Il decreto emanato il 27 novembre scorso dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti, di concerto con la ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Calderone, stabilisce che a partire dal 1 gennaio 2024 le pensioni saranno adeguate all’inflazione al +5,4%. Questo adeguamento è calcolato in base alla variazione percentuale degli indici dei prezzi al consumo, comunicata dall’Istat il 7 novembre scorso.
La rivalutazione completa al 100% dell’inflazione è garantita per le pensioni di importo fino a 4 volte il trattamento minimo dell’INPS (567,94 euro, il valore definitivo per il 2023). Tuttavia, per le pensioni di importo superiore, la percentuale di adeguamento si riduce progressivamente in base alle seguenti fasce:
- 85% dell’inflazione per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo;
- 53% dell’inflazione per le pensioni tra 5 e 6 volte il minimo;
- 47% dell’inflazione per le pensioni tra 6 e 8 volte il minimo;
- 37% dell’inflazione per le pensioni tra 8 e 10 volte il minimo;
- 32% dell’inflazione per i trattamenti pensionistici oltre 10 volte il minimo.
L’unica variazione al momento prevista dalla bozza della Legge di Bilancio per il 2024 è un ulteriore taglio dell’adeguamento per le pensioni di importo oltre le 10 volte il trattamento minimo, con una riduzione dal 32% al 22% dell’inflazione.
In aggiunta, per gli assegni di importo pari o inferiore al trattamento mimino, la scorsa manovra finanziaria (la Legge di Bilancio per il 2023) aveva previsto un incremento dell’1,5% per i pensionati di età inferiore a 75 anni e del 6,4% per gli ultra 75enni.
Per il 2024, è prevista una rivalutazione straordinaria del 2,7% per tutti i pensionati, che si applicherà al trattamento pensionistico al 31 dicembre, al netto della rivalutazione dell’1,5% o 6,4% riconosciuta quest’anno, salvo eventuali modifiche dell’ultimo minuto.
Generalmente a gennaio di ogni anno viene anche riconosciuto il conguaglio sulla rivalutazione delle pensioni relativo all’anno precedente. In realtà, il conguaglio di perequazione per il 2023 è stato anticipato a dicembre e i pensionati vedranno, di conseguenza, riconosciuto l’aumento dello 0,8% (che colma la differenza tra l’inflazione 2022 provvisoriamente applicata dall’1 gennaio 2023, pari al +7,3%, e quella stabilita in via definitiva dell’8,1%), a cui si sommano gli arretrati per il 2023.
La rivalutazione a conguaglio verrà applicata in base alla fascia d’importo della pensione: avranno dunque diritto alla perequazione piena solo gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo (0,8% solo fino a 2.101,52 euro al 31 dicembre 2022), mentre quelli superiori riceveranno aumenti gradualmente più contenuti a seconda della fascia di perequazione corrispondente.
Come sottolineato da Michaela Camilleri del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, questa è una buona notizia per i pensionati che, però, non è più così buona se si confrontano queste nuove regole per la perequazione, introdotte dalla Legge di Bilancio per il 2023, con quelle precedentemente in vigore. La legge infatti non ha solo reintrodotto le numerose fasce di perequazione sopra descritte secondo lo schema originariamente previsto dalla normativa del 1996, ma anche il più penalizzante calcolo sull’intero importo della pensione e non più sui diversi scaglioni. Un’indicizzazione che sottrae l’ulteriore vantaggio in termini di valore dell’assegno e premia nei fatti chi ha lavorato meno e, di conseguenza, versato meno contributi e poche imposte.