Chi ha detto che la crisi economica è ormai alle nostre spalle? Non la pensa certamente così Brant Rubin che l’anno scorso ha avviato un hedge fund e in poco tempo ha dovuto fare i conti con la realtà. La raccolta non riusciva coprire le spese e il suo settore stava cadendo in disgrazia.
Non è più così redditizio: bruciare denaro è scomodo, soprattutto perché non abbiamo soldi illimitati da bruciare, ma credo nei nostri affari”.
Così Bloomberg racconta la storia di questo gestore di hedge fund, laureato alla Columbia Business School, che cerca costantemente di ottenere il massimo da ogni dollaro. La sua parola d’ordine è tirare la cinghia e Bloomberg spiega cosa fa in concreto. Quando si sposta per viaggi alle sontuose e costose stanze di albergo preferisce gli ostelli, vola con compagnie low cost come Norwegian Air mentre per i suoi spostamenti a terra, sceglie la metropolitana e il trasporto pubblico invece di usare Uber. Il suo ufficio si trova sopra una steakhouse a Covent Garden, una zona turistica di Londra e non nel distretto di Mayfair, dove si trovano i più vecchi hedge fund.
Una storia non certo isolata quella di Rubin, emblema di un’industria, quella dei fondi hedge, che continua a contrarsi, sotto la pressione degli investitori che chiedono rendimenti. Basti pensare che 580 hedge fund sono stati chiusi negli ultimi tre anni mentre solo 550 sono stati lanciati. Durante i migliori anni del settore negli anni 2000, sono stati avviati più di 1000 hedge fund all’anno. Poi ci sono anche altri gestori come Jeff Henriksen, che sta avviando un team di tre persone chiamato Thorpe Abbotts Capital che punta ad assumere studenti, invece di analisti più esperti, al fine di fare ricerca per risparmiare denaro o altre start-up, come Devet Capital di Irene Perdomo, che ha avviato il suo fondo con $ 750.000 in una stanza a Wimbledon e ora con il suo partner gestisce oltre $ 100 milioni sempre nello stesso spazio.