Donald Trump e la sua gentile signora Melania sono un po’ scoordinati e non seguono con precisione i tempi della musica nel loro iniziale ballo alla Casa Bianca. Oggi come oggi è questo uno dei grandi problemi degli Stati Uniti d’America? Non credo proprio! Intanto la stampa ha dedicato molto spazio a questa simpatica nota di colore.
L’auspicio è che il neo-Presidente segua con la giusta competenza ed attenzione i tempi e gli impulsi dell’economia e della buona finanza, a partire dalla sapiente gestione del debito pubblico americano che viaggia intorno ai 20.000 miliardi di dollari.
Potrei sbagliarmi ma uno dei dati economici che maggiormente inquietano il neo-Presidente Donald Trump è la differenza tra importazioni negli USA, pari a 2.273 miliardi di dollari, e le esportazioni dagli USA, pari a 1.570 miliardi di dollari.
Dunque gli Stati Uniti importano molto di più di quanto esportano, pur avendo conseguito la piena autonomia energetica mediante la produzione massiccia di petrolio e gas (shale gas) attraverso la frantumazione delle rocce sotterranee (fracking), con risparmio di grandi risorse finanziarie per il relativo approvvigionamento.
La differenza tra le due grandezze (importazioni meno esportazioni USA) è pari a 763 miliardi dollari a sfavore degli USA ed è in netto aumento rispetto al dato di riferimento del 2000, a quell’epoca pari a 337 miliardi di dollari. I dati finali si riferiscono a dicembre 2015.
Questa è una delle motivazioni alla base della sua scelta strategica di imporre il rientro delle aziende americane nell’ambito dei confini nazionali, pena l’applicazione di forti dazi doganali sui prodotti importati dalle sedi di produzione all’estero.
“Compra e assumi America”: così ha dettato il Presidente Trump! Si capirà presto se siamo in presenza di una “teoria” praticabile o del più grande abbaglio del 21° secolo!
Se il PIL americano (ricchezza prodotta in un anno e ben distribuita tra lavoratori/consumatori) schizzerà all’insù, i problemi dell’indebitamento e del deficit commerciale saranno relativamente meno “invasivi” e tutto filerà liscio. In caso contrario, la “teoria donaldiana” dovrà essere, nel migliore dei casi ed americani permettendo, rivista ed aggiornata.
Dispiace che il primo atto da Presidente sia stata la firma del provvedimento destinato a “smantellare” la riforma sanitaria realizzata dal predecessore Obama, quella che consente (o consentiva) alla parte di popolazione meno abbiente di poter ricevere cure ed assistenza, pur non avendo sottoscritto ad inizio dell’anno la prevista polizza sanitaria.
Per ricevere assistenza sanitaria negli Stati Uniti la ricchezza ed il reddito personale fanno la grande differenza e senza polizza sanitaria non vi è specifica copertura.
Diciamolo con chiarezza: noi italiani siamo (un po’) più fortunati dei cugini americani in quanto ad assistenza sanitaria. Nonostante le tante difficoltà del nostro sistema ospedaliero, a tutti è consentito di accedere al “pronto soccorso” ed ai successivi necessari interventi chirurgici, anche se qualche volta, in casi eccezionali, l’accoglienza avviene su barelle o “appoggi di fortuna”.
Auguriamoci di non dover seguire la metodologia americana con molto “privato” nella struttura ospedaliera e tante polizze sanitarie individuali per ricoveri e cure.