Tasse fisse e meno controlli. Questi i due pilastri sui quali nasce il concordato preventivo, misura fiscale che, stando alle prime indicazioni, interesserà circa 4 milioni di partite Iva (2,42 milioni di soggetti sottoposti agli indici sintetici di affidabilità, gli ex studi di settore e 1,7 milioni di forfettari).
Si tratta di una sorta di patto tra lavoratori autonomi e Fisco, della durata di due anni, dove i primi si impegnano a versare le tasse concordate con l’amministrazione fiscale e il secondo a non effettuare attività di accertamento.
Il nuovo strumento, contenuto nel decreto legislativo sull’accertamento approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri lo scorso 25 gennaio, avrebbe l’obiettivo, stando alle indicazioni del Governo, di ridurre l’evasione fiscale. Ma la misura non convince tutti. Non sono infatti mancate le prime critiche.
Come funziona il concordato preventivo
Prima di tutto, la misura interessa la platea delle partite Iva soggette agli indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa) e quelle che hanno aderito al regime forfettario con la flat tax del 15%.
I soggetti che accetteranno la proposta dell’Agenzia delle entrate dovranno inviare entro il 15 ottobre 2024, data in cui, presumibilmente, avranno un’idea più precisa degli incassi annuali, la dichiarazione dei redditi per l’adesione al concordato ed entro il 30 novembre versare il secondo acconto 2024 eventualmente integrato con l’eventuale differenza dovuta all’adesione stessa.
Nel biennio di validità dell’accordo con il Fisco, il contribuente sarà al riparo da accertamenti fiscali, salvo per fatti gravi che determinino la decadenza dal regime del concordato preventivo.
Le ultime modifiche
Le ultime modifiche apportate dal Governo stabiliscono che al concordato preventivo potranno aderire tutti le partite Iva, indipendentemente dall’affidabilità fiscale, quindi anche quelle con pagelle fiscali peggiori. Si tratta di un cambio di marcia rispetto alla prima proposta, che vedeva il concordato preventivo circoscritto ai soli soggetti con un voto di almeno 8 nelle pagelle dell’affidabilità fiscale.
Una scelta che non ha mancato di suscitare polemiche. “E’ una legittimazione dell’evasione fiscale”, avverte il responsabile economico del Pd Antonio Misiani. Il concordato “è un mostro bicefalo che si tradurrà in un condono preventivo o in un’estorsione di Stato”, rincara Emiliano Fenu del M5s.
“Favorisce l’evasione di massa”, ha attaccato la Cgil, che definisce il provvedimento “addirittura peggiorativo rispetto allo schema iniziale”. Ma il governo allontana le critiche: “L’obiettivo è proprio quello di contrastare i fenomeni elusivi”, assicura il viceministro dell’economia Maurizio Leo, spiegando che “il problema è legato al numero dei controlli per chi ha un punteggio inferiore all’8: siccome non ne vengono fatti tanti, o li portiamo tutti più su o rischiamo che continuino a non dichiarare”.