dei rischi ambientali, si inonda di anidride carbonica il ghiaccio dell’Artico e si profila con nitore il vero obiettivo della Russia, ossia trasformare la crisi energetica in crisi economica e alimentare, fomentando in tal modo il malcontento nelle pubbliche opinioni.

La guerra economica tra Russia e Occidente è sempre più manifesta e il prezzo del gas ne è l’arma più efficace. Per quanto si acceleri il passo verso le energie rinnovabili e la ricerca di alternative alle forniture russe, c’è bisogno di tempo.

Mancano soluzioni tecnologiche per lo stoccaggio dell’energia pulita e ci vorranno anni per la messa in funzione di mini-reattori nucleari come quelli previsti nel Regno Unito. Tutte le possibili alternative richiedono tempo, non rivedremo a breve l’energia a basso costo.

È tempo di realismo anche per gli investitori. È stato realista Powell, non si può ancora parlare di recessione negli Stati Uniti, i due trimestri di contrazione si specchiano in un robusto mercato del lavoro e nei benevoli segnali dell’inflazione di base.

Buona parte dei prezzi elevati è dovuta ai prezzi dell’energia e alle difficoltà nelle forniture causate dalla politica cinese della tolleranza zero e delle conseguenti chiusure, fattori che ci si augura siano temporanei.

Poche settimane fa scrivevamo che in presenza di molteplici variabili, quando è più difficile riconoscere i segnali dai rumori, vince chi sbaglia meno, chi controlla il gioco senza prendere rischi eccessivi. Il realismo impone la prudenza nel breve termine, senza però smettere di guardare, realisticamente, al medio e lungo periodo superando le (comprensibili) ansie del presentismo.

Come investire con realismo?

Le preferenze settoriali di più lungo termine si orientano a settori in grado di generare forti utili anche nelle fasi di bassa crescita, come ad esempio il tecnologico, o ad aree geografiche e paesi come emergenti e Cina. Gli emergenti pagano le conseguenze di due forti venti contrari, i costi dell’energia e il dollaro forte ma, d’altro canto, nel più lungo periodo il caso dei mercati emergenti come luogo di investimento per noi in Gam non cambia:

  1. l’espressione mercati emergenti comprende aree e paesi tra loro molto diversi per sistemi economici e politici, la selezione e la gestione attiva sono strumenti irrinunciabili;
  2. molti paesi emergenti sono più avanti nel ciclo di restrizione monetaria;
  3. in termini aggregati i tassi d’interesse, le valute e i mercati del credito dei mercati emergenti restano a buon mercato.