Nei primi mesi del 2024, avevamo previsto non solo che l’oro avrebbe chiuso l’anno con un aumento di almeno il 20% sul valore del dollaro USA e che i titoli minerari avrebbero superato la commodity in termini di performance, ma anche che ci sarebbe stata una sequenza di nuovi massimi storici e così è stato, tanto che a ottobre il metallo giallo ha raggiunto i 2.790 dollari USA per oncia troy.
Dopo tale picco, il prezzo dell’oro ha ritracciato portandosi sui 2.550 dollari e ciò potrebbe lasciare spazio per un finale d’anno che lo riporta a quota 2.750 dollari. La diminuzione del prezzo era stata causata dal fatto che il mercato riteneva che il nuovo Presidente degli Stati Uniti sarà in grado di ridurre il debito governativo.
La nostra view non combacia assolutamente con tale sentiment, tant’è che non riteniamo sia in grado di diminuire i costi del sistema e pensiamo che non aumenteranno le entrate. Il tutto si tradurrà, pertanto, in un deficit netto esattamente come accadde nel precedente mandato di Donald Trump. L’offerta di moneta (M2) e il debito nazionale sono cresciuti a un ritmo simile, indipendentemente dai Repubblicani o dai Democratici alla guida. Malgrado l’oro abbia avuto una prima reazione al ribasso quando Donald Trump è stato eletto nel 2016, in seguito ha fatto registrare una performance superiore al 50% durante i suoi 4 anni di presidenza.
Siamo, quindi, portati a pensare che nei prossimi anni assisteremo a un boom inflazionistico in un ambiente economico in cui le materie prime prospereranno. Da un lato, ci sarà l’applicazione di dazi da parte degli USA, il proseguo di guerre commerciali, tensioni geopolitiche e un conseguente aumento dei costi di produzione nella maggior parte dei settori che si ripercuoterà sui consumatori; dall’altro, le politiche statunitensi provocheranno un aumento della disoccupazione, costringendo a tassi molto più bassi e a svalutazioni in molti altri Paesi per compensare i dazi.
Questo boom inflazionistico sosterrà la futura ascesa dell’oro con superamento di quota 3.000; il nostro target nel 2025 è compreso tra i 3.000 e i 3.300 dollari per oncia troy. La concorrenza tra combustibili fossili e le nuove energie manterranno bassi i prezzi dell’energia e, anche se ciò produrrà un piccolo effetto deflazionistico, favorirà soprattutto le aziende che utilizzano molta energia nella loro produzione, come gli estrattori.
È inoltre opportuno sottolineare che il vero motore dei rendimenti del settore minerario rimarrà comunque il forte aumento dei margini di profitto. Infatti, dal 2021, le società del settore delle materie prime hanno sostenuto solidi flussi di cassa e i produttori di metalli preziosi hanno vantato i margini più elevati. Malgrado tali margini si siano ridotti con il periodo di alta inflazione, hanno ugualmente creato una situazione molto interessante con un ulteriore aumento dei margini futuri.
Insieme a tutte queste considerazioni, serve sottolineare che non solo la storica tendenza di sottovalutare gli estrattori d’oro rispetto al metallo stesso, probabilmente, si invertirà e si supererà, ma anche che gli estrattori hanno ridotto significativamente i loro livelli di indebitamento nell’ultimo decennio, a differenza di altri settori che ne hanno accumulati di più. L’attività di M&A che ha riguardato il settore minerario è stata vigorosa e ha permesso agli estrattori di effettuare riacquisti record di azioni negli ultimi tre anni, senza finanziarli con il debito come avviene nella maggior parte dei casi e in altri settori, facendo sì che la categoria diventasse più appetibile agli azionisti. In quest’ottica, gli estrattori dovrebbero diventare più interessanti per i grandi investitori orientati alla ricerca di fonti di rendimento alternative e ciò dovrebbe portare a forti afflussi di capitale e, di conseguenza, a un aumento dei prezzi delle azioni.
Infine, il dollaro potrebbe aver raggiunto il suo massimo nel 2024 e, quindi, le società minerarie di oro sono pronte a diventare particolarmente interessanti per gli investitori europei nel 2025 grazie all’“effetto 2x/FX”. Se i titoli minerari hanno una leva doppia rispetto al prezzo dell’oro che, secondo noi, aumenterà del 20%, ciò si tradurrà in un guadagno del 40% per i titoli minerari. In combinazione con un dollaro USA più debole, ad esempio un calo del 10% rispetto all’EUR/GBP, il rendimento netto per un investitore europeo nell’oro sarebbe un aumento del 10% e un rendimento netto del 30% nei titoli minerari. Il risultato sarebbe un rendimento triplo, non semplicemente doppio.