Il cumulo dei periodi assicurativi gratuito, attraverso il quale l’ultima Legge di bilancio ha previsto la ricongiunzione dei contributi erogati a più enti previdenziali a beneficio dei lavoratori, è ancora ferma al palo. La ragione: il fondi stanziati da Palazzo Chigi ai tempi, 100 milioni di euro, si sono rivelati lontanissimi dall’essere sufficienti per far fronte al costo delle ricongiunzioni.
Per fare un esempio, Inarcassa, la cassa degli ingegneri, per soddisfare le 65-66mila domande stimate avrebbe bisogno di 550 milioni di euro. Secondo l’Associazione degli enti privatizzati per finanziare il cumulo occorrerebbero due miliardi che, attualmente, il governo non saprebbe dove recuperare.
A sostenerlo è Qn, notando come, alla base del silenzio degli uffici legislativi sul tema, ci sarebbe proprio l’impossibilità di dare attuazione alla novità introdotta dall’ultima finanziaria. I vertici dell’Inps si sarebbero già mossi predisponendo una circolare applicativa che, però, è ancora arenata al ministero del Lavoro.
Il sistema predisposto dal cumulo, come detto, permetterebbe di percepire la pensione unendo gli anni di contributi versati presso diverse casse, col risultato di maturare una pensione di vecchiaia o anticipata in un’unica soluzione. In linea teorica il provvedimento, attivo dal primo gennaio, risparmierebbe al lavoratore la ricongiunzione onerosa dei contributi.
Numerosi lavoratori potrebbero avvalersi di questo strumento per maturare i requisiti per la pensione senza aggravi, di solito molto dispendiosi. Sempre che finanziarlo sia ancora nell’agenda dell’esecutivo.