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Pensioni, la spesa supera i 322 miliardi. I numeri

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Nel report annuale presentato dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale nel 2022, si è registrato un importante traguardo: la spesa per prestazioni pensionistiche ha raggiunto la cifra impressionante di 322 miliardi di euro, di cui ben 315 miliardi sono stati sostenuti direttamente dall’ente previdenziale. Questo dato evidenzia l’importanza e la rilevanza delle pensioni nel sistema economico e sociale italiano. Tuttavia, ci sono alcune dinamiche interessanti da esaminare all’interno di questo contesto.

Il dominio delle pensioni anticipate

Uno degli aspetti più rilevanti che emergono dal rapporto dell’INPS è il dominio delle pensioni anticipate. Più della metà delle spese pensionistiche è stata destinata a prestazioni di anzianità e pensioni anticipate, il che indica una tendenza significativa verso il pensionamento prima dell’età pensionabile standard. Questa tendenza è stata in gran parte influenzata dal programma “Quota 100”, che ha consentito a molti lavoratori di andare in pensione anticipatamente.

A partire dal 2019, sono stati registrati ben 448.573 nuovi pensionamenti anticipati, compresi i pochi beneficiari di Quota 102 e Quota 103, che sono stati solo 1.563 e 5.125 rispettivamente fino al 31 maggio 2023. Questo indica un forte impatto delle politiche di pensionamento anticipato sul sistema previdenziale italiano.

Opzione donna e le penalizzazioni contributive

Un altro aspetto interessante riguarda l’Opzione Donna. Nel 2022, le penalizzazioni degli assegni contributivi legati all’Opzione Donna sono scese all’8%. Questa misura ha beneficiato circa 175.000 lavoratrici, ma i loro assegni sono stati in media quasi il 40% più bassi rispetto alla media, a causa di contributi inferiori e anni di lavoro ridotti. Tuttavia, va notato che la penalizzazione media derivante dal ricalcolo contributivo è in diminuzione, passando dal 23% nel 2013 all’8% nel 2022. Questo dato potrebbe influenzare futuri dibattiti sulla flessibilità del sistema pensionistico.

L’inflazione e il potere d’acquisto dei pensionati

Il rapporto dell’INPS ha anche evidenziato l’effetto dell’inflazione sulle famiglie italiane, soprattutto sui pensionati. Nel periodo tra il 2018 e il 2022, le famiglie con una minore propensione alla spesa hanno sperimentato un’inflazione cumulata di circa il 15%, che è risultata essere maggiore rispetto a quella delle famiglie con una maggiore propensione alla spesa. Tuttavia, l’INPS ha sottolineato che questo aumento dei costi è stato in gran parte compensato dagli effetti positivi dell’aumento dell’occupazione e degli aiuti governativi.

D’altra parte, le famiglie che percepiscono solo redditi da pensione, in particolare quelle nel “primo quinto” della distribuzione della spesa, hanno subito una perdita significativa del potere d’acquisto nel periodo tra il 2018 e il 2022. Questo gruppo ha perso circa il 10,6% del reddito in termini reali, mentre le famiglie nell'”ultimo quinto” hanno perso il 7,5%.

Il taglio del cuneo contributivo

Un importante cambiamento avvenuto nel 2022 è stato il taglio del cuneo contributivo, che ha comportato un aumento significativo degli stipendi dei lavoratori. Fino a dicembre, il taglio dei contributi, limitato ai lavoratori, è stato applicato fino a un reddito annuo di 35.000 euro, con un aumento ulteriore a 7 punti percentuali fino a 25.000 euro. Questo intervento ha beneficiato circa 14 milioni di lavoratori dipendenti.

I risultati dell’analisi condotta dall’INPS hanno dimostrato un incremento significativo dell’importo netto in busta paga già nel 2022, con una media di circa 30-40 euro al mese. Le simulazioni per ottobre 2023 indicano un aumento di circa 100 euro lordi al mese, con alcune categorie di lavoratori che hanno beneficiato di aumenti ancora più consistenti, superando i 125 euro al mese.

Gli incentivi sull’occupazione

L’INPS ha anche analizzato gli effetti degli incentivi sull’occupazione. È emerso che gli incentivi assunzionali, come la decontribuzione per il Sud e l’esonero per i giovani, hanno avuto un impatto positivo sull’occupazione, ma meno sull’aumento dei salari. Tali incentivi hanno contribuito all’aumento delle assunzioni e delle stabilizzazioni lavorative, ma la crescita dei salari è rimasta più contenuta.

Lavoro autonomo e divario territoriale

Infine, il rapporto dell’INPS ha evidenziato che, nonostante il progresso nell’occupazione, il lavoro autonomo sta diminuendo, e il divario tra Nord e Sud Italia persiste. Nel 2022, il numero di assicurati INPS è salito a oltre 26,2 milioni, ma il lavoro autonomo sta vivendo una fase di contrazione. Il part-time, soprattutto tra i lavoratori privati, è abbastanza diffuso, e il divario tra lavoro dipendente e autonomo rimane una sfida.