ROMA (WSI) – Si ritorna a parlare di pensioni e di una possibile riforma. È di qualche giorno fa l’annuncio da parte del premier Matteo Renzi della concessione del bonus di 80 euro anche chi percepisce la pensione minima. Ma a ben vedere sembra che nel DEF, il Documento economico e finanziario relativo al progetto di bilancio per l’anno 2017, di estensione del bonus 80 euro non v’è traccia. Ma se per il bonus 80 euro ai pensionati minimi non sembra esserci spazio nel DEF, si apre una speranza sull’anticipo volontario dell’età di uscita dal lavoro. Il Governo, secondo quanto scrive La Stampa “valuterà, nell’ambito delle politiche previdenziali, la fattibilità di interventi volti a favorire una maggiore flessibilità nelle scelte individuali”.
In sostanza si potrà parlare di pensione anticipata solo se i conti pubblici lo permetteranno e comunque come scelta individuale. Cosa significa?
Secondo Il Giornale “come già succede per l’opzione donna, pensione in anticipo in cambio di tagli sostanziosi all’assegno”.
“La previdenza targata Renzi, se queste sono le premesse, sarà quindi ancora più povera, anche se meno rigida rispetto ad adesso (e non è difficile visto che il nostro sistema adesso è uno dei meno generosi d’Europa)”.
Pensioni povere quelle italiane visto che secondo gli ultimi calcoli, l’aumento medio negli ultimi cinque anni è di 53,1 euro al mese, mentre l’importo medio annuo delle pensioni è passato da 10.093 euro del primo gennaio 2012 a 10.784 euro delle ultime rilevazioni. Si salvano le pensioni di vecchiaia, che sono passate da 13.436 euro a 14.507 euro. L’incremento medio mensile è stato di 82,4 euro al mese. Bene le invalidità previdenziali, con aumenti medi di 60,4 euro mensili.
L’altra faccia della medaglia però sono le pensioni alte che, secondo quanto afferma la CGIA di Mestre, andrebbero tassate in modo tale che il Governo possa recuperate quei 15 miliardi di euro evitando così l’aumento delle aliquote IVA e delle accise sui carburanti.
“Sebbene ci siano ancora sprechi, sperperi e inefficienze da eliminare la nostra spesa pubblica è mediamente più contenuta degli altri. Purtroppo, ancora adesso scontiamo gli effetti di un sistema pensionistico che fino agli inizi degli anni ’90 è stato molto generoso, soprattutto nei confronti degli statali, e di un debito pubblico che ci è sfuggito di mano negli anni ’80. (…) Con una spesa pubblica tutto sommato abbastanza contenuta e difficile da comprimere ulteriormente, riteniamo non ci siano molti margini per ridurla di quasi un punto di Pil. A nostro avviso se non si interverrà anche sulle pensioni, tassando quelle più elevate che non corrispondono ai contributi versati, corriamo il pericolo di ritrovarci con un aumento parziale dell’Iva che penalizzerebbe ancor più i consumi delle famiglie che, nonostante la ripresa, faticano a decollare”