Economia

Pensioni, piano flessibilità in uscita: chi sarà penalizzato?

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

ROMA (WSI) – Pensioni e flessibilità in uscita: il governo Renzi sta lavorando a un piano che possa permettere a chi vuole o è costretto dalle situazioni a lasciare il proprio lavoro, di andare in pensione prima. Tre sono le situazioni e tre i modi per farvi fronte.

Le anticipazioni sono state fornite da Tommaso Nannicini, sottosegretario di Palazzo Chigi, in un’intervista rilasciata al Messaggero. Maggiori informazioni saranno disponibili con il Position Paper sulle pensioni, a cui appunto il governo sta lavorando, e che dovrebbe essere pronto per il mese di maggio.

Stando a quanto riportato da alcune fonti di governo, il piano dovrebbe costare “meno di un miliardo” all’erario e implicherebbe un intervento multiplo di assicurazioni, banche, Inps e Stato.

Così Nannicini, nel presentare i tre casi di flessibilità in uscita:

“Ci sono tre categorie. La prima è quelle delle persone che hanno una preferenza ad andare in pensione prima, ad esempio la nonna dipendente pubblica che vuole accudire i nipotini. La seconda è quella di chi ha necessità di andare in pensione anticipatamente, in quanto ha perso il lavoro e non ha ancora i requisiti d’uscita. La terza categoria sono i lavoratori che l’azienda vuole mandare in pensione prima per ristrutturare l’organico aziendale. Ebbene, si potrebbe provare a creare un mercato di anticipi pensionistici, che oggi non c’è, coinvolgendo governo, Inps, banche, assicurazioni”.

Nannicini precisa:

“In questo schema la prima categoria può andare in pensione ma con una penalizzazione leggermente più forte. Alla seconda categoria la penalizzazione gliela paga in buona parte lo Stato. Per la terza sono le aziende a coprire i costi dell’anticipo. In sintesi non sarebbe lo Stato a versare l’anticipo, ma si limiterebbe a coprire una parte dei costi con un’assicurazione a garanzia del rischio morte”.

Viene escluso un intervento sulle pensioni di reversibilità, mentre sull’opzione di estendere alle pensioni minime il bonus da 80 euro a partire da quest’anno:

“Da qui alla fine della legislatura, entro il 2018, il governo interverrà per sostenere le pensioni più basse. È ancora presto però per indicare la formulazione tecnica”.

Sulle tre soluzioni riguardo alla flessibilità in uscita arriva il plauso del viceministro dell’Economia Enrico Zanetti:

“Il prestito pensionistico è un modo per tenere insieme tutti: quelli vicini alla pensione che vogliono anticipare l’uscita e i giovani che non hanno certo bisogno di terremotare il sistema. D’altro canto se al primo accenno di ripresa del Paese non la consolidiamo, anzi al contrario dissipiamo i risparmi delle riforme fatte, creiamo i presupposti per un sistema pensionistico insostenibile. Le proposte sulla flessibilità in uscita sin qui avanzate hanno un costo annuo iniziale di almeno 5-7 miliardi. Ma sarebbe sbagliato caricarlo sul bilancio dello Stato, non perché predichiamo un risparmio fine a se stesso, ma perché non possiamo mettere a rischio il piano del governo di abbassare l’Ires nel 2017, l’Irpef nel 2018 e scongiurare l’aumento dell’Iva, fino a riassorbire per sempre le clausle di salvaguardia”.