Alcuni investitori temono che l’attuale fase rialzista dei mercati non durerà, alla luce di nuove questioni geopolitiche potenzialmente in grado di frenare i record dell’azionario (tra cui il rischio di una guerra con l’Iran e la minaccia di una recessione attesa ormai da lungo tempo).
Le ricerche mostrano però che spesso gli anni di rendimenti straordinari (nel 2019 l’Indice MSCI World ha guadagnato il 30%) si ripetono nei dodici mesi successivi per una serie di fattori favorevoli. Questo significa che, nonostante le difficoltà, il 2020 potrebbe rivelarsi altrettanto positivo per l’azionario.
L’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani ha aumentato l’incertezza geopolitica e le prospettive di una prima fase di intesa commerciale tra USA e Cina e il conseguente recupero del settore manifatturiero globale sembrano ormai pienamente scontati. Continuiamo tuttavia a credere che il mercato azionario non abbia ancora toccato dei picchi per questa fase di rialzo, e prevediamo una ripresa degli utili intorno al secondo trimestre del 2020.
Nel frattempo, la prudenza delle banche centrali fornisce il sostegno necessario a compensare il ritardato recupero dei fondamentali. Anche se, nella seconda metà del 2020, l’inflazione potrebbe costituire un rischio di mercato, è improbabile che riesca a invertire l’avanzata degli asset rischiosi.
Uno dei principali motivi per essere ottimisti è il cosiddetto “skew”, fenomeno evidenziato dai mercati azionari a partire dal 1900. Da allora, l’azionario globale ha registrato rendimenti medi pari all’8% annuo. Ma la loro distribuzione storica è stata altamente asimmetrica: a partire dal XX secolo, infatti, i rendimenti annui hanno superato il 20% nel 20% dei casi.
È interessante notare come i rendimenti positivi asimmetrici tendano a raggrupparsi. Dal 1900 in poi, nei 24 casi in cui i rendimenti hanno superato il 20%, si è trattato di anni consecutivi. Si pensi ad esempio al 1921 (+27,5%) e al 1922 (+27,7%) e, ancora, al 1985 (+36,1%) e al 1986 (38,2%).
Inoltre, tutti gli anni consecutivi caratterizzati da rendimenti superiori al 20% hanno un elemento in comune: nei 12 mesi precedenti il mercato azionario era stato negativo (unica eccezione il 1927). Per esempio, nel 1920 le perdite erano state del 26,8%, mentre il 1984 era rimasto pressoché invariato (-0,1%).
In generale, nei periodi che mostrano una combinazione di anni con rendimenti inferiori alla media storica (non soltanto rendimenti azionari negativi) seguiti da anni con guadagni straordinari pari almeno al 20%, i rendimenti medi del secondo anno sono stati del 14,5%. Pertanto, considerato il fatto che nel 2019 la performance ha superato il 20% e che nel 2018 i rendimenti erano stati inferiori alla media storica, il +30,0% dell’MSCI World non è affatto eccezionale, ma si avvicina alla media registrata dal 1900. Inoltre, non è da escludere che anche nel 2020 i rendimenti siano superiori alla media storica.
La storia si ripeterà nel 2020, segnando un altro anno di performance a doppia cifra, come il track record sembra suggerire? È opportuno essere prudenti, visto che il numero di osservazioni è piuttosto ridotto e non consente deduzioni rigorose. Tuttavia, la presenza di un’asimmetria conferma il nostro scenario di base, che prevede un ulteriore picco dei mercati prima dell’entrata in scena della recessione globale.
Per natura, gli investitori tendono a esporre i propri portafogli ad asset con rischio di rialzo e, di conseguenza, con risultati asimmetrici. Gli investitori, quindi, sono disposti a pagare un premio per gli asset con rischio di rialzo (skew positivo).
Il rischio di rialzo si è materializzato a seguito della massiccia ondata di vendite a cui abbiamo assistito nel quarto trimestre del 2018. Ovviamente nel 2019 gli investitori hanno accettato di pagare per il rischio di rialzo, come dimostra il fatto che a generare gran parte dei rendimenti azionari totali sia stato l’allargamento dei multipli.
In questa fase, il mercato potrebbe aver fatto il passo più lungo della gamba, ma anche nel 1921 le perdite dell’anno precedente erano state ampiamente recuperate.
Consideriamo poi parametri più tradizionali come valutazioni, fondamentali e indicatori del sentiment: sul fronte delle valutazioni relative, il premio di rischio dell’azionario globale è ancora superiore alla media storica e, più nello specifico, l’azionario di Europa e Giappone è ancora più appetibile; per quanto riguarda il sentiment, il posizionamento continua a non porre problemi.
Gli investitori retail e gli hedge fund statunitensi sono diventati meno pessimisti; gli eccezionali risultati dell’azionario hanno infatti aumentato la paura di lasciarsi sfuggire le occasioni offerte da questo e da altri segmenti. Un’ulteriore capitolazione potrebbe proiettare l’azionario ancora più in alto nel 2020.
Questo però non equivale a garantire un altro anno di rendimenti solidi. A mettere a rischio il nostro scenario rialzista di riferimento sono le quotazioni elevate dell’azionario USA e il fatto che il rischio geopolitico non è più in declino, come previsto per l’inizio del 2020. La recente brutta sorpresa dell’Indice ISM manifatturiero, sceso a quota 47,2, indica già che la reflazione nel 2020 non sarà priva di complicazioni. Di conseguenza, le forti aspettative di recupero dei fondamentali potrebbero essere messe presto ad ulteriore prova.