Il presidente americano Donald Trump è intervenuto in materia fiscale, varando una nuova riforma fiscale “davvero articolata e complessa, la più importante dal 1986”, come la descrive il commercialista Filiberto Calascibetta, che lavora ad Atlanta per uno studio internazionale.
Tuttavia per la maggioranza delle aziende italiane (non multinazionali), le novità principali che daranno un beneficio importante per le imprese possono essere ricondotte alle seguenti:
- Riduzione dell’aliquota per le imposte sui redditi federale al 21% (“IRES federale”), contro una precedete aliquota progressiva che saliva al 34% al raggiungimento di utili tassabili di circa $300k. A tale nuova aliquota federale, come per il passato, si aggiunge la tassazione degli Stati membri della Federazione, che rimane variabile da Stato a Stato, ed che ha un impatto effettivo contenuto in un range tipico tra 2/3% e il 5/6%. In sostanza, con la riforma fiscale “Trump” l’imposta sui redditi per le aziende si abbassa drasticamente, fino a 13 punti percentuali (21% contro il 34%), rendendo la pressione fiscale sui redditi statunitensi vicina (a livello di aliquote) a quella italiana. Se la vecchie aliquote fiscali federali scoraggiavano le imprese, la riduzione dell’imposta federale (efficace dal 1/1/2018) costituisce adesso un importante incentivo per le aziende già avviate e per le nuove start up.
- Quanto sopra combinato con la possibilità di ammortizzare il 100% dell’intero costo d’acquisto di beni strumentali nel primo anno di messa in funzione, darà un ulteriore spinta all’avvio o potenziamento di attività commerciali e industriali negli Stati Uniti.
L’intervista integrale in cui il commercialista spiega in cosa consiste la riforma fiscale è riportata qui sotto.
Il presidente Trump è intervenuto in materia fiscale, varando una nuova riforma fiscale. In cosa consiste?
“La riforma Trump è effettivamente davvero articolata e complessa: basti pensare che è la più rilevante dal 1986 e consta di diversi aspetti. Tra questi, alcuni possono avere risvolti significativi per la maggioranza delle aziende italiane presenti in America, perché segnano un cambiamento importante rispetto al passato. Tra le altre, due novità importanti: la riduzione dell’aliquota per l’imposta sui redditi federale al 21% (“IRES” federale) e la possibilità di ammortizzare fiscalmente il 100% dell’intero costo d’acquisto di beni strumentali, nel primo anno in cui sono messi in funzione”.
“Due fattori chiave, che potranno costituire una ulteriore spinta all’avvio o al potenziamento di attività commerciali ed industriali negli Stati Uniti. Un’altra novità che merita di essere menzionata, è l’incentivo fiscale che va sotto il nome di ‘foreign-derived Intangible income deduction”, previsione che favorisce le Corporations statunitensi che esportano beni e servizi: al crescere delle esportazioni aumenta la base su cui è calcolata la deduzione fiscale del 37.5% (deduzione che potrebbe ridurre l’aliquota fiscale del 21% fino ad un teorico 13.125%). Tale agevolazione intende promuovere l’insediamento di attività produttive negli Stati Uniti di aziende rivolte ai mercati esteri; per le aziende italiane si potrebbe tradurre in una ulteriore riduzione dell’aliquota del 21%, per quelle che insediandosi negli USA vendano beni e servizi utilizzati al di fuori degli USA”.
Mi spiega meglio la variazione sulle aliquote?
Se le vecchie aliquote fiscali federali scoraggiavano le imprese, la riduzione dell’imposta federale (efficace dal 1/1/2018) costituisce adesso un importante incentivo per le aziende già avviate e per le nuove start up.
L’aliquota per l’imposta sui redditi è stata infatti abbassata al 21%: consideriamo che prima avevamo una aliquota progressiva che saliva al 34% al raggiungimento di utili tassabili di circa $300k. A tale nuova aliquota federale, come per il passato, si aggiunge la tassazione degli Stati membri della Federazione, che rimane variabile da Stato a Stato, e che ha un impatto effettivo contenuto, in un range tipico tra 2/3% e il 5/6%. In sostanza, con la riforma fiscale “Trump” l’imposta sui redditi per le aziende si abbassa drasticamente, fino a 13 punti percentuali (21% contro il 34%), rendendo la pressione fiscale sui redditi statunitensi vicina (a livello di aliquote) a quella italiana.
In più Trump ha deciso di variare anche gli incentivi sugli ammortamenti?
Esatto. C’è in questo ambito un’accelerazione consistente in quanto il costo di acquisto dei beni strumentali potrà essere dedotto interamente nel primo esercizio in cui tale bene è messo in funzione. In realtà si trattava di un’agevolazione esistente, che è stata potenziata prevedendo appunto la deduzione del 100% del costo di acquisto di beni strumentali, la misura è stata estesa su diversi anni, ed inizierà a decrescere dal 2023. Da segnalare che anche l’ambito di applicazione è stato ampliato, includendo adesso anche beni strumentali usati, ed alcuni nuove tipologie di beni strumentali (quali alcuni miglioramenti di immobili commerciali).
Ci sono altri focus, che un imprenditore italiano può tenere a mente?
Tra le numerose novità della riforma, non mancano nuove limitazioni ed inasprimenti normativi che amplieranno la base imponibile tassabile per le aziende operanti negli USA. Sono state introdotte diverse normative antielusive, e rese più restrittive alcune già esistenti. Tra le altre si cita la limitazione della compensabilità delle perdite fiscali pregresse (fino all’80%), limitazione della deducibilità di interessi passivi da affiliate (30% dell EBITDA), introduzione della Base Erosion Anti Abuse tax (anche se in realtà troverà una limitata applicazione in quanto applicabile ad aziende con più di $500mio di ricavi effettivamente connessi con gli Stati Uniti). Nonostante tali novità riguardano molti aspetti, avranno un impatto marginale rispetto ai forti benefici introdotti a favore delle aziende.
Sull’autore:
Partner di Rödl & Partner presso l’ufficio di Atlanta (GA, Stati Uniti), il Dott. Filiberto Calascibetta è abilitato all’esercizio della professione di Certified Public Accountant (Stati Uniti) e di Dottore Commercialista. Si specializza nella consulenza fiscale ed aziendale, nonché revisione contabile per le filiali statunitensi di aziende italiane. Dal 2003 assiste realtà produttive e distributive operanti negli USA, aiutandole anche nella localizzazione dell’investimento, nella valutazione di acquisti di aziende, nonché nell’outsourcing amministrativo. Attualmente coordina l’Italian practice di Rödl & Partner USA con uffici in Atlanta (GA), Birmingham (AL), Charlotte (NC), Chicago (IL), Greenville (SC), Manhattan (NY) e Houston (TX).