Recessione, crisi energetica e fiducia nel nuovo esecutivo: come i mercati guardano all’Italia
L’Italia rimane un ingranaggio di vitale importanza all’interno del progetto dell’eurozona. Il governo uscente ha consolidato questa posizione, infondendo fiducia ai politici europei e agli operatori di mercato sulla direzione di marcia dell’economia italiana e sull’impegno nei confronti dell’Europa. Questa fiducia ha permesso al governo Draghi di concentrare risorse in settori che sostengono l’economia in questo periodo in cui i prezzi energetici hanno subito un’impennata senza precedenti, generando anche benefici a lungo termine attraverso le riforme.
La fiducia è uno dei beni più importanti per i mercati. Il cambio di governo potrebbe mettere a dura prova la fiducia degli operatori di mercato. Attualmente in Italia la coalizione di centro-destra ha cercato di dissipare i timori di un allontanamento dell’Italia dall’Europa, ma rimangono alcune preoccupazioni legate alla possibilità di dare forza alle voci più estremiste all’interno della coalizione di maggioranza, innescando un confitto tra la Commissione europea e il governo italiano.
Dalla crisi dell’eurozona del 2010-2011, l’Italia ha faticato a riscuotere un significativo appeal tra alcuni dei nostri investitori, molti dei quali provengono da Paesi del Nord Europa: questo ci ha portato in passato ad assumere poche posizioni sull’Italia. Tuttavia, in seguito alla significativa sottoperformance dell’Italia durante le prime fasi della pandemia da Covid-19, abbiamo assunto una posizione più positiva, ritenendo che vi fosse un ampio margine di rialzo grazie agli ingenti acquisti di debito da parte della Bce e, cosa altrettanto importante, al Recovery Fund, che a nostro avviso ha rappresentato un passo significativo verso la mutualizzazione del debito.
Queste dinamiche sono ora cambiate. La Bce non sta più acquistando debito italiano su base netta e potrebbe avviare il “quantitative tightening” nei prossimi mesi. Inoltre, la situazione politica italiana è diventata più incerta: siamo in attesa di capire se il nuovo governo opterà per un aumento del deficit fiscale e soprattutto come si relazionerà con la Commissione europea. Sebbene la volontà dell’Europa appaia più forte che mai, temiamo che una recessione combinata con il razionamento del gas naturale possa indebolire tale determinazione e portare a un’ulteriore sottoperformance dell’Italia, data la sua forte dipendenza dal gas russo.
Per quanto riguarda la nostra view sui titoli di Stato italiani, nel breve termine, temiamo che la combinazione tra la fine degli acquisti netti di attività da parte della Bce, il possibile “quantitative tightening” e ulteriori rialzi dei tassi, nonché l’ipotesi di un nuovo governo non ancora collaudato, potrebbe avere un impatto negativo sui titoli di Stato. Con la stretta monetaria e la compressione dei proventi, uno scenario recessivo appare sempre più probabile, cosa che verosimilmente metterà sotto pressione i deficit fiscali. Dato l’elevato contesto inflazionistico, non riteniamo che la Bce possa ricominciare a breve gli acquisti e quindi gli acquirenti del debito italiano saranno operatori più sensibili al prezzo e potrebbero richiedere rendimenti più elevati per compensare il rischio aggiuntivo.
Nel lungo termine, lo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria (Tpi), recentemente introdotto dalla Bce, dovrebbe contribuire a mettere un freno agli spread dei Paesi, ma è improbabile che venga attivato fino a quando non si verificheranno ulteriori tensioni sul mercato. Prevediamo, inoltre, che l‘eurozona continuerà a gravitare verso un’ulteriore mutualizzazione che dovrebbe essere di supporto al debito italiano, anche se questo potrebbe cambiare con l’evolversi dello scenario politico.
In riferimento al mercato obbligazionario corporate, attualmente, la performance delle obbligazioni societarie italiane è rimasta allineata a quella dei mercati del credito della zona euro. Di conseguenza, fatichiamo a vedere molte opportunità in Italia in questo momento, soprattutto per la significativa esposizione dell’economia italiana al gas russo.