Italia e Svezia, due paesi tanti lontani ma molto vicini per quanto riguarda il sistema previdenziale. Entrambi infatti hanno avviato per primi in Europa il sistema contributivo ma con alcune differenze sostanziali.
In Italia l’applicazione del sistema contributivo è stata molto graduale tanto che oggi le pensioni sono calcolate con il metodo misto, mentre in Svezia sono state create le condizioni per partire subito, tanto che il modello pensionistico svedese è preso ad esempio in tutta Europa.
Come funziona la pensione in Svezia
Il sistema previdenziale svedese è un sistema con gestione finanziaria a ripartizione, in cui le pensioni sono pagate con i contributi versati dai lavoratori e vengono calcolate, come detto, con il metodo contributivo, ovvero l’importo è in funzione dei contributi versati dai lavoratori, dell’aliquota di rivalutazione dei versamenti e di un coefficiente attuariale, che converte il capitale in rendita in base a età anagrafica, fattori normativi, demografici ed economici.
Per quanto riguarda l’età pensionabile, è prevista una forma di pensionamento flessibile a partire dai 61 anni oppure si può continuare a lavorare fino a 67 anni se il datore di lavoro lo consente.
La pensione nazionale, garantita a tutti, viene calcolata sulla base dei contributi versati con aliquota del 18,5%. Basata sul metodo contributivo, questa pensione garantisce un importo medio pari al 55-60% del reddito da lavoro.
Il gap previdenziale viene integrato con altre due forme pensionistiche: la previdenza professionale, che prevede contributi versati dai datori di lavoro, sulla base di accordi che dipendono dai diversi settori lavorativi, e la previdenza privata, che lo Stato incentiva con vantaggi fiscali, perché pensata come parte integrante del sistema pensionistico.
Il sistema contributivo italiano
Stefano Gronchi, economista che nel 1995 è stato consulente del Governo Dini per la riforma contributiva, su lavoce.info descrive la genesi italiana del sistema previdenziale individuando come, a differenza della Svezia dove hanno lavorato i tecnici, in Italia la politica si è messa di intralcio alla riforma.
In tempi di concertazione, fu chiesto l’assenso preventivo dei sindacati, che arrivò dopo un conclave di tre giorni. Fu quindi istituito un tavolo tecnico cui mi fu chiesto di partecipare. Sollecitato dalle forze politiche interessate a tornare alle urne senza la scomodità elettorale delle pensioni, il progetto contributivo fu approntato in poche settimane, ma la sua qualità risultò commisurata al tempo impiegato.
Molte raccomandazioni dello scrivente furono giudicate “difficili da spiegare” o “politicamente inopportune”. Eppure, tutte diventarono capitoli fondamentali della successiva riforma svedese”.
Quanto detto da Gronchi fa capire come, nel nostro Paese, gli interventi siano stati frenati dalla paura che avessero costi politici troppo elevati, mentre in Svezia la politica ha lasciato lavorare i tecnici. Leggi a tal proposito: Le pensioni degli italiani sono a rischio: nessuno dice la verità