Mentre il clamore mediatico intorno ai Panama Papers si è un po’ affievolito il lavoro dell’Agenzia delle entrate per per chiarire le situazioni dei soggetti italiani emersi dall’inchiesta prosegue. Sono 700 i nomi coinvolti nelle indagini sul caso, per i quali sono stati richiesti gli opportuni chiarimenti ai Paesi presso i quali sono depositati i loro patrimoni. L’Italia non è ovviamente l’unica a condurre simili accertamenti sui propri residenti: la task force che coordina 30 amministrazioni finanziarie nelle indagini si è recentemente riunita a Parigi per fare il punto sullo scandalo internazionale dal quale sono emersi migliaia di conti off-shore (fra cui quelli di molti personaggi pubblici). Il forte sospetto è quello di un utilizzo di questi conti finalizzato all’evasione fiscale. In particolare, si legge nella nota dell’Agenzia delle entrate, le varie autorità si sono scambiate informazioni “sul ruolo degli intermediari fiscali, inclusi istituzioni finanziarie, consulenti, avvocati e commercialisti, che hanno favorito l’evasione e l’elusione fiscale”, in quello che è viene definito come il “il più grande scambio di informazioni simultaneo mai realizzato prima d’ora”.
Dall’incontro svoltosi il 16 e 17 gennaio, il terzo per la Joint International Taskforce on Shared Intelligence and Collaboration (questo il nome ufficiale della squadra d’indagine), sono emersi nuovi “risultati significativi” per quanto riguarda ” la conoscenza delle varie tipologie di evasione fiscale messe a punto dagli intermediari fiscali” e “lo sviluppo di approcci omogenei per richiedere le informazioni tra i partner dei trattati”. Le indagini hanno visto la taskforce impegnata in “oltre 1700 controlli e verifiche effettuati sui contribuenti, più di 2550 richieste di informazioni e l’individuazione di una lista target di 100 intermediari”.
Quest’intensa attività d’indagine ha probabilmente spinto “un cospicuo numero di contribuenti” a farsi avanti “spontaneamente per dichiarare al Fisco le proprie operazioni offshore”.