NEW YORK (WSI) – Grazie ai paradisi fiscali le grandi banche di Wall Street stanno evitando le regole sui derivati imposte dalle autorità Usa per scongiurare un’altra crisi fiannziaria e che non permetterebbero loro di prendere rischi eccessivi.
In un’analisi approfondita sui paradisi fiscali, Reuters spiega come essi saranno al centro dela prossima crissi finanziaria. Gli atolli offshore sono alla base del capitalismo globalizzato contemporaneo.
Le banche hanno fiumi e fiumi di prestiti depositati in conti situati in paradisi fiscali. Sei banche americane da sole hanno prestiti per 3.300 miliardi di dollari dichiarati alle isole Cayman.
E non si tratta solo delle banche e delle isole Cayman. Il problema è ben più esteso. Fondi hedge e gruppi di private equity hanno aumentato le attività creditizie ad alto rischio negli ultimi anni. Di pari passo hanno fatto sempre più ricorso a veicoli ‘fuori bilancio’.
Ora il fenomeno rischia di essere al centro della prossima crisi finanziaria. I colpevoli sono principalmente due: gli Stati Uniti che non sono riusciti a fermare o almeno limitare queste attività ai limiti della legalità e ovviamente i paradisi ficali dove le imprese possono agire senza controlli.
Mentre il contribuente standard paga il prezzo per gli eventuali errori commessi e i rischi intrapresi, le banche e i paradisi offshore intascano lauti guadagni con scommesse ad alto pericolo.
Le pressioni delle lobby della finanza hanno consentito alle banche di portare a casa una vittoria importante, ottenendo che le regole restrittive imposte dalla Commissione di Trading dei Futures sulle Commoditites (CFTC) non valessero per gli strumenti derivati che non rispondono aalle leggi americane.
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I prodotti in questione comprendono alcuni dei derivati più scambiati al mondo e anche per questo più rischiosi. Il comportamento speculatore e la caccia al profitto non sono spariti nell’universo finanziario, si sono semplicemente spostati oltre oceano, in tutti quei luoghi dove le leggi sono più morbide.
Anche se queste operazioni di trading avvengono fuori dai confini statunitensi, i rischi non vengono esportati offshore, bensì rimangono all’interno del paese. I contratti rischiosi vengono firmati all’estero, ma i mercati e tutto il mondo dovrebbe preoccuparsi del fenomeno.
Come ha dimostrato l’ultima crisi del debito greco, tutto è strettamente interconnesso e come i paradisi fiscali offshore siano al centro di tutto. il Regno Unito, il Lussemburgo, le Bermuda, le isole Cayman, l’isola di Man, la Svizzera, il Liechtenstein, l’Irlanda e ovviamente gli Stati Uniti compaiono nella rete di relazioni legate al debito greco nel grafico elaborato dall’Fmi.
Fonte: Reuters
(DaC)