Le dinamiche politiche e finanziarie continuano a condizionare lo scenario degli investimenti. Dopo le elezioni nei Paesi Bassi, i mercati hanno ricominciato a guardare al lato positivo delle cose, se vogliamo dar credito al restringimento degli spread in alcuni mercati europei. In un certo senso è paradossale che le curve dei rendimenti in tutto il mondo siano rimaste sostanzialmente invariate, nonostante il rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve e dopo l’elezione di Trump.
Ciò indica che i mercati non stanno scontando né un’accelerazione della ripresa né gli interventi di politica monetaria, a prescindere dal miglioramento delle prospettive economiche dopo la crisi finanziaria globale.
Una maggiore propensione al rischio potrebbe essere trainata dalla percezione che i rischi politici sono rientrati; tuttavia, il buono stato di salute dell’economia non convince ancora i mercati ad adottare questo orientamento. Lo spettro di possibili sconvolgimenti determinati dalle elezioni in Francia grava ancora sui mercati, così come la complessa situazione politica in Italia e, in misura più sottile, la mancanza di fiducia nella solidità della ripresa in Europa.
Nell’Investment Strategy di questo mese esploriamo nuovamente lo scenario di politica economica negli Stati Uniti, prima di tutto perché i rischi politici collegati alle elezioni francesi non sono cambiati molto (e a nostro giudizio restano circoscritti), secondariamente perché, come ha evidenziato il G20 dello scorso fine settimana, l’America è decisa a cambiare i rapporti commerciali globali.
Nel comunicato dopo l’incontro, i membri del G20 sono stati costretti a modificare la dichiarazione tradizionale che illustra i vantaggi degli scambi globali a causa dell’opposizione degli Stati Uniti. Questi sviluppi accadono in un momento in cui gli scambi commerciali iniziano ad accelerare in modo incoraggiante, dopo aver ristagnato in linea con la crescita del Pil globale per quasi sette anni. L’approccio rigido degli Stati Uniti nei confronti della Germania è un segnale d’allarme per l’intera UE: il progetto europeo dovrebbe aspettarsi meno sostegno dagli USA e dimostrare invece di poter crescere e consolidarsi da solo… rafforzando le motivazioni a portare avanti l’agenda filoeuropea.
Cos’è cambiato nel corso del mese
Dunque cosa è cambiato dalla nostra pubblicazione del mese scorso? Niente di rilevante, tranne le elezioni olandesi e il G20. Il G20 ha confermato il desiderio dell’amministrazione Trump di procedere con un’agenda molto fitta sul fronte degli scambi commerciali. Ci concentriamo dunque sui rischi politici provenienti dagli Stati Uniti che si manifesteranno nei prossimi mesi.
- Scambi commerciali: ci aspettiamo che l’amministrazione USA notifichi rapidamente al governo messicano la revisione del NAFTA, l’accordo nord americano di libero scambio. Sono possibili diverse opzioni, tra cui la totale cancellazione, qualche modifica di minor conto, o persino un trattato aggiuntivo oltre al NAFTA. Ciò che conta veramente saranno gli obiettivi pubblicati a maggio o a giugno, che detteranno il tono dei negoziati. A nostro giudizio, i negoziati sui prodotti manifatturieri hanno poco senso, ma potrebbe esserci più dibattito per i servizi.
- La riforma fiscale: la portata e i dettagli della riforma sulla tassazione delle imprese non sono ancora definiti, tuttavia dovrebbe ruotare attorno a quattro pilastri e potrebbe influire in misura rilevante sugli utili e sul credito a seconda delle opzioni prescelte (Figura 1). Anche in questo caso dovremo aspettare qualche mese prima di avere chiarezza, ma in un contributo intitolato “La riforma fiscale per le imprese secondo Trump” abbiamo cercato di fare luce sull’imminente dibattito. L’analisi ci aiuterà a prevedere una potenziale rivalutazione del mercato ed eventualmente a comprendere dove e come i mercati sono stati troppo ottimisti.
- Deregolamentazione finanziaria: nei prossimi tre/quattro mesi, il settore lavorerà su queste tematiche con l’amministrazione USA. Probabilmente ci si concentrerà sugli istituti finanziari minori, per liberare credito per le famiglie e le piccole e medie imprese, oltre a liberare capitale bancario. Tuttavia non ci aspettiamo un capovolgimento della legge Dodd-Franck, soprattutto in merito al rapporto di indebitamento. Nel complesso, il sostegno ai finanziari potrebbe aver esaurito il suo corso.
- Sul fronte politico, le banche centrali hanno confermato che puntano alla normalizzazione; tuttavia, finora è intervenuta solo la Federal Reserve, mentre le altre economie consolidate non hanno fatto altro che ipotizzare dei cambiamenti. Eppure, possiamo dire che con il consolidamento dell’economia mondiale, l’accelerazione degli scambi commerciali, il recupero dell’inflazione e i risultati elettorali, la propensione dei mercati per gli strumenti più esposti al rischio potrebbe tornare, anche se gradualmente. Per questo abbiamo modificato la nostra asset allocation incrementando il rischio, ma stiamo comunque all’erta fino alle elezioni in Francia, come spieghiamo qui di seguito.
La nostra allocation
In tale scenario abbiamo rivisto l’asset allocation per incrementare leggermente il rischio. Abbiamo aggiornato la nostra posizione in azioni globali verso un approccio neutrale dopo il consolidamento del mese scorso. Prevediamo una graduale ripresa in Europa più che negli Stati Uniti, mentre gli utili continueranno a migliorare e di fatto a sorprenderci al rialzo. Confermiamo, inoltre, la preferenza per le small cap USA e i mercati emergenti in Asia. Se dopo le elezioni francesi i rischi politici rientrassero in Europa, potremmo registrare una sovraperformance, ma forse è troppo presto intervenire ora.
L’aumento dei tassi di interesse nel lungo termine finora ha deluso; tuttavia confermiamo la nostra preferenza per la duration più breve nei prossimi mesi poiché ci aspettiamo il rialzo dei tassi lungo la curva. Ci aspettiamo un rialzo dei breakeven dell’inflazione con il consolidamento delle dinamiche dei prezzi negli Stati Uniti e nell’eurozona. Una maggiore chiarezza sulle politiche di bilancio in entrambe le regioni potrebbe anche portare alla normalizzazione del premio a termine. Adottiamo inoltre un approccio prudente sugli spread periferici, soggetti sia al rischio politico che alla graduale chiusura del Quantitative Easing.
Per la prima volta da molto tempo, il segmento high yield negli Stati Uniti ha mostrato segnali di debolezza dopo le oscillazioni del mercato del petrolio. Tuttavia, confermiamo la preferenza per l’high yield rispetto all’investment grade poiché lo scenario resta favorevole al carry. Abbiamo incrementato il carry anche nei mercati emergenti dove il deprezzamento del dollaro USA potrebbe favorire le performance in valuta forte e il debito in valuta locale.
Nelle valute conserviamo l’orientamento ribassista sulla sterlina. L’economia sta rallentando e l’avvio ufficiale dei negoziati per la Brexit svelerà le molteplici complessità di tale processo. Un rischio importante riguarda gli interventi della Banca d’Inghilterra e quanto sarà disposta ad attendere nonostante l’andamento dell’inflazione.
Un approccio attivo con cautela è fondamentale, oggi più che mai!