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Pensionati o precari: come investire in base all’età

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ROMA (WSI) – Un piano d’investimento per ogni fascia di età. Gli obiettivi da raggiungere non sono gli stessi per chi ha 30 anni, chi ne ha 50 e chi invece supera i 70. Cambia anche il reddito a disposizione e dunque la capacità di impiego. Modulare in modo opportuno le variabili in gioco non è semplice. Abbiamo chiesto agli esperti quali strade è meglio seguire, guardando all’anagrafe e ai rischi che è meglio evitare. Scommettendo sui punti di forza di ciascuna generazione.

30 anni e la forza del lungo periodo

Un lavoro precario e magari lunghi periodi in bolletta. E’ l’immagine che la fascia d’età dei 30enni evoca più spesso. La fatica per riuscire a conquistare un posto stabile è grande e gli spazi per mettere da parte qualcosa da investire sono pochi. Eppure proprio chi è giovane dovrebbe pensare di più a questo tema. L’incertezza del nostro sistema pensionistico e le tante incognite sul futuro sono in primo piano. Accantonare qualcosa oggi potrebbe servire a vivere un domani più sereno. Lo sforzo non è necessariamente grande. Anche perché chi è giovane può contare sulla forza del lunghissimo periodo che ha davanti a sé con diversi decenni per far fruttare anche somme contenute. E il lusso di potersi permettere più rischi.

«Il consiglio è quello di costruire un portafoglio d’investimento diviso in due parti – dice Daniele Piccolo, con-direttore generale di Banca Albertini Syz -. La prima dovrebbe contenere soltanto quei risparmi da non toccare per un periodo lunghissimo. Fino alla pensione». Per l’esperto questa parte dovrebbe contenere una quota significativa di azioni, globali con un dividendo. La strada può essere quella dei fondi comuni d’investimento oppure quella degli Etf. «E’ importante che questi strumenti non investano in aziende speculative ma in quelle società che offrono un costante flusso di cedole» spiega Piccolo. La rivalutazione negli anni sarà a due cifre, soprattutto se la cedola verrà reinvestita periodicamente nel fondo.

La seconda parte del portafoglio dovrà contenere invece quei risparmi che un giorno potrebbero servire per comprare l’auto o la casa. Dunque facilmente liquidabili. Una soluzione può essere quella dei bond a breve termine o quella dei conti deposito.

50 anni e la solidità del reddito

E’ forse la fascia d’età in cui si riesce a costruire di più. Però il tempo a disposizione per far fruttare quel che si riesce a mettere da parte nel quotidiano è più corto. Il rischio va ridotto e dunque il portafoglio deve essere più strutturato con l’obiettivo di preservare il capitale e arrivare a un ritorno complessivo del 2,5% annuo.

«Per riuscirci posizionerei il 25% del portafoglio sulle azioni – dice Luca Riboldi, direttore degli investimenti di Banor -. Il resto andrebbe ripartito tra Cct, che sono più sicuri, e sulle obbligazioni societarie di qualità e a breve durata». Tra le azioni, la quota dell’Italia è al 7%. Il resto è suddiviso tra Cina, Usa e Giappone oltre che emergenti.

70 anni e poca voglia di rischiare

A 70 anni è possibile fare i conti con un orizzonte temporale d’investimento anche sopra i 10 anni. Ma come impiegare al meglio i soldi in due lustri? «L’idea è quella di puntare molto di più sulle obbligazioni e meno sul rischio azionario – dice Riboldi -. Anche perché le azioni hanno già corso molto e dunque è meglio evitare di esporsi a brutte sorprese». Il portafoglio dovrebbe quindi andare per una parte del 45%, quasi la metà, in Cct a due anni che però rendono tra lo 0,7% e lo 0,8%. Il tasso è basso ma si rischia poco. Un altro 30% dei risparmi invece andrebbe posizionato sulle obbligazioni societarie investment grade, vale a dire di qualità. Dell’area euro e con una durata intorno ai 3 anni. Tra i nomi di ottimo standing ci sono Finmeccanica, Prismian, Luxottica, L’Oreal e Nestlè.

Un altro 10% del portafoglio dovrebbe essere invece collocato in corporate bond, sempre di ottima qualità, denominati però in dollari, in modo da poter guadagnare dalla rivalutazione del biglietto verde. Infine il restante 15% è dedicato all’azionario suddiviso tra Italia (4%), Usa (3%) e il resto posizionato su emergenti e Cina.

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