L’Italia non è un paese per giovani. Ma neanche per donne. Lo rileva il Global Gender Gap Report 2022, uno studio diffuso a metà luglio dal World Economic Forum (Wef), che misura il raggiungimento degli obiettivi di parità tra uomini e donne in diversi ambiti: partecipazione economica, il livello di istruzione, la salute e la partecipazione politica. Il rapporto posiziona l’Italia al 63 esimo posto su 146 paesi per parità di genere. Siamo uno degli ultimi paesi europei con Romania, Cipro e Grecia. Il Belpaese viene dopo Uganda e Zambia e appena prima della Tanzania. Se a livello macro il nostro paese è poco attento alle donne, anche a livello micro le imprese italiane non fanno eccezione. Vediamo in particolare cosa accade nel settore finanziario.
Le donne nel settore finanziario in Italia
A giugno 2022, Deloitte e la School of Management dell’Università di Milano hanno lanciato uno studio sui temi di diversity, inclusion ed equity nelle società finanziarie italiane. Hanno preso parte allo studio 42 imprese. Dalla ricerca, presentata a Milano il 13 luglio scorso, emerge che nella maggior parte delle società finanziarie che vi hanno preso parte (62%), meno del 20% delle posizioni apicali è affidato a donne. La dinamica è comune a tutte le imprese senza distinzione dimensionale. La distribuzione è invece eterogenea se si confrontano i dati fra i settori e in base all’afferenza a un network internazionale.
Quanto alle posizioni di middle management, in circa 1 organizzazione su 2, poco più del 30% delle posizioni è affidato a donne. Le posizioni apicali sono ricoperte da donne per meno del 20% soprattutto nel settore dell’asset management (78%) e in quello bancario. Il settore assicurativo è quello con più donne in C-Suite e in middle management.
Le donne nella finanza in Europa
Secondo un altro studio di Deloitte, le donne in Europa ricoprono:
- il 17,3% dei ruoli dirigenziali (che saliranno al 23,4% nel 2030);
- il 21,7% dei ruoli di senior leadership (in aumento al 22,1% nel 2030);
- il 27,2% dei ruoli manageriali (in discesa al 25,6% nel 2030).
A livello globale, nel settore dei servizi finanziari le donne occupano:
- il 21% dei posti nei consigli di amministrazione;
- il 19% dei ruoli dirigenziali (C-suite);
- il 5% delle posizioni di ceo.
Alison Rogish, US Banking and Capital Markets DEI leader di Deloitte Consulting LLP, commenta in proposito: “La nostra analisi rivela un’ampia disparità nell’effetto moltiplicatore tra le varie aree geografiche globali, che varia da 2 a 5 volte. Le aziende dovrebbero considerare l’opportunità che l’effetto moltiplicatore geografico offre per amplificare in modo esponenziale i loro sforzi di equità di genere quando promuovono le donne a ruoli di leadership più elevati”.
Perché la parità di genere è un imperativo categorico, anche per il business
Secondo Deloitte, occorre trasformare l’equità di genere da iniziativa interna a imperativo aziendale. Ciò significa “incorporarla in ogni aspetto dell’attività e a ogni livello dell’organizzazione”, trattandola come un qualsiasi altro obiettivo aziendale da raggiungere.
In proposito Laurence Dubois, partner di Deloitte & Associés in Francia, spiega: “Il raggiungimento dell’equità di genere è un percorso lungo. Alcune società finanziarie hanno aumentato in modo sostanziale il numero di donne nei ruoli dirigenziali mantenendo l’attenzione sull’equità di genere e iniziando strategicamente la pianificazione della successione in anticipo – in alcuni casi, nel corso di cinque anni o più”.
Per Paolo Gianturco, Business Operations & FinTech Team Leader di Deloitte Consulting, il tema della parità di genere può essere annoverato tra gli obiettivi strategici della trasformazione aziendale: “La parità è il risultato di una serie di azioni volte a sviluppare diversity, inclusività e un ambiente di lavoro non-discriminatorio. Per questo, l’obiettivo di raggiungere la parità di genere deve essere trattato come un qualsiasi altro progetto di business transformation, partendo da una valutazione della situazione di partenza per pianificare con attenzione una strategia di trasformazione, utilizzando metriche precise per la valutazione dei risultati e mettendo in campo azioni continue volte al raggiungimento degli obiettivi prefissati.”
“Investire sulla parità di genere può diventare un vero e proprio asset per l’azienda” prosegue Gianturco “generando effetti positivi sia sulla forza lavoro interna che sui clienti, sull’ecosistema e sulla società in generale.” Un’analisi Deloitte condotta a livello globale, infatti, ha sottolineato come l’aumento della diversity generi un vero e proprio “effetto moltiplicatore”: un aumento quantificabile e significativo, per cui il numero di donne in posizioni di leadership aumenta tra le 2 e le 5 volte per ogni donna che assume ruoli dirigenziali, creando un impatto positivo e di lungo periodo non solo sull’azienda ma su tutta la società.