Transizione energetica, 3 aspetti da considerare per investire nel 2023
Il 2022 è stato un anno caratterizzato da un rapido aumento dell’inflazione in tutte le regioni, a causa del rimbalzo post pandemico e dei prezzi elevati delle materie prime, derivanti dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Guidate dalla Federal Reserve, le banche centrali di tutto il mondo hanno risposto con rialzi aggressivi dei tassi, che hanno messo a dura prova i titoli growth.
I maggiori deflussi netti – nella nostra classificazione tematica – sono stati registrati dai temi tecnologici, come robotica e automazione (con 1,23 miliardi di dollari), mobilità autonoma ed elettrica (643 milioni di dollari) e innovazione sanitaria (630 milioni di dollari). L’unica eccezione è la cybersecurity, che ha registrato una raccolta netta di 1,67 miliardi di dollari, sia negli ETF tematici UCITS che in quelli statunitensi. La necessità di proteggere i dati e le infrastrutture critiche è infatti cresciuta nel 2022, in quanto i rischi sono aumentati a causa del conflitto tra Russia e Ucraina.
Nel 2023 potremmo vedere il ritorno a mercati più normali, guidati dall’economia piuttosto che dalla geopolitica. È probabile che l’inflazione globale si riduca drasticamente a causa del calo dei prezzi del petrolio e delle materie prime e del rallentamento dell’economia globale. Di conseguenza, prevediamo una graduale rotazione verso i titoli growth, sostenuti da un rallentamento della politica restrittiva nei mercati sviluppati, da un’ampia spesa pubblica in infrastrutture, tecnologia ed energia pulita, da valutazioni interessanti in alcuni settori tecnologici e da un dollaro statunitense più debole. Gli investitori potrebbero prendere in considerazione un approccio più sfumato nei confronti dei titoli azionari, come le strategie di covered call, che beneficiano di mercati in lento rialzo o in lateralizzazione.
Transizione energetica e investimenti
Il 2022 ha visto anche un cambiamento del sentiment verso i temi legati al cambiamento climatico, come priorità economica e di sicurezza per l’Europa. La spinta verso l’indipendenza energetica ha suscitato un enorme interesse per investire nella transizione energetica, come testimoniano i forti afflussi netti verso i produttori di cleantech e di energie rinnovabili (1,17 miliardi di dollari).
A maggio, l’Unione Europea ha lanciato il programma RePowerEU, che prevede un pacchetto di investimenti da 300 miliardi di euro per semplificare e accelerare la transizione alle rinnovabili e investire ulteriormente nelle tecnologie pulite. Ad agosto, gli Stati Uniti hanno annunciato un pacchetto di investimenti da 370 miliardi di dollari nell’ambito dell’Inflation Reduction Act (IRA) e ulteriori incentivi sotto forma di crediti d’imposta sugli investimenti per progetti rinnovabili. Durante la COP27, i Paesi sviluppati si sono impegnati a fornire circa 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo a finanziare la loro transizione verso l’energia pulita.
I temi della transizione energetica continueranno probabilmente a suscitare l’interesse degli investitori, con l’Europa che cerca di raggiungere l’indipendenza energetica. Per cogliere la tendenza alla decarbonizzazione, ci sono tre aspetti importanti da considerare.
In primo luogo, è fondamentale valutare di esporsi lungo tutta la catena del valore. Questa comprende quelli che noi chiamiamo disruptive material (come rame, litio, zinco) e determinate materie prime come uranio e argento. Include inoltre tecnologie come pannelli solari, smart grid e batterie al litio, oltre ovviamente ai produttori di energia rinnovabile, ossia tutti quegli elementi necessari per produrre, distribuire e stoccare energia green.
In secondo luogo, gli orizzonti di investimento per le tecnologie della decarbonizzazione sono molto diversi. Il solare e l’eolico sono attualmente i mercati cleantech più maturi, con costi di produzione minimi, rapida diffusione e flessibilità nelle installazioni. L’energia nucleare ha il potenziale per crescere rapidamente nel medio termine, grazie allo sviluppo dei reattori modulari, più flessibili e veloci da installare rispetto a quelli tradizionali. L’idrogeno invece è ancora in una fase embrionale e ha un profilo di investimento più lungo.
Infine, è importante sottolineare come gli investimenti in queste fonti energetiche alternative possono essere complementari. Il solare e l’eolico sono fonti intermittenti, difficili da stoccare e che operano soprattutto a livello locale. Il nucleare e l’idrogeno invece possono sostituire il petrolio nel lungo periodo, data l’immensa capacità di generare energia del nucleare e l’adattabilità delle celle a combustibile dell’idrogeno, che potrebbe aiutare a decarbonizzare settori come i trasporti, l’edilizia e la produzione.