Pensioni: con recovery fund addio a Quota 100, e ora? Le ipotesi sul tavolo
La riforma delle pensioni resta sul tavolo del governo. Al momento ci sono poche certezze. Una di queste è l’addio definitivo a Quota 100, formalizzato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Si legge nel testo: “In tema di pensioni, la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti”.
Dal primo gennaio 2022, finita Quota 100 (62 anni d’età e 38 di contributi), si torna al regime Fornero: fuori a 67 anni di età, limite che ricomincia a crescere con l’aspettativa di vita, o con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 per le donne). Unica eccezione prevista nel Pnrr : “Misure mirate a categorie con mansioni logoranti”.
Quota 100, come attutire adesso l’impatto dello scalone
Lo stop che va incontro anche alle richieste di Bruxelles per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale nel medio periodo. L’ipotesi solleva numerosi dubbi su come attutire l’impatto dello “scalone” che si prospetta tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022.
Sul tavolo ci sono diverse opzioni: a partire dalle sole agevolazioni per i lavoratori impegnati in attività usuranti, accompagnate da un’ulteriore proroga di Ape sociale e Opzione donna e da un rafforzamento dei contratti d’espansione, fino a Quota 41 e Quota 102.
Allarme sindacati: non possiamo rischiare di creare nuovi esodati
In allarme anche i sindacati:
“Non possiamo rischiare di creare nuovi esodati così come è avvenuto con la legge Fornero: è per questo che al Governo chiediamo di ascoltarci prima di decidere di escludere a priori la proroga della pensione con quota 100” ha dichiarato il Segretario generale dalla Fnp Cisl, Piero Ragazzini. “Su questo tema di grande importanza serve una riflessione seria, che porti ad una valutazione approfondita, non solo per quanto riguarda la corretta definizione di lavori gravosi ed usuranti nei confronti dei quali è necessario adottare misure specifiche, ma anche per ciò che concerne la corretta separazione tra previdenza e assistenza, così da poter dimostrare che la spesa previdenziale in Italia è pienamente sostenibile e perfettamente in linea con la media europea”