di Martina Daga (AcomeA)

Perché la prossima decisione della Fed sui tassi non è scontata

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Si preannuncia tutt’altro che scontata la decisione sui tassi di interesse della Fed alla prossima riunione del Federal Open Market Committee del 13 e 14 giugno.

In occasione della riunione di politica monetaria di inizio maggio la Fed ha deciso all’unanimità di alzare i tassi di 25 punti base segnalando una pausa condizionale, ovvero la disponibilità a fermare il ciclo dei rialzi qualora le condizioni lo permettano.

Ma le condizioni macroeconomiche sono consistenti o meno con una pausa del ciclo restrittivo? Dai verbali della riunione, pubblicati qualche settimana dopo il meeting, è emersa una divergenza di opinioni all’interno del board circa la necessità di ulteriori aumenti dei tassi di riferimento dopo il rialzo di maggio. “Some participants” hanno riconosciuto la necessità, considerando la lentezza dell’inflazione a scendere verso il 2%, di ulteriori misure restrittive di politica monetaria. “Several participants”, invece, hanno notato che ulteriori aumenti, dopo il meeting di maggio, non dovrebbero essere necessari alla luce delle attuali prospettive.

La divergenza è emersa anche dalle recenti dichiarazioni pubbliche dei membri del board della Fed. Come osservato da Christopher Waller, Membro del board della Fed, le opzioni sul tavolo della prossima riunione di politica monetaria sono: continuare con i rialzi; saltare un meeting e lasciare le porte aperte ad ulteriori aumenti in futuro; segnalare una pausa nel ciclo dei rialzi.

Il numero uno della Fed, Jerome Powell, dopo il meeting di maggio, ha mantenuto un tono molto dovish, sottolineando il ritardo temporale con cui la politica monetaria ha effetti sull’economia reale, come le tensioni nel settore bancario abbiano contribuito all’inasprimento delle condizioni finanziarie mentre i rischi derivanti dal fare troppo o dal fare troppo poco sono ora più bilanciati.

Dello stesso parere prudente sono stati altri membri del board, Mary Daly e Raphael Bostic. Di recente Lorie Logan, Neel Kashkari, Patrick Harker e il vicepresidente della Fed, Philip Jefferson, hanno sottolineato che “to skip” un meeting non implica una pausa: potrebbe cioè essere necessario non alzare il costo del denaro a giugno per prendere tempo e valutare l’effetto dei rialzi cumulati sull’economia; ma, successivamente, potrebbero essere necessari ulteriori rialzi.

Infine, James Bullard e Loretta Mester, tra i più hawkish del board ma che voteranno al prossimo meeting, hanno segnalato di essere favorevoli a continuare con rialzi dei tassi di riferimento anche a giugno.

Nell’attuale contesto l’economia ha iniziato a dare qualche timido segnale di contrazione e l’inflazione sta rallentando, ma troppo lentamente. Ci si chiede, inoltre, se l’inflazione effettivamente convergerà verso il target del 2% nel breve periodo o se rimarrà più elevata più a lungo.

Prendere tempo e valutare altri dati può essere una strategia adatta a un simile contesto.

In questo momento il mercato assegna una bassa probabilità di un aumento a giugno, prezzando invece circa 20 punti base di rialzi entro il meeting di fine luglio.