ROMA (WSI) – L’articolo pubblicato su “Il Sole 24 Ore” a firma di Laura Serafini che tratta del nuovo Fondo temporaneo obbligatorio previsto dalla nuova legge di riforma produce, per diversi aspetti, un certo sconcerto in chi ha a cuore le sorti del Credito Cooperativo.
Innanzitutto, ancora una volta i soggetti interessati, ossia le Banche di Credito Cooperativo (BCC), vengono tenute all’oscuro dei contenuti specifici della nuova legge di riforma delle BCC, in particolare di quella che può essere senza dubbio definita la prima applicazione della nuova legge n. 49/2016.
Inoltre, la scelta di annunciare il contenuto e l’avvenuto invio a Bankitalia dello statuto del Fondo temporaneo promosso da Federcasse attraverso un quotidiano che, seppur prestigioso ed autorevole, non è certamente promotore degli interessi della cooperazione e del mutualismo, rappresenta, forse, il sintomo della comune volontà di “omologare” il Credito Cooperativo al resto del sistema bancario.
A parte le questioni legate alla consueta poca trasparenza, preoccupano principalmente gli impegni finanziari previsti a carico del sistema del Credito Cooperativo necessari per il soccorso delle potenziali BCC in stato di crisi; si parla di una dotazione iniziale del Fondo, ossia di impegni finanziari, per circa 400 milioni di euro che potrebbero arrivare ad 1 miliardo, cifra esattamente corrispondente all’ammontare minimo di patrimonio netto richiesto per la costituzione della capogruppo. Oltre all’ammontare del Fondo, preoccupa altresì l’indeterminatezza dello stesso.
Anche i motivi della ritardata entrata in funzione del Fondo destano delle perplessità che alimentano quei dubbi di legittimità costituzionale della nuova legge di riforma sollevati da più parti. In effetti, sembrerebbe prevedersi l’entrata in funzione del Fondo solo dopo il 15 giugno 2016, ossia dopo la scadenza del termine concesso alle BCC con un patrimonio netto al 31 dicembre 2015 superiore a 200 milioni per poter decidere di non aderire ad uno o più gruppi bancari cooperativi (GBC), la c.d. way out.
Come a dire che, le poche BCC che avranno la facoltà di scegliere se aderire o meno al GBC, avranno anche la possibilità di confrontare il costo della way out (20% del patrimonio netto al 31/12/2015 da versare allo Stato) con quello dell’appartenenza al gruppo (impegno per la partecipazione obbligatoria e versamento al Fondo), mentre le altre potranno solo aspettare che venga presentato il conto.
Risoluzioni crisi banche da riconsiderare
Tornando al Fondo temporaneo, invece, sia in sede giornalistica che in altre circostanze, sono stati sollevati dubbi relativamente al fatto che esso possa configurare un “aiuto di Stato”, atteso che il Fondo, seppure temporaneo, è comunque di natura obbligatoria ed esplica i suoi effetti nei confronti di tutte le BCC (che non esercitano la way out) prima della costituzione del gruppo o dei gruppi, al punto da poterne, addirittura, comprometterne, o comunque influenzarne, la costituzione (a maggior ragione se si parla di un importo complessivo del Fondo di 1 miliardo di euro).
A tal proposito, è ragionevole ritenere che dirimente sarà il pensiero della Bce, anche perché la giustificazione addotta nella pubblicazione de “Il Sole 24 Ore” appare debole e contraddittoria quando afferma che “La durata limitata e poi il subentro del nuovo gruppo bancario nei pregressi impegni, nelle attività in corso e nei rapporti giuridici in essere derivanti dall’attività del fondo dovrebbero mettere al riparo dal rischio di aiuto Stato, salvo comunque la possibilità di richiedere i finanziamenti al soggetto aiutato nel caso di contestazione da parte della Ue”, ammettendo, tra l’altro, l’esistenza dei rischi di cui si discute.
Tuttavia, in generale, a prescindere dai rischi legati alla normativa sugli aiuti di Stato, forse sarebbe utile riconsiderare le modalità di risoluzione delle crisi bancarie, dal momento che è impensabile immaginare che tutte le crisi possano essere risolte prendendo risorse da alcune banche per destinarle ad altre (Fondo di risoluzione del D.lgs. n. 180/2015, Fondo Atlante, Fondo temporaneo, Fondo di garanzia istituzionale, ecc.).
Forse anche altri strumenti noti, e da tempo utilizzati dalle aziende appartenenti al sistema
industriale non bancario, potrebbero rivelarsi utili, come quello della liquidazione appena attuato per la BCC Creditveneto o la cessione parziale dell’azienda bancaria seguita da un piano di risanamento o di liquidazione o il combinato disposto di vari strumenti alternativi.