Stabilito a due miliardi il budget per il piano pensioni, il governo sta pensando di alleggerire ove possibile gli oneri per lo stato in modo da inserire nel giusto equilibrio le misure al momento in esame a palazzo Chigi, fra queste: l’Ape (il prestito pensionistico), l’estensione della no tax area, l’aumento della quattordicesima, l’uscita anticipata per i lavoratori precoci o impiegati in attività usuranti senza penalizzazioni, la ricongiunzione gratuita dei contributi.
Le ultime novità riguardano proprio l’Ape, che consente il pensionamento anticipato attraverso un prestito della quota mancante dei contributi, che verrà poi ripagato attraverso un assegno ridotto per gli anni a venire.
Il governo sta pensando di offrire la possibilità di un “Ape parziale”, che permetta di anticipare anche solo una parte della pensione, con costi più leggeri sia per il pensionando sia per lo stato che, per ridurre il sacrificio sull’assegno, interviene defiscalizzando gli oneri di restituzione del prestito.
Tramite l’Inps, si sta valutando, si potrà chiedere una sorta di preventivo per capire quanto peserà la rata del prestito sulla pensione e dunque valutare quanta parte dell’assegno conviene farsi anticipare. Magari, in attesa dell’assegno pieno, si potrà iniziare a percepire una parte della pensione da integrare con altre attività ridotte.
Con questo sistema l’esecutivo prevede un costo che, da 600-700 milioni, passa a 500, stimando che beneficeranno dell’Ape 350mila lavoratori il primo anno, per poi passare a 150mila per ogni anno successivo. Non è tutto: per ottimizzare le spese le detrazioni statali sull’Ape dovrebbero favorire maggiormente i redditi più deboli; ma, anche nel caso “peggiore”, la penalizzazione dell’Ape non dovrebbe superare il 7% della pensione netta.
Così La Repubblica precisa:
“L’anticipo pensionistico, l’Ape, che il governo si appresta a varare, forse con un decreto prima ancora della legge di bilancio, conterrà il massimo grado di elasticità. Il pensionando potrà cioè chiedere una sorta di preventivo all’INPS per calcolare nelle varie ipotesi quanto sarà la rata futura da restituire e soppesare così la convenienza al prestito previdenziale. Potrà ad esempio simulare un 50% di Ape e aggiungere un 20% di Rita (la previdenza integrativa, anch’essa anticipabile per chi ce l’ha). E poi magari decidere di prenotare più dell’una e meno dell’altra. In altri termini, chi ha bisogno di andare prima in pensione non per forza deve anticipare il 100% dell’assegno futuro. Ma può anche prenderne un pezzetto, in previsione magari di piccoli lavoretti da fare per integrare le entrate. Un modello così elastico, questo dell’Ape versione 2.0, che consente anche allo Stato un finanziamento più leggero del previsto. Palazzo Chigi conta di coprire la misura con una cifra al di sotto dei 500 milioni, inferiore ai 600-700 sin qui circolati, per una platea di interessati pari a 350 mila il primo anno, poi 150 mila l’anno. Proprio per rendere il meccanismo più appetibile, il governo pensa dunque a disegnarlo su misura rispetto alle esigenze personali. E poiché si tratta di un prestito concesso dalle banche tramite Inps – e coperto da assicurazione – tutta l’attenzione del lavoratore si concentra sulla rata futura che per vent’anni, dai 66 anni e sette mesi di età in poi, decurta la pensione. Un taglio troppo profondo rischia di trasformare l’operazione in un flop. Di qui l’idea dell’Ape su richiesta. In ogni caso, il governo pensa a detrazioni in misura fissa in grado di azzerare la rata alle categorie più deboli e con redditi bassi. Chi insomma guadagna bene e non è né esodato (l’Ape la paga lo Stato) né esubero (l’Ape la paga l’azienda) sarà penalizzato maggiormente. Ma secondo le stime del governo non perderà oltre il 5% della pensione lorda, non più del 6-7% di quella netta. “Alcuni pagano meno, altri di più. Alcuni pagano da soli, altri no”, è la filosofia di chi lavora al dossier”.
Intanto Giuliano Poletti, parlando a margine del Forum Ambrosetti, in corso a Cernobbio, ha affermato che sull’Ape parziale, “c’è una discussione in corso, stiamo verificando. Vogliamo fare in modo che la gente possa essere libera di scegliere e valutare quale sia il mix migliore per loro. Vogliamo rendere più aperto e flessibile questo strumento perché lo consideriamo uno strumento di libertà”. Ad ogni modo “si ragiona su chi ha già una occupazione”. Mentre sulla possibilità di alzare le pensioni minime, ha sottolineato che nella prossima manovra l’aumento delle pensioni minime “ci sarà, in qualche misura sì, dobbiamo trovare la modalità e le forme”.