Stati Uniti, recessione in arrivo? Le 12 variabili che ci avvertiranno della prossima flessione
Jeffrey Schulze, director e investment strategist di ClearBridge Investments (affiliata Legg Mason), analizza lo stato attuale dell’economia USA, spiegando i 12 fattori che anticiperanno l’arrivo di una recessione.
Nonostante le valutazioni da record nei mercati azionari, tra gli investitori permane il timore che l’espansione negli Stati Uniti possa essere giunta al termine, e che dunque si stia avvicinando una fase di recessione.
Gli ultimi dati mostravano un espansione del 2,3% nel primo trimestre, superiore dunque alle previsioni. Tuttavia alcuni analisti hanno interpretato negativamente questo risultato, sottolineando come la crescita sia in calo su base annua, e come il dato sia comunque il più basso degli ultimi 4 trimestri.
Sta dunque per esaurirsi lo slancio dell’economia americana? Siamo forse alle soglie di una flessione?
Per ora la nostra checklist sul rischio di recessione ci dice un secco “no”. Si tratta di un elenco di 12 variabili che, combinate insieme, hanno anticipato le recessioni passate.
Dagli spread del credito alla crescita dei salari, tutti i fattori che hanno anticipato le recessioni precedenti non sembrano ad oggi segnalare l’arrivo di una crisi.
L’unico motivo di preoccupazione potrebbe riguardare i margini di profitto, attualmente quasi a livelli record: la riforma fiscale ha dato infatti il via ad un altro boom dei margini per le aziende americane. Tuttavia è probabile che ciò rappresenti il picco del ciclo, a causa delle pressioni provenienti da fattori come l’aumento dei salari, l’inflazione delle materie prime e la maggior spesa per gli interessi.
È una situazione che spesso segnala una futura recessione: questo perché in genere il management – per cercare di arrestare il declino dei margini – comincia tirare la cinghia sia in merito ai nuovi investimenti che riguardo potenziali nuove assunzioni. Anche questa variabile, comunque, non presenta ancora caratteristiche da recessione, ma può semmai rappresentare un semplice monito alla prudenza.
Vediamo ora più nel dettaglio i 12 fattori che includiamo nella nostra checklist.
- Curva dei rendimenti: gli Stati Uniti hanno avuto una curva dei rendimenti invertita prima di ognuna delle 7 recessioni avvenute da metà anni ‘60 ad oggi.
- Spread di credito: lo spread tra il rendimento dei bond corporate e quello dei Treasury risk-free equivalenti tende ad allargarsi prima di una recessione. Se la volatilità azionaria si è impennata nel primo trimestre 2018, gli spread creditizi invece si sono a malapena mossi, nonostante un rialzo significativo nel rendimento del Treasury decennale.
- Offerta di moneta: un calo sostanziale dell’offerta di moneta è stato indicato come una causa delle crisi passate, ma attualmente negli USA non ci sono segnali negativi in questo senso. Anzi, dal 2008 l’offerta di moneta è cresciuta da 8 trilioni di dollari a quasi 14 trilioni di dollari.
- Crescita dei salari: una crescita dei salari del 4% segnala in genere le ultime fasi di un’espansione; ad oggi siamo arrivati al massimo al 2,9%, quindi l’inflazione dei salari resta moderata.
- Materie prime: anche le materie prime hanno un ruolo importante nell’inflazione. Piuttosto che concentrarsi su una singola commodity, la nostra variabile è costituita da una combinazione dei prezzi di acciaio, legname, rame, petrolio e prodotti chimici. In fasi di rallentamento della crescita, la domanda di beni crolla, compresa quella per quei materiali grezzi che le aziende trasformano in prodotti finiti. Nel caso del petrolio, un prezzo elevato rappresenta un fattore negativo per i consumatori e può portare maggior inflazione, mentre per altre materie prime (legname, acciaio, prodotti chimici e rame) un prezzo in calo segnala un domanda in declino.
- Edilizia residenziale: i permessi edilizi hanno raggiunto il picco molto prima dell’inizio delle ultime tre recessioni, e hanno cominciato a declinare prima delle fasi di crisi. Ma nel ciclo attuale questa variabile è ancora in trend ascendente, almeno fino a questo momento.
- Richieste sussidi di disoccupazione: sono aumentate bruscamente nel 2008-2009, raggiungendo il picco di 700 mila richieste iniziali di sussidi di disoccupazione a settimana nel tardo 2009. Il tasso attuale è di appena 209 mila, ben al di sotto delle previsioni.
- Vendite al dettaglio: negli ultimi mesi hanno fluttuato, ma l’ultimo aumento del 0,6% a Marzo mostra che i consumatori continuano a comprare.
- Percezione sul mondo del lavoro: all’inizio di una crisi, la percentuale di famiglie che ritengono ci sia mancanza di lavoro tende ad aumentare, dando agli investitori un chiaro indizio di quali saranno le scelte di consumo future delle persone. Ad oggi, i sondaggi dicono che i consumatori sono ancora fiduciosi sulle loro prospettive economiche.
- Dato sui nuovi ordini dell’indice ISM: anche se in leggero calo negli ultimi mesi, resta comunque in territorio positivo. Le crisi del passato invece sono sempre state precedute da un trend negativo di questo dato.
- Margini di profitto: come detto sopra, i margini potrebbero subire pressioni al ribasso dall’inflazione dei salari e delle materie prime, così come dall’aumento delle spese per gli interessi, portando quindi ad una diminuzione delle spese in conto capitale.
- Trasporto merci via camion: una flessione anno su anno tra lo 0% il meno 5% è in genere un segnale preoccupante per il futuro, ma negli ultimi sette mesi questo dato è cresciuto con percentuali superiori al 5%, il che ci indica una robusta espansione.