“Another Day In Paradise”. Recita così il ritornello della famosa canzone di Phil Collins, “un altro giorno in paradiso”. Ovviamente non mi riferisco al paradiso cristiano, bensì a quello fiscale e bancario. Ho più volte sottolineato come l’Italia sia un convento povero con frati ricchi: in parole povere abbiamo moltissimi risparmi, spesso abbandonati in liquidità, troppo spesso mal investiti.
Una consistente parte di questi capitali, specie i più corposi, vengono ancora detenuti oltralpe (per tenerli vicini), in Svizzera o in Austria. Le motivazioni di queste scelte sono molte e varie, lungi da me dal sradicarle da chi è convinto sia la scelta migliore! Il mio compito è solo mettervi “in guardia” e portarvi fatti e numeri, luci ed ombre.
Capitali all’estero: ancora anonimi?
Se pensate che portare i capitali all’estero sia una idea conveniente (in termini di costi) ed efficiente (in termini di sicurezza), forse non avete preso in considerazione alcuni fattori. L’elusione dei capitali ai fini fiscali (risultare nulla tenenti in Italia e quindi essere sconosciuti al fisco) ormai è un lontano ricordo. Nonostante paesi come Svizzera e Panama siano ad oggi ancora paesi black-list (inseriti in un elenco speciale di paesi come paradisi fiscali), sono diventati ormai white-list (trasparenti) per quanto riguarda il cosiddetto CRS (common reporting standard).
Questo sistema permette infatti uno scambio automatico di informazioni tra Stati aderenti al CRS e funziona così: ogni mese, vengono verificate le posizioni finanziarie (liquidità o investimenti) di ogni soggetto non fiscalmente residente nel Paese che sta effettuando la verifica. Successivamente questo report viene inviato ai competenti organi di controllo fiscale del paese d’origine (Agenzia Entrate in Italia). Ecco i Paesi aderenti:
In caso i dati siano concordi a quando dichiarato nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, tutto bene, altrimenti scatta l’accertamento. Il segreto bancario, anche in Svizzera, ormai non regge più.
Quanto costano gli investimenti all’estero?
Pensate vi costi meno? Non proprio. Un conto corrente in Svizzera costa tra i 250 € e i 1.000 € all’anno, in Austria circa 100 € o più all’anno. Se poi vogliamo spostarci in Paesi più “di nicchia” come Panama e Lussemburgo, i costi lievitano molto di più. In Lussemburgo infatti, oltre al canone mensile e al costo dell’operazione, c’è una tassa iniziale di 395 €. A tutti questi conti comunque va aggiunto il bollo di 34,20€ all’anno (si, anche all’estero) e l’IVAFE (Imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero) pari al 0,2%, esattamente come un bollo di dossier titoli in Italia.
In sostanza, tutti queste soluzioni risultano più onerose rispetto all’Italia, dove troviamo conti a costo zero. Certo, per capitali elevati, questi costi diventano irrisori, ma le sicurezze quali sono? Premesso che in caso di fallimento della Banca Estera, sarà molto più oneroso e complicato insinuarsi al passivo, tenendo conto che ad esempio anche in Austria vige il Bail-In al di sopra dei 100.000 euro.
Paura per la tua liquidità in Italia? Investirla potrebbe infatti salvarti dal Bail-In poiché la liquidità investita, ad esempio in fondi di diritto Lussemburghese, ti permette di sfruttare la solidità di una banca depositaria Lussemburghese, senza i costi correlati di apertura conto.
“Si, ma allora io investo nell’immobiliare all’estero”. Si certo, pagherai l’IVIE, una IMU estera!
E la patrimoniale?
“Ah io i soldi li porto all’estero, così non pago la patrimoniale”. Magari. La patrimoniale si applica per codice fiscale, perciò tutto ciò che è patrimonio (immobili, conti all’estero, conti in Italia ecc…), verranno soggetti alla patrimoniale. L’estero perciò non vi mette al riparo da queste forme di prelievo forzoso. Non dichiarate i soldi all’estero? Ok, bene, interviene il CRS (vedi sopra). Verrà fatto un accertamento e poi prelevato il dovuto. Come vedete quindi l’estero non è una soluzione utile.
Come vengo tassato all’estero?
Vi ho già detto che l’Italia è un paradiso fiscale per quanto riguarda le tasse di successione vero? Vi piacerebbe lasciare un maggior onere fiscale ai vostri eredi solo perché avete lasciato delle importanti attività all’estero pensandole al sicuro? Ecco più o meno quanto pagherebbe un figlio che eredita dal padre:
Pensate ancora che sia tutto rose e fiori all’estero per noi italiani? Avete mai pensato a trovare delle soluzioni efficienti per la protezione del patrimonio “in casa”?
Dott. Marco Mattei
Consulente Finanziario – Pianificatore patrimoniale