Il cocktail di crescente stress geopolitico a livello globale, scoppio di una guerra, surriscaldamento delle economie e banche centrali avviate su una via restrittiva risulta sicuramente amaro. La tensione nei mercati è palpabile. Le considerazioni sul “ritorno del capitale” mettono in ombra l’obiettivo primario del rendimento, cioè il “ritorno sul capitale”. Il fatto che tutti gli eventi sopracitati stiano avvenendo contemporaneamente mette pressione sulle banche centrali, che devono affrontare una situazione particolarmente fluida in ambito di politica internazionale. Problematiche che richiedono grandi abilità politiche per essere risolte spingendo i decisori a portare a termine quei grandi piani che non hanno mai ricevuto la giusta spinta. È una fase dove è richiesta grande audacia a livello politico, ma su questo torneremo; prima crediamo sia importante considerare il nuovo comportamento che sarà tenuto dalle banche centrali, un atteggiamento diretto alla “moderazione”.
Il surriscaldamento delle economie è stato causato da un’overdose di stimoli monetari e fiscali applicati negli ultimi due anni. Adesso c’è da aspettarsi un importante politica di sostegno nel corso del decennio. Questo ci lascia con banche centrali che dovranno agire responsabilmente per mitigare i problemi di inflazione mantenendo stabile il mercato, anche ammettendo di avere poco controllo su un’inflazione nata da un’interruzione prolungata dell’offerta. Tuttavia, dovrebbero applicare una certa moderazione nell’imminente ciclo di normalizzazione dei tassi. Vediamo come.
Anche se lo scenario di base a metà gennaio prevedeva che la FED operasse 3 o 4 rialzi entro la metà del 2022, una previsione del 10 febbraio che vedeva l’inflazione americana al 7,5% ha fatto diventare l’ipotesi di 7 rialzi nell’anno da scenario di rischio a prospettiva di base. Con il rilascio dei dati sull’inflazione core PCE venerdì scorso, al 5,2% su base annua, potremmo assistere ad un altro cambiamento di approccio da parte dei funzionari della FED mentre si avvicina il board del 16 marzo. La FED predicherà moderazione preparandosi ad un innalzamento dei tassi di 25 punti base e lo farà sottolineando la complessità della previsione delle ricadute economiche della guerra in Ucraina.
L’approccio moderato dovrebbe rasserenare i mercati e far diminuire la volatilità. La fuga verso i titoli di stato di qualità continuerà a registrarsi fino a quando questa guerra non sarà terminata. I tassi alle estremità più lunghe delle curve di rendimento per i paesi con rating AAA riceveranno un interesse adeguato lasciandoli ancorati intorno ai livelli attuali. Tuttavia, se la guerra dovesse intensificarsi e/o estendersi ad altri paesi come la Georgia o la Moldavia, è prevedibile un calo dei tassi a lungo termine.
Le preoccupazioni per l’inflazione potrebbero passare in secondo piano sui mercati, in quanto l’attenzione degli investitori sarà rivolta al rischio di credito (sovrano e aziendale) e al rischio azionario nella costruzione complessiva del loro portafoglio. La liquidità del mercato ha ricevuto un colpo. Le banche centrali sono consapevoli del fatto che un inasprimento aggressivo potrebbe spingere i mercati oltre il limite e peggiorare il problema invece di risolvere quelli di liquidità.
Tornando alle difficoltà legate all’inflazione dell’UE e degli USA, va ricordato che le incertezze delle catene di approvvigionamento hanno spinto la maggior parte delle aziende a contrattare con un maggior numero di fornitori accelerando l’accumulo di scorte. Con una pandemia in declino, potremmo passare dalla scarsità alla sovrabbondanza nel momento in cui la domanda si normalizzasse o calasse a causa dei venti di guerra.
I mercati statunitensi valutano che il tasso della FED si assesterà all’1,75%-2,00% entro la fine del 2° trimestre 2023, per raggiungere il valore finale del 2,00%-2,25% entro il 1° trimestre 2024. Gli eventi attuali potrebbero però portare ad una reazione della FED più prolungata e prudente. I mercati dovrebbero considerare uno scenario in cui la Banca Centrale aumenti i tassi 4 volte nel corso del 2022 facendo poi una pausa prolungata durante il 2023 per arrivare al target solo nel corso del secondo semestre 2024 o 2025 se le condizioni economiche lo giustificassero. Il tempo, oggi nemico della FED, potrebbe diventare un importante alleato.
La BCE sta correttamente mitigando le aspettative e, per una volta, oltreoceano potrebbero ispirarsi alla BCE: nel 2023 quest’ultima potrebbe portare i tassi allo 0,00% dall’attuale -0,50% nel momento in cui la FED è in attesa. La posta in gioco è comunque alta e la moderazione monetaria dovrebbe essere applicata in combinazione con il coraggio politico.
Con la guerra scoppiata ai nostri confini, ci si può aspettare che la leadership politica dell’UE e della NATO si uniscano intorno a obiettivi comuni. Tuttavia, le sanzioni non impressioneranno il Cremlino. L’invasione dell’Ucraina è stata ben preparata dal successo della campagna e dell’annessione della Crimea 2014.
L’Occidente sta subendo uno smacco anche questa volta ma questo servirà allo scopo di rafforzare l’UE da un punto di vista militare. L’idea di un esercito europeo e di un modello di stretta cooperazione accelererà. Ma, ed è un grande ma, a causa delle divisioni interne all’UE e alla disputa in corso con Polonia e Ungheria, l’approccio delle istituzioni europee è limitato. I paesi membri dell’Area Euro potrebbero optare per una più stretta cooperazione, economica e militare; affinché l’Area Euro sopravviva, si dovrà riflettere sull’instaurazione degli Stati Uniti d’Europa. Se ciò dovesse portare ad un’Europa a due velocità, così sia, poiché i benefici superano di gran lunga i rischi.
Un esercito finanziato dai paesi dell’Area Euro diventerà un passo necessario per ricucire la frattura che esisteva quando la moneta unica è stata lanciata nel gennaio 1999. Risolvere l’equazione del finanziamento porterà a una maggiore unione fiscale. La struttura a 19 membri dell’Area Euro include la Finlandia e i tre stati baltici, Estonia, Lettonia e Lituania. La Romania ha fissato il 2024 come anno obiettivo per adottare l’euro e dire addio all’attuale valuta, il Leu. Questo sigillerebbe i confini orientali dalle minacce provenienti dalla Russia o da altri paesi.
Un’Area Euro monetaria, economica, fiscale e militare è un obiettivo strategico che vale la pena prendere in considerazione oggi. La Commissione europea può mostrare audacia e realizzare una tale ambizione prima della fine di questo decennio? Ciò risolverebbe immediatamente il problema ricorrente della BCE legato alla frammentazione dei tassi d’interesse dei titoli di stato dell’Area Euro. Come l’annuncio dell’euro ha scatenato la fine della speculazione sulle valute nazionali, intraprendere un percorso accelerato verso la cooperazione fiscale e militare soffocherebbe la speculazione sui tassi contro l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia…
È scoraggiante osservare ancora una volta che lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato italiani a 10 anni rispetto a quelli tedeschi è salito fino all’1,70% per chiudere a 160 pb venerdì scorso. La Commissione europea ha il potere di porre fine a questa tendenza a prezzare il rischio di credito in un’unione monetaria incompiuta.
L’Europa è in crisi. Questa crisi merita speranza. È tempo di un’azione politica coraggiosa e di una stretta monetaria.