All’inizio di marzo, il prezzo dell’oro ha registrato un’impennata, passando da un livello di circa 2.050 dollari a oltre i 2.200 dollari per oncia, un nuovo massimo storico. Sono stati diversi i fattori alla base di questo rialzo.
In primo luogo, sono aumentati i flussi verso il mercato finanziario dell’oro (XAU/USD), ed è stato registrato un notevole aumento del posizionamento long sui future, il che suggerisce che gli investitori istituzionali hanno aumentato la loro esposizione al metallo giallo.
In secondo luogo, le banche centrali hanno continuato ad acquistare oro fisico in modo deciso e gli ultimi dati mostrano che da inizio anno vi sono stati acquisti consistenti, pari a circa 40 tonnellate al mese. Riteniamo che gli acquisti da parte delle banche centrali stiano avendo un impatto significativo sul mercato: il World Gold Council, infatti, ritiene che questi abbiano portato a un incremento dei prezzi di circa il 15%. È probabile che questa tendenza continui nei prossimi mesi e anni, man mano che le banche centrali aumenteranno le loro riserve d’oro.
In terzo luogo, gli investitori retail hanno aumentato gli investimenti in ETF (fondi negoziati in borsa) sull’oro. Tuttavia, l’incremento delle posizioni retail è avvenuto in un secondo tempo rispetto alla maggior parte del rialzo, e questo allargamento della base di investitori implica che il rialzo è ancora in corso. Notiamo che gli investitori retail rimangono sottoinvestiti rispetto alle medie storiche.
Le principali banche centrali hanno indicato che inizieranno a ridurre i tassi di interesse nei prossimi mesi. Secondo le ultime indicazioni, le banche centrali avranno un ciclo di riduzione dei tassi anticipato, il che significa che quest’anno i tassi nominali diminuiranno sostanzialmente. Il coincidente e rapido declino delle dinamiche inflazionistiche globali, unito a un ciclo di riduzione dei tassi anticipato da parte di molte delle principali banche centrali, rappresenta uno sviluppo altamente costruttivo per l’oro e questo spiega il rapido movimento al rialzo verso livelli superiori a 2.200 dollari per oncia.
Guardando alla seconda metà dell’anno, abbiamo individuato due potenziali fattori che potrebbero portare a un rialzo dei prezzi. In primo luogo, le campagne elettorali statunitensi probabilmente metteranno in luce i livelli eccessivi di debito degli Stati Uniti: le crescenti preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale degli Stati Uniti rappresenteranno, a nostro avviso, un fattore positivo per l’oro. In secondo luogo, riteniamo che i rischi geopolitici rimarranno elevati e che un eventuale peggioramento delle relazioni tra le principali potenze darà una spinta al rialzo al prezzo dell’oro.
Una precisazione riguardo alla quotazione attuale: l’oro è cresciuto molto in un breve lasso di tempo e attualmente viene scambiato con un ingente premio rispetto ai rendimenti dei Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS) decennali, che consideriamo un proxy per le previsioni sui tassi di interesse reali. Questo ampio premio potrebbe ridursi se nei prossimi mesi i rendimenti dei TIPS diminuiranno, il che è possibile se la Federal Reserve inizierà a tagliare i tassi d’interesse. Ciò significa che i prossimi dati sull’indice dei prezzi al consumo (IPC) negli Stati Uniti saranno molto importanti: infatti, se le letture dell’IPC mostreranno una certa moderazione su base mensile, possiamo aspettarci che l’oro verrà scambiato a livelli pari o leggermente superiori a quelli attuali.
Nel complesso, manteniamo una posizione costruttiva sull’oro e qualsiasi discesa al di sotto dei 2.100 dollari rappresenta, a nostro avviso, una forte opportunità di acquisto. A più lungo termine, è possibile un movimento verso livelli di circa 2.300 dollari per oncia.