Economia

Pensioni, il Governo riapre il confronto con i sindacati. Si parte da Quota 103 bis e si finisce con il Tfr

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Riprendono le trattative tra i sindacati ed il governo per la riforma delle pensioni. Per il 26 giugno 2023 è stato fissato il primo confronto tra le parti sociali dopo oltre quattro mesi. Tra gli argomenti all’ordine del giorno ci saranno gli anticipi pensionistici e si cercherà di fare il punto della situazione sulla copertura previdenziale dei lavoratori più giovani, in modo da poter aprire la strada ad una vera e propria staffetta generazionale. Quello che preoccupa di più, infatti, per i lavoratori più giovani è il cosiddetto tasso di sostituzione, ossia quanto andranno a prendere ogni mese di pensione.

Il dibattito sulla riforma delle pensioni, almeno teoricamente, dovrebbe essere a trecentosessanta gradi, andando a toccare anche il rilancio della previdenza complementare e la una nuova fase per il silenzio-assenso relativo al Tfr.

Benché Cgil, Cisl e Uil abbiano continuato a fare pressing sul Governo, da febbraio il tavolo delle trattative tra Governo e sindacati è rimasto al palo. Un primo confronto c’era stato a maggio tra la premier Giorgia Meloni e i vari leader sindacali: con il 26 giugno, invece, riparte completamente il confronto. L’obiettivo dichiarato è quello di cercare di definire le misure che dovranno essere inserite all’interno della prossima Legge di Bilancio. Senza dubbio, però, l’intenzione è quella di cercare di individuare le linee guida degli interventi da adottare nel corso dei prossimi mesi e sui quali si dovrebbe appoggiare la riforma delle pensioni. Il timore senza dubbio è quello che nel corso dei prossimi decenni si possa innescare una vera e propria bomba sociale.

Ma quali sono le ipotesi messe sul tavolo oggi come oggi? Una delle idee accarezzate dalla Lega è quella di mandare in pensione i lavoratori grazie a Quota 41. La versione secca di questa misura, però, è stata già accantonata ed è stata rimandata a fine legislatura: il problema con il quale l’esecutivo si sta scontrando, sono gli spazi troppo stretti di finanza pubblica e una spesa previdenziale troppo alta.

Il nodo da sciogliere per il futuro, comunque vada, è fin troppo legato alla spesa previdenziale, che è destinata ad aumentare per colpa dell’inflazione, che comporterà le necessarie rivalutazioni degli assegni.

Per il momento si ipotizza che l’indicizzazione piena delle pensioni al minimo possa essere piena. Nella maggioranza, inoltre, si richiede di rafforzare i trattamenti previdenziali degli over 75, che nel corso del 2023 sono saliti a 600 euro al mese. Il 31 dicembre 2023 si andrà ad esaurire Quota 103 – che permette l’uscita dal mondo del lavoro a 52 anni con 41 di età – e l’Ape Sociale. Tra le ipotesi che al vaglio ci sarebbe un bis proprio per Quota 103, che potrebbe essere prorogata per altri dodici mesi. Il governo dovrà prendere una decisione su queste due misure, come dovrà anche sciogliere i nodi relativi ad Opzione Donna.

Una delle intenzioni del Governo sarebbe quella di arrivare ad istituire una vera e propria staffetta generazionale, che possa garantire una copertura previdenziale ai più giovani, che hanno delle carriere discontinue. Ma non solo, nell’intento di garantire un maggiore appeal alle forme di previdenza complementare, oltre ad aumentare l’attuale soglia di deducibilità che oggi è fissata a 5.164,57 euro annui, il Governo starebbe ripensando ad una fase di silenzio assenso per destinare il Tfr ai fondi pensione.

Il tasso di sostituzione

Sicuramente uno dei capitoli più importanti sui quali si andrà ad appoggiare la riforma delle pensioni è il cosiddetto tasso di sostituzione. Con questo termine si indica il rapporto in termini percentuale tra l’importo del primo assegno previdenziale ricevuto da un neo pensionato con l’ultimo stipendio ricevuto o con il reddito percepito prima di andare in quiescenza.

Questo senza dubbio è uno dei nodi sui quali si dovrà basare la riforma delle pensioni, perché il rischio di una bomba sociale è determinato proprio da un assegno previdenziale troppo basso.

Il tasso di sostituzione, in estrema sintesi, costituisce la copertura pensionistica che viene garantita ai lavoratori – del pubblico o del privato – in base alla loro carriera lavorativa. Il tasso di sostituzione, inoltre, permette di comprendere quale possa essere il tenore di vita di una persona nel momento in cui esce dal mondo del lavoro. Ricordiamo che proprio a seguito delle riforme degli ultimi decenni – a partire dalla Riforma Dini per arrivare alla tanto contestata Riforma Fornero – il tasso di sostituzione è andato a diminuire: questo, ovviamente, ha generato una notevole incertezza sul futuro dei giovani, che più di tutti sono stati penalizzati dal sistema contributivo.