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Penati ha dato soldi al Pd fino all’anno scorso

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Filippo Penati avrebbe “conti correnti a Montecarlo e a Dubai”. Lo afferma uno dei suoi grandi accusatori, l’imprenditore Piero Di Caterina. E per i pubblici ministeri di Monza è un motivo in più per richiedere l’arresto del dirigente del Pd, a fronte del “pericolo di inquinamento istruttorio”. I sostituti procuratori Walter Mapelli e Franca Macchia hanno fatto ricorso al tribunale del Riesame di Milano ribadendo la richiesta di custodia cautelare per l’ex presidente della Provincia di Milano e per il suo braccio destro Giordano Vimercati. Una richiesta che il gip Anna Magelli aveva respinto, mandando in carcere altri due indagati, l’ex assessore Pasqualino Di Leva e l’architetto Marco Magni.

Nel ricorso, Mapelli e Macchia ribadiscono i punti fermi dell’inchiesta bocciati dal gip. Penati e Vimercati sono stati protagonisti di una concussione ai danni di diversi imprenditori sestesi, e non di corruzione (reato meno grave, per il quale gip ha potuto applicare la prescrizione). Inoltre parte delle presunte tangenti ricevute da Penati finivano al partito, aspetto che il gip non ha ritenuto sufficientemente provato. Invece, si legge nei documenti dell’accusa, “non vi è dubbio che Di Caterina abbia sistematicamente finanziato il Pds nelle persone di Filippo Penati e Giordano Vimercati sino ai giorni nostri”, in particolare “sino alle elezioni regionali del 2010”, quando Penati era il candidato del Pd, poi sconfitto da Roberto Formigoni.

IL SISTEMA SESTO

Intanto si allunga la lista degli imprenditori che si presentano come vittime del “sistema Sesto” scoperto dagli investigatori del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano. Quello che i sostituti procuratori Mapelli e Macchia descrivono così: “Un desolante quadro di sfruttamento della funzione pubblica a fini di arricchimento privato e illecito finanziamento alla politica” che si sarebbe manifestato nell’ex Stalingrado d’Italia – città ininterrottamente “rossa” dal Dopoguerra a oggi – nell’”ultimo quindicennio”.

LA SEDE DI SKY

Oltre all’immobiliarista Giuseppe Pasini, già proprietario delle aree ex Falck, parla anche Paolo Fondrini, titolare della grande concessionaria Audi-Volkswagen Sesto Autoveicoli. Nel 1999, Fondrini voleva ampliare la concessionaria in una parte dell’area industriale Ercole Marelli: “Ho dovuto però sottostare, all’epoca della giunta Penati, alle indicazioni cogenti provenienti dal sindaco”. In sostanza, operazioni sulle aree a favore del solito Di Caterina, all’epoca legatissimo al sindaco. In una telefonata intercettata il 24 febbraio di quest’anno, Fondrini parla anche di Pasini e dell’area Falck: “Dal momento in cui è andato a comprare la Falck, cosa ha fatto? Non solo ha dato stecche da tutte le parti ai soliti vermi, che alla fine poi non gli hanno dato un cazzo di aiuto… ma le banche gli hanno detto: o rientri o ti facciamo fuori”. Le carte dell’accusa contengono pesanti considerazioni su Bancaintesa, protagonista finanziaria di tutti i passaggi di proprietà della aree Falck e anche di alcuni movimenti di denaro finiti nel mirino degli inquirenti.

Il titolare di Sesto Autoveicoli fa un riferimento anche alla nuova sede di Sky, che in un primo momento sarebbe dovuta andare a Sesto, ma “qualcuno si è messo in tasca non so quanti quattrini per far sì che Sky andasse a finire là, in Santa Giulia”, il quartiere milanese edificato da Risanamento dell’immobiliarista Luigi Zunino, subentrato a Pasini nel 2005 nella propreità dell’area Falck.

ZUNINO E I SOLDI ALL’ASSESSORE DI LEVA

Secondo la ricostruzione della Procura di Monza, quando Penati lascia Sesto per superiori incarichi, il ruolo di “collettore” passa a Pasqualino Di Leva, importante esponente politico sestese già dai primi anni Novanta e più volte assessore. Di Caterina racconta di aver parlato con Giuseppe Grossi, il “re delle bonifiche” attualmente sotto processo per fondi neri, in affari con il gruppo Zunino, impegnato nel progetto Falck. “Grossi mi rappresentò l’esigenza del gruppo Zunino di affrontare sul territorio il problema del raddoppio della superficie lorda complessiva sull’area ex Falck, che volevano portare da 650 mila a un milione 300 mila metri quadri…”. Il nuovo sindaco di Sesto, Giorgio Oldrini, “era d’accordo”, racconta l’imprenditore, mentre “Di Leva si metteva per traverso”. Per dare il via libera, che poi arriverà, Di Leva chiede “un milione e mezzo di euro per far fronte alle difficoltà finanziarie della Pro Sesto (la squadra di calcio, ndr) e di due giornali locali”.

Secondo la testimonianza di Pasini, Di Leva ha preteso “30 mila euro” anche sull’area Breda, la terza importante riconversione industriale sestese dopo Falck e Marelli. Un sistema, appunto.

DI CATERINA E IL FINANZIAMENTO AL PARTITO

L’imprenditore sestese Piero Di Caterina, attivo nel settore dei trasporti pubblici, racconta a verbale che “dopo il 1994, Penati e Vimercati mi chiesero un sostegno finanziario per le esigenze locali del partito, ma anche per la federazione milanese del Pds”. L’imprenditore ricorda “elargizioni di 20-30 milioni al mese”. Le “buste con denaro contante”, afferma, venivano ritirate “da Vimercati”. Tra il 1994 e il 1998, il totale versato petr queste esigenze sarebbe stato di “un miliardo, un miliardo e mezzo di lire”. Dal ’98 fino al 2003, altri “2,5 milioni di euro”.

“PENATI VENIVA A PRENDERE I SOLDI IN UFFICIO”

E’ sempre di Caterina a raccontare di aver finanziato le campagne elettorali di Penati per le elezioni provinciali (2004 e 2009) e regionali (2010). “In quelle occasioni”, mette a verbale nell’interrogatorio del 5 aprile di quest’anno, “Penati venne a prendere il denaro direttamente nella mia azienda, in due o tre occasioni, per un importo complessivo di alcune decine di migliaia di euro”.

IL CASO SERRAVALLE

I pm monzesi, si legge nell’appello al riesame, indagano anche sul controverso acquisto da parte della Provincia di Milano, guidata da Penati, di una quota dell’autostrada Serravalle dal gruppo Gavio. Lo spunto è un’anomala compravendita immobiliare in cui la società Codelfa, del gruppo Gavio, perde una caparra di due milioni di euro rinunciando ad acquisire un immobile di Di Caterina dopo avere firmato il compromesso.

I pm ci vedono un pagamento mascherato “nell’interesse di Penati e di Vimercati”. L’unica spiegazione razionale, scrivono, “è che la somma sia parte della tangente a loro destinata per l’acquisto da parte della Provincia di Milano del 15 per cento delle azioni della Milano Serravalle, avvenuto il 29 luglio 2005”. Secondo l’accusa, si sarebbe trattato di un risarcimento di Penati a Di Caterina, che pretendeva indietro parte dei finanziamenti erogati al politico perché insoddisfatto del trattamento ricevuto dalla Provincia di Milano in merito “alla distribuzione dei proventi del Sistema integrato dei trasporti dell’alto milanese (Sitam)”.

Da presidente della Provincia, scrivono ancora i magistrati, Penati “avrebbe indirizzato” all’amico imprenditore due provvedimenti: il riparto degli introiti del Sitam (giudicato però insoddisfacente dal beneficiario) e l’acquisto di un immobile di Di Caterina in via Varanini 28 a Milano.

LE BUSTE DI SCHWARZ A MULTIMEDICA

Di Caterina tira in ballo un nuovo nome, quello di Daniele Schwarz, un big della sanità lombarda con la sua Multimedica. Schwarz non risulta indagato, ma l’imprenditore sestese sarebbe stato indirizzato a lui da Marco Bertoli, direttore generale del Comune di Sesto San Giovanni ed esponente del partito. “In un paio di occasioni mi chiese di andare da Schwarz per ritirare dei contributi alla fine degli anni Novanta, cosa che feci. Anche durante il primo mandato di Oldrini (succeduto a Penati dal 2002, ndr) Bertoli mi chiese di tornare da Schwarz, ma io mi rifiutai”.

LE COOP ROSSE ALLA FALCK

Non solo tangenti. Nel pacchetto di “benefit” pretesi da Penati sull’area Falck, secondo la Procura di Monza, ci sarebbe anche l’ingresso delle cooperative rosse emiliane nell’affare. Il costruttore Pasini, proprietario delle aree fino al 2005, paga fatture “per prestazioni inesistenti”, si legge nell’appello al Riesame, alle società Aesse e Fingest, “presumibilmente destinate a regolare i conti con la politica a livello centrale”. Lo dice a verbale Luca Pasini, figlio dell’immobiliarista: “Durante la trattativa conobbi Omer Degli Esposti e un certo Salami come rappresentatnti delle cooperative emiliane. Ci venne detto, mi pare da Vimercati, che le cooperative avrebbero garantito la parte romana del partito”. Oggi Vimercati e Degli Esposti, notano i pm, a dieci anni di distanza “sono ancora coinvolti nell’operazione”, come “compagni d’avventura” del nuovo proprietario dell’area Falck, l’immobiliarista Davide Bizzi.

LE PRESSIONI DI PENATI SULL’INCHIESTA

A supporto della richiesta d’arresto, i pm Mapelli e Macchia accusano Penati di aver cercato di boicottare le indagini. Raccontano per esempio di un incontro con Pasini il 16 maggio davanti al palazzo della Regione Lombardia in via Filzi a Milano (Penati era vicepresidente del consiglio regionale e si è dimesso in seguito all’inchiesta), osservato dagli uomini della Guardia di finanza. Non è stato possibile registrarlo, perciò i pm riportano soltanto la testimonianza dell’imprenditore: “Lei, Giuseppe, sa che io non ho preso una lira, sa che io di quattrini non ne ho”, avrebbe detto il dirigente del Pd, parole che Pasini legge come “indicazioni da tenere presente in caso di convocazione da parte dell’autorità giudiziaria”. Altri scambi di telefonate e sms tra Penati e il suo entourage dimostrano, secondo l’accusa, la piena consapevolezza dei rischi connessi all’indagine. Per esempio il messaggio dello storico portavoce Franco Maggi dopo l’interrogatorio della segretaria di Vimercati: “No tel, no news, no problem”.

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