di Andrew Lake (Mirabaud AM)

Perché è troppo presto per parlare di recessione

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Il dato relativo all’indice dei prezzi al consumo (CPI) di venerdì 17 giugno è stato inaspettatamente elevato e ha provocato un drastico calo dei mercati, poiché i timori di inflazione (e stagflazione) sono tornati in primo piano nella mente degli investitori. Inoltre, la decisione della Banca Centrale Europea di adottare una posizione più da falco, ha determinato la scorsa settimana una drastica rivalutazione delle obbligazioni europee. Le successive dichiarazioni relative a un rialzo di 25 punti base a luglio sembrano aver posizionato la Bce dietro la curva e la conseguenza è stato un sell off dei Bund.

Il nuovo atteggiamento da falco della Federal Reserve è in realtà positivo, in quanto un intervento deciso e tempestivo è esattamente ciò che vuole il mercato per calmare i timori inflazionistici. Sembra che il mercato stia già prezzando un irrigidimento delle condizioni monetarie.

Non dimentichiamo che l’inflazione è un fenomeno retrospettivo. Nessuno dei rialzi dei tassi ha già avuto effetto, ma la fiducia dei consumatori sta già calando: ciò avrà un impatto sulla domanda, proprio quando si iniziano a vedere miglioramenti delle catene di approvvigionamento.

La reazione del mercato è stata forte, ma siamo tornati solo ai livelli precedenti al rally di maggio. È chiaro che il tasso di riferimento è salito di nuovo verso l’alto, il che comporta un nuovo pricing del rischio, ma dovremo vedere come si evolverà la situazione nei prossimi due mesi. La curva dei Treasury è ora di nuovo invertita e i timori di recessione sono tornati in primo piano. Lo spread a 3 mesi/10 anni è ancora a 184 pb (dati Bloomberg), un dato ancora non allarmante per la Fed[1].

Indice dei prezzi al consumo

Non c’è dubbio che il nuovo dato sia stato una vera sorpresa e anche una delusione per la maggior parte degli operatori di mercato. Il calo che ne è conseguito ha visto la Federal Reserve muoversi in modo più aggressivo sui tassi, ma è anche sembrato in contrasto con alcuni dei dati sull’inflazione che abbiamo visto. Il Cpi di aprile è stato molto più debole, mentre il dollaro più forte tende ad alleggerire le pressioni inflazionistiche e abbiamo già iniziato a vedere un calo dei beni durevoli, poiché i consumatori sono passati ai servizi. Di fronte a tutto questo, il dato di maggio potrebbe essere un’anomalia? È troppo presto per dirlo e i dati sono stati negativi, quindi non indoriamo la pillola: è necessaria una certa cautela. Continuiamo a pensare che l’inflazione sarà duratura nei prossimi mesi, ma ci aspettiamo un certo allentamento verso il 4° trimestre, soprattutto quando si dovrà fare i conti con le eccedenze di scorte.

Dollaro USA

Il consensus vede il dollaro Usa rimanere forte. Data l’inclinazione più falco della Bce, il tasso euro/dollaro dovrebbe stabilizzarsi un po’, ma non ci aspettiamo un dollaro più debole finché non avremo superato i prossimi mesi di incertezza sull’inflazione e sul percorso dei tassi di interesse. Se la Fed diventerà più aggressiva sui tassi, la forza del dollaro ne sarà favorita.

L’oro

In teoria dovrebbe fornire una copertura contro l’inflazione, ma in realtà il costo opportunità derivante dal non possedere altri asset (come i Treasury a breve scadenza) sta diventando elevato. Questo è forse il motivo per cui l’oro ha registrato una performance meno forte del previsto. Considerando l’aumento dell’inflazione, l’elevato rischio geopolitico e la volatilità, l’oro dovrebbe essere uno degli asset più performanti, ma ad oggi ha un prezzo di circa $1.800 l’oncia. Secondo Bloomberg, quando i tassi statunitensi saliranno in modo aggressivo, con l’annessa forza del dollaro Usa, l’oro potrebbe subire pressioni. Sempre secondo Bloomberg, l’oro ha raggiunto un prezzo di $1.500 per oncia l’ultima volta che i tassi statunitensi hanno raggiunto il 2,5%.

View di mercato e outlook

Riteniamo che i prossimi 2-4 mesi saranno volatili, poiché l’inflazione rimarrà elevata e la crescita inizierà a rallentare, con i timori di stagflazione che aumenteranno nel breve periodo. I dati del secondo trimestre saranno deboli e sarà fondamentale guardare alle prospettive, ma ci aspettiamo una compressione dei margini e un eccesso di scorte, con conseguente diminuzione dei prezzi. I consumatori stanno già dirigendo maggior attenzione alla spesa per i servizi rispetto ai beni durevoli. L’inflazione dei servizi inizierà a diminuire con la fine della stagione estiva e i consumatori inizieranno a dare priorità alla spesa. Le catene di approvvigionamento stanno già mostrando segni di miglioramento: le tariffe di trasporto continuano a diminuire. L’inflazione inizierà a diminuire di mese in mese nel terzo/quarto trimestre. Per ora rimaniamo concentrati sul reddito fisso di qualità, sulla duration e sulla copertura del credito.

Riteniamo che la maggior parte delle notizie negative sia già stata prezzata. Il fatto che la Federal Reserve abbia già aumentato i tassi d’interesse sarà in ultima analisi un fatto positivo. L’Europa ha meno possibilità di scelta, dato il contesto economico meno solido, la maggiore vulnerabilità energetica e la debolezza dei Paesi periferici (in particolare l’Italia), ma i tassi stanno salendo ed è iniziato un riprezzamento.

I dati varieranno molto soprattutto con l’inflazione dei carburanti e dei generi alimentari, ma il contesto economico generale è ancora solido, l’occupazione è forte ed è troppo presto per iniziare a parlare di errori nelle politiche, di recessione e di inflazione permanentemente elevata.